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La vendetta della natura

di Guido Ceronetti - 06/09/2010

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Mi trovo quasi sempre in sintonia con Giovanni Sartori: figuriamoci se tratta, come a Ferragosto sul «Corriere», di modificazione climatica e, in generale, di «collasso ecologico». Per me non ci sono dubbi che l' antropizzazione integrale e il furore degli interventi nello sfruttamento delle risorse hanno messo in movimento l' irresistibile ritorsione delle potenze naturali, prova delle prove che la Némesis dei pensatori greci non è una favola ma una verità suprema: se il limite invisibile è varcato, lei si ridesta e giù tremendi castighi riequilibratori. Siamo insignificanti, ma non è mai stato privo di significato quanto facciamo - né di conseguenze, evidenti o segrete. Già, dunque, il destino umano... Il quale - e qui la separazione dall' interpretazione razionalista da ogni faccenda del Divenire è inevitabile e radicale, e Sartori non mi potrà seguire, dato il rigore del suo giudizio, che a questo si oppone - non è, né mai potrebbe essere, nelle mani del genere umano e del suo «servo arbitrio». Valga l' immagine classica della marionetta, che i fili tengono alzata, abbattono, rialzano, fanno entrare ed uscire di scena. Forse un barlume di libertà è immaginabile nella marionetta, ma non lo vedi proprio, esiste perché rimanga insolubile l' enigma umano. Il collasso ecologico riassume un po' tutte le insolubilità della storia umana. Ci resta ormai ben poco da fare; molto invece (altra salvezza non vedo) da capire. Dissento da Sartori quando assicura che «siamo in grado di prevedere un percorso, delle tendenze, non il quando», perché neppure a brevissimo termine ci sono certezze sulle vie che può prendere il collasso della vivibilità ambientale: chi avrebbe previsto, nei tempi più vicini, gli incendi tra Mosca e gli Urali, i cieli oscurati dai vulcani islandesi, il terremoto di Haiti e dell' Aquila, i diluvi dell' India, o le forme cangianti e inaudite che va dappertutto assumendo, inesorabilmente, il deterioramento climatico? Era prevedibile la rottura del fondale petrolifero della Bp, però era Fato avvenisse ugualmente! Sappiamo che le città sono malate senza rimedio e altrettanto bene che neppure le cure palliative sarebbero applicabili senza un rovesciamento drastico del dogma ideologico trionfante - l' unico rimasto in piedi, tra eresie tanto giuste quanto aborrite - della Crescita Illimitata del Pil e dei consumi. Conta poco il quando, perché è peste ormai ben dentro le mura. Il Quando (la benda cadesse) è adesso. Il coro dei poteri ufficiali loda perdutamente Cina, India, Brasile per i loro Pil di colossi sfrenati, voragine indicata esemplare, da cui non germina che morte planetaria, avvelenamento tentacolare... La natura non ha fretta. Su tutte le creste del Pil «la Morte canta la sua lenta lenta canzone» (Berlin Alexanderplatz). Che cosa stanno diventando i terreni agricoli, gli animali forzati a produrre per fare Pil crepando come schiavi di Lager, i rifiuti tossici lasciati smaltire, in Italia, dalle organizzazioni criminali? E i regalini tumorali da campi elettromagnetici, dalle foreste di antenne? L' universo non è modellabile - dovrebbe insegnarlo la voce di più millenni di Lao-tzu ai cinesi d' oggi - «chi cerca di modellarlo lo distrugge». (Massima che non fa Pil). È vero che, osserva Sartori, «la politica dello struzzo è la peggiore», ma se lo struzzo, gli innumerevoli struzzi, alzassero la testa e diventassero loquacissimi su quanto gli salta agli occhi, tanta lucidità quale premio riceverebbe? Gli risponderebbero dotti Nobel scandalizzati, crolli di Borsa a catena, banche sprangate, denudamento elettorale irreparabile, scioperi scorticatori, crisi dello Stato. Stuzzicate, le forze del Male reagiscono terribilmente. Tuttavia, è parte anche questo dell' enigma umano e del suo immite destino, anche il non voler vedere dove andiamo partecipa della malignità del mondo: non riesce a vederci la responsabilità, ci sono dei colpevoli e non afferri la colpa. Analogamente esiste la bellezza dell' opporsi, del denunciare, del non tradire gli alberi, della difesa del vivente-soffrente; esiste in una minoranza consistente, com' era nel perduto amico della vita Alex Langer, il verme della coscienza. Diceva uno dei primi pensatori ecologisti: «Almeno, pur facendo questo inutilmente, guardandoci nello specchio non ci verrà l' impulso di sputarci in faccia!».