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Nessuno dice basta?

di Gianfranco La Grassa - 30/08/2010


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   Basterebbe ricordare (con memoria corta, di pochi mesi) tutte le alte cariche italiane volate negli Usa. Certo, vi è andato anche Berlusconi, ma sono ormai quasi quotidiani gli attacchi alla sua cosiddetta amicizia con Putin e Gheddafi, all’asse economico (e non solo) Eni-Gazprom, agli ultimi importanti affari della Finmeccanica (prima imbastiti quasi solo con gli Usa). Attacchi rivolti dalla stampa di sinistra, di centro, di destra (cosiddetta finiana), sempre conditi da qualche non ufficiale (a volte riportata) dichiarazione dell’ambasciatore statunitense o di settori dell’establishment d’oltreoceano e delle loro “ramificazioni” inglesi  (ben trincerati dietro l’Economist o il Financial Times o il Wall Street Journal, ecc.).
   Questo vale però per Berlusconi, non per le altre alte cariche volate negli Usa, ben coccolate e vezzeggiate. Si riesce a capirne il perché? Si afferra il gioco che si sta giocando? Di fronte ad una simile situazione – di fronte cioè alla dimostrazione del basso servilismo di gruppi vari della sedicente politica italiana, sicari di marci ambienti dell’industria e finanza parassite, rappresentati dai vertici di Confindustria e ABI – non si deve cadere nella tentazione di rivalutare oltre ogni limite il personale politico della prima Repubblica (mai veramente superata; parlo comunque di quella precedente il ’92-’93). Allora esisteva il mondo bipolare. Il centrosinistra di prima di “mani pulite” si permetteva continue manovre di vertice (mascherate da discussioni parlamentari), cambiava i governi ogni secondo momento (salvo un’eccezione con Craxi), si permetteva – perché, tutto sommato, i “padroni” d’oltreatlantico lo consentivano – di attuare qualche mossa meglio azzeccata di politica estera. Alla fin fine, quello schieramento politico si spartiva il potere e le alleanze con il mondo industrial-finanziario, mentre il Pci, ormai connivente a tutti gli effetti (pur se spesso in contrasto con i “cugini” socialisti), veniva ufficialmente tenuto “fuori della porta”, ma era nei fatti pienamente dentro la corruzione del “Palazzo”.
   Caduto il “socialismo”, e fatta fuori l’Urss con la complicità (si pensa solo oggettiva) di Gorbaciov, gli americani preferirono – con il pieno accordo (quello concesso ai servi) della Confindustria ingolosita dalla prospettiva di papparsi tutta l’industria “pubblica” – cambiare il regime per affidarlo ai rinnegati del Pci, ormai vendutisi dietro promessa di essere salvati per affidare loro tutto il secondario potere nelle istituzioni; secondario quanto a capacità decisionale, spettante a Usa e in subordine alla Confindustria, ma più che sufficiente per divorare tutto ciò che era umanamente possibile (per usare il titolo di un film: “come rubare un milione di dollari e vivere contenti e felici”).
   Sappiamo come andò a finire. Intervenne Berlusconi – apparentemente per interessi propri, in realtà anche come rappresentante di certi settori economici, “pubblici” e privati, che non trovarono altro modo per esercitare un minimo di resistenza al loro totale annientamento – e il piano fallì; ma solo parzialmente. Soprattutto non fu mai accantonato perché le forze ad esso contrarie, quelle della blanda resistenza trinceratasi dietro Berlusconi, non erano attrezzate a condurre quest’ultima sino in fondo, non potendo (e nemmeno volendo) opporsi in modo netto e reciso all’invadenza statunitense. Allora però, caduta l’Urss, sembrava iniziare un lungo periodo di monocentrismo americano; i più ottusi fra i servi preconizzarono un XXI.mo secolo guidato dagli Usa (Occhetto, a nome dei rinnegati, si lanciò nel demenziale annuncio di “un secolo di pace e prosperità futura”, mascherando la pace e prosperità per chi si vende dietro quella, inesistente, dell’“universo-mondo”).
   Tutto ciò è finito proprio con l’inizio del secolo. Si è dissolto il predominio incontrastato degli Stati Uniti; è venuta meno la funzione e l’utilità dei sicari comprati per “due soldi”, come si comprano del resto tutti i “fondi di magazzino” (del fu “socialismo reale”); ha mostrato la corda la solo blanda resistenza agli Usa e ai suoi lacchè della Confindustria, rafforzata ormai dalla finanza “weimariana” creatasi con la svendita delle aziende IRI attuata dalla finta sinistra – “laica” (Ciampi, Amato, ecc.) e “cattolica” (Prodi, ecc.) – in ottemperanza agli ordini impartiti nella riunione sul Panfilo “Britannia” (2 giugno 1992).
