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Norberto Bobbio: ma cos`è la destra, cos`è la sinistra?

di Federico Della Sala - 16/09/2010

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Tutti noi ce la prendiamo con la storia, ma io dico che la colpa è nostra, è evidente che la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra. Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra?” In questo modo scherzoso il cantante ed artista Giorgio Gaber sollevava un problema politico e filosofico non indifferente; cosa vuol dire “destra” e cosa “sinistra”? Una volta definite queste due categorie su una base storica dobbiamo ancora reputarle valide nel contesto moderno? E nel caso fossero due categorie ormai incapaci di gestire le nuove problematiche della contemporaneità, come sostituirle? E con cosa?
Queste sono solo alcune delle domande che Norberto Bobbio si poneva già nel 1994. Ora, nonostante di acqua sotto i ponti ne sia passata parecchia, le domande sollevate da Bobbio rimangono incredibilmente attuali ed anzi diventano interrogativi fondamentali per un’analisi critica della nostra società. Ma cosa sono quindi “destra” e “sinistra”? “Destra” e “Sinistra” sono due termini antitetici che vengono utilizzati da circa due secoli per sottolineare il contrasto che esiste tra diverse ideologie e movimenti; sono quindi usati abitudinariamente per scindere in due categorie l’universo delle teorie e delle azioni politiche. Il rapporto che si instaura tra i due termini risulta essere contemporaneamente “esclusivo” ed “esaustivo”; esclusivo perchè, se si decide di accettare questa divisione, nessun movimento o pensiero politico potrà mai essere contemporaneamente di “destra” e di “sinistra”, esaustivo perchè, come vedremo meglio più avanti, un movimento potrà essere unicamente o di destra, o di sinistra. La suddivisioni secondo “grandi dicotomie” ha più fini ed in particolar modo se ne fa un utilizzo descrittivo, valutativo e storico (anche se quello storico può comprendere l’uso descrittivo quanto quello valutativo). L’aspetto descrittivo viene utilizzato per evidenziare una particolare situazione di conflittualità, quello assiologico per esprimere dei giudizi di merito e di valore positivi o negativi, quello storico per sottolineare il passaggio da una sfera all’altra della vita politica di una determinata nazione o un determinato popolo. La divisione in “destra – sinistra” è rappresentativa di un chiaro modo di pensare e concepire la realtà, che si basa sulla suddivisioni in diadi, filosoficamente parlando. Non esiste infatti campo del sapere in cui la visione in diadi onnicomprensive non si sia sviluppata, vi è infatti evidente in sociologia, economia, diritto, estetica e filosofia. Nella dimensione politica la creazione della diade “destra – sinistra” è evidente, ma non è la sola. Le diadi si dividono in due grosse categorie, quelle antitetiche, come destra e sinistra, e quelle complementari. Le prime poggiano sull’idea che l’universo, la natura, siano composti da enti divergenti, da forze opposte e che si oppongono; il secondo gruppo si basa su una visione dell’universo come realtà armonica, in cui gli enti sono convergenti e tendono a formare nella loro unità un insieme reale superiore. Secondo Bobbio anche la visione per triadi altro non è che uno sviluppo della visione in diadi, tanto che, a seconda la diade sia antitetica o complementare, cambia anche la triade; nel caso sia generata da una diade antitetiva, la triade si forma per sintesi dialettica (negazione della negazione), nel caso si sviluppi da una diade complementare, la triade si forma per composizione. Le riflessioni seguenti di Bobbio nascono dal fatto che ultimamente si sente affermare, sempre con maggior frequenza, che la distinzione tra “destra” e “sinistra” hanno ormai fatto il loro tempo. Tanto che spesso viene citato Sartre quando afferma che i due schieramenti politici sono come “due scatole vuote”. Analizziamo quindi le costatazioni di Norberto Bobbio.
1. Prima Constatazione
La sempre minor efficacia dei termini “destra – sinistra” può essere dovuta per la così detta crisi delle ideologie; in questo modo anche il contrasto tra due differenti visioni perde di significato e diventa illusoria ed inutile. Si potrebbero però obbiettare che le ideologie non sono morte e anzi, mutando durante il corso di questi due secoli, siano ancora vive e vegete. Alle ideologie del passato se ne sono quindi sostituite delle nuove e diverse che con le categorie politiche del passato hanno poco a che fare. Inoltre si potrebbe anche far notare come non vi sia nulla di più ideologico che affermare che non vi siano più ideologie! A questo si potrebbe tranquillamente aggiungere che il fatto che “destra e sinistra” siano in rapporto al fattore ideologico o teoretico, è una semplificazione troppo pericolosa che non tiene conto della diversità di programmi dei due schieramenti, o semplicemente la divergenza d’interessi o il diverso modo di valutare la realtà politica e sociale. Ovviamente a questa analisi si potrebbe tranquillamente rispondere che, se i contrasti permangono, questi non sono più quelli di un tempo in cui nacque la distinzione tra destra e sinistra. Il cambiamento inoltre è stato così radicale e così forte che mantenere la divisione passata è anacronistico forviante. A tal riguardo alcuni hanno sostenuto che oggi giorno il definirsi “di sinistra” è “una delle espressioni meno verificabili del vocabolario politico“, proprio poiché è il concetto della sinistra che ha perso notevolmente la sua capacità connotativa. In virtù di ciò sono molti a sostenere che bisognerebbe sostituire la vecchia dicotomia con una più moderna; come potrebbe essere quella tra progressisti e conservatori. Sono però non pochi a sostenere che questo cambiamento “linguistico” sia vano in quanto rimane ben incastonato nella visione politica dicotomica. Alcuni dei “supporter” di quest’ultima tesi si auspicano che le future aggregazioni politiche si formino non in base a posizioni ma in base ai problemi.
