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Cerchiobottismo e retorica ammuffita: tre “cattolici” e il culto di Cavour*

di Giovanni Vinciguerra - 04/08/2010

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Avvenire, 29 luglio 2010. Il quotidiano ufficioso dei Vescovi italiani ospita nel proprio inserto culturale Agorà una tavola rotonda fra “storici” così intitolata (si sa che i titoli sono la cosa più sdrucciola nella vita di un quotidiano): La “libera Chiesa” secondo Cavour. Mangiapreti o buon cristiano? A duecento anni dalla nascita, storici a confronto sui rapporti fra lo statista e il cattolicesimo.

Un brillante esempio di sudditanza culturale liberale, di sfoggio di retorica patriottarda masochista e di cerchiobottismo che accomuna “storici” scelti per l’apparente eterogeneità delle loro posizioni. Su tutto, forse, ma non sul punto.

I protagonisti, miscelati con classico stile di ecumenico mescolamento del nulla tipico di quella parte del mondo cattolico che vuol far finta di affrontare i problemi – storiografici o attuali – senza toccar punti sensibili, smentire idola tribus, scontentar alcuno, passar – horroresco referens – da critici della modernità: Andrea Riccardi, Comunità di Sant’Egidio; Massimo Introvigne, avvocato tuttologo neocons e vicecapo di Alleanza Cattolica; Ernesto Galli della Loggia, da tempo convertito al liberalismo estremo forzitaliota, estremo ed acrobatico come l’omonimo alpinismo.

Cattocomunisti, ultrà neocons e liberali d’assalto: incredibile – fino a un certo punto – ma tutti d’accordo per riverniciare della porporina del “cattolicamente corretto” Camillo Benso, con due secoli buoni di ritardo e senza che il candidato gradisse.

Cavour? Non era assolutamente un massone (della Loggia). Anzi, forse no, era solo circondato da massoni “del rito simbolico” moderati e quasi bushisti, così buoni da lasciar che la Chiesa sopravvivesse purché si rinserrasse in sacrestie e fori interiori (Introvigne). Lo stato liberale? Un’evoluzione resa necessaria dal senso della storia cui il Papa si opponeva (povero Pio IX ottuso e imbecille, e con lui d’altronde Leone XIII) in quanto, maxima culpa, “concepiva la Chiesa entro l’orizzonte culturale della Restaurazione” (Riccardi): che scandalo! Che vituperio! La loro sola scusante è che non era ancora asceso al soglio della Città eterna Walter Veltroni.

 

Cavour se la prese con lo Stato della Chiesa? Solamente perché questo era un ostacolo all’unificazione nazionale. Peccato che quel modo di unificare l’Italia, sulle ceneri delle identità religiose e culturali della penisola, sia l’origine delle grandi questioni che ancor oggi vessano l’Italia berlusconiana del terzo millennio. Peccato che di modi di unificare l’Italia ce ne sarebbero stati altri, e il sangue di Pellegrino Rossi, versato a Roma da terroristi mazziniani per impedirlo, dimostri ancor oggi che l’unificazione dell’Italia era un pretesto mitologico-culturale, ben agitato come i cocktails di James Bond, per cogliere un duplice frutto: la dilatazione della politica di potenza del Piemonte e il tentativo di sradicare non lo Stato della Chiesa, ma il Cattolicesimo religioso dalla carne dei popoli italiani. Tant’è che la persecuzione della Chiesa cattolica da parte del potere massonico-piemontese durò ben oltre il 1870, anzi radicalizzandosi e incattivendosi.

 

E le spoliazioni cavouriane dei beni della Chiesa, le persecuzioni di stato contro i cattolici laici e consacrati? Un atto meritorio di rimozione dall’ordinamento piemontese di tutti i residui di ancien régime (della Loggia 2): il foro ecclesiastico che minava il principio dell’eguaglianza davanti alla legge (l’unica buona, quella dello Stato, e chi non ci sta finisce nel lager di Fenestrelle)… «Che alternativa c’era? Forse sostenere che fosse giusto per la Chiesa possedere enormi proprietà terriere, spesso improduttive? Dubito che oggi la Dottrina Sociale della Chiesa approverebbe una cosa del genere» (della Loggia 3, bocciato nel breve spazio di due righe sia in Dottrina Sociale che in Diritto Canonico, visto che il Concordato del 1929 e i vigenti accordi fra Repubblica Italiana e Stato del Vaticano hanno restituito alla Chiesa Cattolica proprio buona parte degli spazi di autonomia giudicante e giuridica che il nostro pasdaran liberale ancor oggi ritiene che un novello Cavour dovrebbe distruggere). Non stupisce vedere il nostro neocon rimuovere tutti i cattolici piemontesi che per decenni lottarono contro il totalitarismo liberista cavouriano. Per non parlare di come i politici dell’Italia unita, con i piemontesi in prima fila, dimostrarono nei decenni successivi di tenere al bene comune e di gestire specchiatamente i beni rapinati alla Chiesa ed all’uso civico delle popolazioni più povere. Se non Eugenio Alberi, si ricordi almeno quanto scrisse Antonio Gramsci.

 

E infine? Cavour morente non si fece pure confessare da un frate amico suo? Segno di «una certa nostalgia del cattolicesimo piemontese profondo» (Introvigne). Già: lo stesso cattolicesimo popolare profondo che egli perseguitò fino alla fine, e che visse coerentemente con una vita improntata ad un libertinismo duro e puro, ed impegnato sul campo fino allo sfinimento di sé. Occorre stigmatizzare che San Giovanni Bosco non l’avesse capito subito (ma non era di Alleanza Cattolica, quindi di cattolicesimo capiva poco), e che Pio IX rimbrottasse il fraticello confessore (non primo e non ultimo anello della catena delle anime buone in saio francescano fabbricatori di disastri) per aver disatteso – per bontà cristiana, beninteso, e poi come dice un altro vate risorgimentale come don Milani l’obbedienza non è più una virtù -  una disposizione specifica del Papa, una cosa da nulla, una scomunica, cui non vorrete mica che un cattolico debba obbedire!

O che Lutero non vi ha insegnato nulla, cattolici zucconi?

Poveri Papi così ottusi, così reazionari, così ignoranti!

E per fortuna che la Chiesa può disporre oggi di intellettuali così fedeli, coraggiosi e coerenti! Tutti a bruciare il proprio grano di incenso all’idolo del liberalismo, siano essi di destra e di sinistra: in sintesi, che schifo!

Ma rimaniamo in Piemonte: nel 1799 la massa cattolica del maggiore Branda Lucioni liberando Torino avrebbe preso costoro a calci nel didietro con ruvidi zoccoli plebei, probabilmente scambiando per il didietro le loro lucide teste così piene di intellettuali cure per il bene della Chiesa.

Ma non quella cattolica, quella protestante al tempo a tete anglaise, ora a tete americane.

Col che capiamo bene, anche due secoli dopo, chi è il padrone e chi i servi.

 

Diciamo che i cattolici meriterebbero “storici” migliori? Diciamolo, anche ad Avvenire.

 

 *riceviamo e volentieri pubblichiamo. ndr