   Con l’avanzata verso la fase storica multipolare (e policentrica), è ormai indispensabile un totale mutamento delle forze in campo; la situazione di compromesso – perché è tale malgrado l’aspra conflittualità solo personale – esistente in Italia non fa che rendere il paese sempre più arretrato in vista della competizione nell’attuale fase storica. La politica è infatti sparita e si è timorosamente nascosta dietro una diatriba apparentemente incentrata soltanto su una persona: Berlusconi. E’ tuttavia ben noto che non vi è simmetria tra affermazione e negazione. Se dico “bianco”, l’affermazione ha un senso preciso e definito. Se dico “non bianco”, si rimane nell’indefinito, giacché vi è un cumulo (spesso pasticciato) di colori che “non è il bianco”.
 Questo è quanto accade in Italia. E’ certo limitativo e meschino affermare: “Berlusconi deve restare al potere”, dato che non si indica con precisione per quale politica deve restarci (a parte le chiacchiere e gli inutili peana al suo ministro Tremonti che ci avrebbe salvato dalla crisi; e si vedrà fra non molto il significato del condizionale). Dire però “Berlusconi non deve restare al potere” – e per realizzare tale obiettivo progettare la riunione della più putrida e verminosa ammucchiata che sia dato di immaginare, una vera cloaca, patrocinata dalla “vetta” delle istituzioni con devastazione e totale sputtanamento di queste ultime – è molto peggio, anzi è un vero salto di qualità nel pessimo.
Mi sembra evidente che anche il “bianco” è rappresentato da un coacervo di gruppi e individui poco omogeneo. L’unica coerenza sembra quella di trincerarsi dietro Berlusconi; nel mentre però si trama continuamente alle sue spalle, poiché in tale coacervo si fanno sentire i fautori di un allineamento totale e passivo agli Usa nel confronto mondiale ormai pluridirezionale. Inoltre, in quella che viene denominata destra, senza più nessun reale riferimento storico-politico, si notano carenze culturali evidenti, anzi quasi il disprezzo per la cultura; e quando non vi è disprezzo, siamo allora all’incredibile senso di inferiorità verso l’altra parte, anch’essa indicata con un nome, la sinistra, del tutto privo di richiamo ad una vera tradizione, ad una storia; giacché non è storia quella di un ammasso di individui uniti solo dal rinnegamento della loro appartenenza (al Pci, soprattutto, e alla Dc e Psi) e dal loro svendersi agli interessi degli Usa e dei loro scherani industrial-finanziari in Italia.
La “sinistra” è l’insieme dei miserabili uniti appunto dal “non bianco”; il compito per cui si sono svenduti è stato ostacolato da chi si è trincerato dietro un individuo, Berlusconi appunto, ed essi hanno quindi ormai perso di vista persino quel compito, si limitano ad inveire ed agitarsi scompostamente contro questo individuo, intendono riunirsi solo per eliminarlo dalla scena, confidando soprattutto nell’avere al loro fianco la magistratura. Il ceto intellettuale legato a questa abominevole ammucchiata ha conquistato – in altra epoca e in altro contesto appena un po’ meno putrido, pur sempre tramite il coagularsi di una serie di piccole e grandi “mafie” – il 90% delle posizioni nei media, nell’editoria, nel “fare opinione” e nell’accreditare ciò che è cultura e ciò che non lo è, ciò che è “politicamente corretto” e ciò che non lo è. Adesso sfrutta queste posizioni, ma nel contesto degenerato dell’opposizione ad una sola persona. Fa specie vedere individui, trattati un tempo da “grandi intellettuali”, ormai ridotti a “cloni” di ciò che furono; cloni mal costruiti, con circuiti cerebrali lesi dall’accanimento antiberlusconiano. Eppure la “destra” – questa destra, che è anch’essa un assembramento senza tradizioni né storia – non sa opporre nulla di nulla a simili orrendi “aggeggi”; anzi li accredita essa stessa quali intellettuali.
Vano è affannarsi a riformare scuola e Università, se prima non si capisce che si tratta di luoghi dove agiscono i suddetti “cloni”, che stanno appiattendo ogni forma di ragionamento tramite una sola ossessione: uniamoci “anche con il diavolo” pur di distruggere Berlusconi. Qui non c’è cultura, ma solo abbrutimento e annientamento di ogni barlume di ciò che si chiama “pensare”. Eppure, anche a “destra” ci si fa dettare l’“agenda” di questo appiattimento da chi ha ormai solo il camuffamento dell’intellettuale. Non si andrà da nessuna parte se non “nasce qualcuno” (un gruppo politico ovviamente) in grado di dire finalmente basta! La prima mossa non può più essere se non la radicale bonifica di quella parte, di pseudopolitici e pseudointellettuali, che viene detta “sinistra”, la parte del “non bianco”, della pura negazione senza più la menoma capacità di affermare, di dare cioè indicazioni in positivo. In un mondo che si avvia rapidamente (una rapidità in senso “storico”) verso il confronto/scontro pluridirezionale, in cui si deve agire con agilità e sveltezza nel campo del conflitto, la bonifica non può attendere i tempi di una “nuova illuminazione” culturale. La politica, quella vera, deve intanto agire con i suoi metodi più radicali, quelli del risanamento di uno “spazio infetto”. Non a caso, parlo di bonifica, che mi pare termine chiaro ed espressivo.
