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Vasco Errani e i dromedari per il Sahara

di Marcello Foa - 01/07/2010

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La premessa è doverosa: l’Emilia-Romagna è una delle regioni più virtuose d’Italia assieme alla Lombardia e al Veneto. Criticarla in modo indiscriminato sarebbe ingiusto, tanto più sapendo che fine fa il denaro pubblico in Sicilia, in Calabria, in Campania. Eppure anche a Bologna, scavando tra le pieghe dei bilanci si scoprono spese anomale, talvolta esorbitanti, incarichi ingiustificati, finanziamenti assurdi; tanti e tali da far apparire perlomeno sproporzionate le grida di dolore del presidente della Regione Vasco Errani di fronte ai tagli imposti dal governo.
Sia chiaro: dover rinunciare a 731 milioni di euro non è facile. Ma è sopportabile, anche perché in passato la regione non è stata sempre irreprensibile. Tra un cantiere e l’altro ha sprecato una bel gruzzoletto di milioni. I bolognesi conoscono bene la vicenda della «Terza Torre». È il tormentone cittadino. Trattasi della terza sede della Regione, la cui costruzione fu approvata nell’ottobre del 1993. Costo? Sette miliardi di vecchie lire. «Siamo arrivati a luglio del 2010 e il palazzo non è ancora pronto», osserva il consigliere del Pdl Alberto Vecchi. «Devono ultimare i parcheggi, nel frattempo il conto è più che quadruplicato a 28,5 miliardi di vecchie lire, pari a quasi 15 milioni di euro».
Uno spreco, che ne ha generato uno ancor più grande. Quello degli affitti. Non essendo utilizzabile la Terza Torre, la Regione è stata costretta a rinnovare la permanenza nelle sedi provvisorie in altre parti della città. Con un costo per pigioni, nel 2009, risultato pari a 50 milioni di euro, 30 in più rispetto all’anno precedente.
Il tormentone dei cittadini di Ferrara si chiama Cona, il nuovo ospedale. Nuovo si fa per dire. È in costruzione da vent’anni e verrà ultimato, forse, nel 2010. Vent’anni, un’eternità per una struttura sanitaria, che rischia di nascere già vecchia. Al costo di 285 milioni di euro.
Cose che capitano quando c’è di mezzo la Sanità. L’Asl di Forlì è sotto indagine per un buco di 60 milioni di euro, quella di Modena per 15, mentre il Pdl chiede chiarimenti sul Laboratorio unico di Area Vasta Romagna, che sarebbe dovuto costare 42 milioni di euro e che invece nel richiederebbe 55, ben 13 in più. Sempre a carico della regione.
Errani ha annunciato proprio pochi giorni fa la riduzione del 10% della propria indennità e di quella dei suoi assessori; inoltre si è impegnato a sforbiciare del 20% le spese per consulenze, missioni, incarichi. Un bel gesto, che va nella giusta direzione. Ma potrebbe essere più sostanzioso, se la Regione si decidesse a diserbare la boscaglia dei finanziamenti talvolta micro e talvolta macro a enti, associazioni o per finalità perlomeno discutibili.
L’Emilia-Romagna, ad esempio, spende due milioni di euro per «trasmissione d’informazioni»; devolve 3,1 milioni all’Ervet ovvero l’Ente per la valorizzazione economica del territorio; dona quasi 10 milioni all’Agenzia regionale prevenzione e ambiente (Arpa), pur avendo una direzione generale che già si occupa di tutela del territorio. E sembra avere un debole per l’immobiliare. Affitta, ma compra anche. E tanto, edifici e strutture per 32 milioni di euro, come ha rilevato in un’interrogazione il capogruppo della Lega Mauro Manfredini.

Anche l’assemblea legislativa, di solito attenta, si concede qualche stravaganza. Come i 200mila euro per il servizio facchinaggio e gli 1,3 milioni per alimentare il fondo per migliorare l’efficienza dei servizi, che ben si abbinano ai 20mila euro stanziati dalla giunta per finanziare l’acquisto di dromedari da latte per le popolazioni del Sahara, ai 70mila a favore di una Cooperativa agricola a Cuba e ai 300mila euro per educare la popolazione alla pace.
La Regione, che spende 5 milioni all’anno per rinnovare il parco auto, continua a sostenere la Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo e l’Osservatorio per l’educazione stradale e la sicurezza, nonché altri fantasiosi enti. Ognuno col suo obolo, naturalmente, con conseguenti finanziamenti. Sommateli agli sprechi nel campo della sanità, agli edifici eternamente in costruzione, alle operazioni immobiliari, si giunge a un totale di oltre 500 milioni in spese inutili o per lo meno dubbie. Conti ipotetici, si dirà. Vero. Ma indicativi. Sottraeteli a 731 milioni di euro «scippati» dal governo. E il costo della stangata si riduce a poco più di 200 milioni. Tanti, ma non abbastanza per affamare una regione grande ed efficiente come l’Emilia-Romagna. Talmente efficiente che, se volesse, potrebbe tagliare il superfluo per salvare l’essenziale.