Ovviamente, si deve condurre nel frattempo anche una battaglia culturale contro i “cloni” dell’ammucchiata di “sinistra”, cui segua l’indicazione dell’“impreparazione” dell’altro coacervo (la “destra”) ad un simile compito. Tuttavia, i “nuovi intellettuali”, di cui pur c’è bisogno, devono avere consapevolezza dell’insufficienza di una battaglia culturale per entrare rapidamente in “assetto di conflitto” nel mondo multipolare. A tal proposito, va segnalato il narcisismo di certuni che pretenderebbero d’essere questi nuovi intellettuali. Li si smaschera del resto abbastanza facilmente, poiché sono quelli che tentano di ingannare ancora i presunti “incolti”, verso cui manifestano sommo disprezzo e senso di superiorità, per convincerli ad appoggiare la loro battaglia solo culturale, tramite la quale rendono manifesta la loro meschina intenzione di formare ulteriori piccole cosche “mafiose” per farsi accettare nell’establishment giornalistico, editoriale, ecc. Questi intellettuali vanno presi a calci nei denti, sono eguali agli altri, più disgustosi degli altri poiché si limitano a “bussare alla porta” per poter entrare in quello che, nella loro stupidità di intellettuali “puri”, credono sia l’Olimpo dei “grandi pensatori”. Bisogna far capire che verrà invece loro riservata una bella “foiba”, in cui scaraventare il loro ributtante atteggiamento da “esseri superiori”.
   A tutti questi cialtroni, che ancora popolano il mondo europeo, ma ancor più l’italiano, è ora di dire basta! E’ indispensabile la bonifica da parte di una nuova e autentica politica, che deve trovare i suoi portatori soggettivi. L’attesa non può tuttavia essere troppo lunga; altrimenti, ci si rassegni ad “uscire dalla storia” nell’ormai prossimo conflitto plurimo.         
 
   PS Politicanti rinnegati senza più radici né storia, giornalacci degli industrial-finanziari parassiti (la GFeID), intellettuali vendutisi a questi ultimi, si stanno stracciando le vesti e disperando per la visita di Gheddafi in Italia e la sua presunta amicizia con il premier. Se arrivasse Putin si reciterebbe la stessa pantomima. Sono rimbambiti o ipocriti e farabutti. Per quanto concerne i politicanti e i giornalacci (e coloro che li finanziano) sappiamo scegliere senza esitazioni tra le due alternative; per gli intellettuali è più difficile pur se, in entrambi i casi, è chiaro che sono privi di intelletto. Tutta questa gentaglia, ormai intollerabile, viene definita “sinistra”. In effetti, è una denominazione di origine incontrollata. Se vogliono però essere indicati così, nessun problema. Diciamo senza tante perifrasi che la vergogna di coloro che ci governano è di non avere ancora eliminato radicalmente la “sinistra” dalla scena nazionale. Fin quando non si troverà, in questo paese, “qualcuno” in grado di far sparire questa gentaccia, non diventeremo un paese “normale”.
   Non è possibile che una qualsiasi società possa funzionare se lascia liberamente circolare simile pattume. Sia chiaro: in un’epoca storica in cui andiamo verso il confronto multipolare, non sorprende che vi siano frazioni politiche convinte della bontà di alleanze diverse, con l’uno o con l’altro dei diversi poli d’influenza. E’ però inammissibile che al posto di frazioni politiche vi siano ghenghe di miserabili accattoni; una delle quali è però chiaramente pagata da chi lede gli interessi del nostro paese e si appropria del prodotto di coloro che veramente lavorano. La GFeID, e i politicanti e intellettuali al suo seguito, rappresentano appunto le mignatte attaccate al “corpo” della popolazione lavoratrice. Si conceda pure loro, per semplice misericordia, di (soprav)vivere in questo paese, ma restando in silenzio e lavorando duro. I politicanti e intellettuali vadano ad ingrossare l’esercito dei precari stagionali (e soprattutto nei lavori più pesanti). I membri della GFeID vengano espropriati con processo inverso a quello verificatosi dopo le decisioni prese sul Panfilo “Britannia”. Hanno già i loro capitali all’estero; e lì vadano a passare il resto dei loro giorni.
   Si tratta di soluzioni incruente, in fondo dolci. Del resto vengono anche incontro alle richieste di molti di questi fottuti denominati come “sinistra”, i quali continuano a manifestare la volontà di andarsene all’estero piuttosto che vivere in un paese come il nostro. Li si accontenti infine. Naturalmente, per chi non ha modo di sostentarsi in altro paese si aprano i suddetti lavori precari; se non gli piacciono, lo si avvii allora a quelli forzati. E’ ora che “qualcuno” risolva il problema; non è igienico lasciare “per le strade” questo letamaio.