2. Seconda Constatazione
La seconda critica che si può muovere al sistema “destra – sinistra” è che esso si sviluppa in un universo politico sempre più complesso e sempre più articolato. Questo avviene in particolare nelle grandi società democratiche che presuppongono, tramite la tolleranza, la nascita di molti gruppi e movimenti politici che possono sviluppare una propria autocoscienza e un proprio pensiero. In questo senso diventa sempre più inadeguata la separazione in due grandi blocchi in cui tutti i movimenti, tra loro differenti, confluiscano. Ne risulta che la visione politica assiale risulta ormai superata, ma soprattutto non tiene conto dell’universo politico multiforme che ormai si è venuto a generare. In conclusione si obietta che in un sistema pluriverso “non si possono più porre i problemi sotto forma di antitesi, di aut aut, o destra o sinistra, se non è di destra è di sinistra o viceversa“. Questa contestazione però non nega affatto la possibilità che tra gli opposti estremi si venga a formare il “centro”. La nascita del “centro” è importante, ma non fondamentale. Essa infatti supera la visione diadica o assiale, che possiamo definire del “Terzo Escluso”, secondo cui tutto rientra nelle due grandi categorie antagoniste in cui una parte nega l’altra; si approda ad una concezione triadica in cui, tra destra e sinistra prende vita uno stato di mezzo che “non è né di destra né di sinistra”, ma sta nel mezzo e possiamo definirlo del “Terzo incluso”. E’ interessante notare come nel primo caso il rapporto che intercorre tra i due termini si basi sull’ “aut aut”, nel secondo caso esiste uno spazio di centro la cui formula è “né né”. Questa, abbiamo detto, è una costatazione importante per Bobbio, ma non è esaustiva; infatti tra il bianco e il nero può esserci la gradazione dei grigi, ma questo colore di mezzo nulla toglie alla differenza tra bianco e nero.
3. Terza Constatazione                
Bobbio ci propone anche l’ipotesi che questo “grigio” si espanda oltre i limiti previsti, fino al momento che il “centro” diventi la parte politica più numerosa e più forte di una nazione, relegando ai margini la destra e la sinistra. Anche quest’ipotesi però non toglie assolutamente nulla alla contrapposizione e all’antitesi originaria tra destra e sinistra. Anzi il centro, proprio non avendo altro modo per definirsi se non “né destra né sinistra” presuppone con la sua stessa esistenza le altre due parti politiche e la loro antitesi. Ecco cosa affermava a riguardo Bobbio: “A seconda delle stagioni e delle latitudini, il crepuscolo può essere più o meno lungo, ma la maggior o minor durata non cambia nulla al fatto che la sua definizione dipende da quelle del giorno e della notte.” Ma l’individuazione del fattore “centro” fa sorgere altre problematiche dal momento che, con un’analisi più attenta, si riconoscerà un centro più vicino alla destra e un centro più vicino alla sinistra; questi danno appunto vita al centro – destra e al centro – sinistra. Questa nuova suddivisione non solo riprende la diade principale ma ne crea un’altra. Risulta infatti chiaro che si verrà così a formare una sinistra moderata che si avvicina al centro e una sinistra radicale che invece vuole allontanarsi dal centro; il discorso risulta valido anche per la destra. Tenendo poi conto che può esistere anche un “centro di centro”, ecco che la triade nata dalla diade diventa in realtà una pentiade. Questo sistema o modo di procedere è ben visibile negli stati che adottano un sistema elettorale proporzionale. Questo moltiplica tutte le parti in gioco dando così vita ad una moltitudine che, come è ben visibile osservando le aule semi-circolari ad anfiteatro, si dispone da un estremo all’altro. Si conserva però come criterio di divisione dei vari rappresentanti seduti nell’anfiteatro, quello della destra e della sinistra: con l’unica differenza che, mentre nel parlamento inglese, che rispecchia la grande diade, ci si siede o a destra o a sinistra, in un’aula come quella di Montecitorio ci si colloca da destra a sinistra, o viceversa.
Negli ultimi anni è stato cercato di mettere un po’ di ordine nel sistema fino a qui descritto; l’idea proposta, e poi attuata, è stata quella del bipolarismo il cui concetto fondamentale è quello di riproporre la visione unicamente dicotomica in “un sistema che si configura come una retta composta da più segmenti“. E questo è ben visibile nel momento in cui, anche all’interno di un universo pluralistico, una sinistra tende a considerare il centro come una destra camuffata, o una destra tende ad identificare il centro come una sinistra nascosta che non si vuole dichiarare.
4. Quarta Constatazione
 Ritornando alla differenza che abbiamo sottolineato tra Terzo escluso e Terzo incluso c’è da fare una seconda constatazione. Accanto al Terzo incluso infatti c’è il “Terzo includente”. Il primo, come abbiamo detto, cerca di trovare un proprio spazio tra la destra e la sinistra, basando la propria essenza sulla formula “né – né”. In questo senso il Terzo incluso diventa una sfera di mezzo che allontana dal conflitto destra e sinistra, ponendosi tra i due campi nemici. Questo atteggiamento però non nega né la destra né la sinistra, anzi le presuppone e presuppone anche il loro contrasto e la loro antitesi. Il Terzo includente invece cerca di andare al di là degli opposti estremi, inglobandoli in una sintesi “superiore”; di conseguenza il terzo includente non presuppone né destra né sinistra, anzi in quanto tali li annulla facendone, anziché due totalità che tendono a negarsi e ad escludersi, due parti di una totalità dialettica. In questo senso le parti che vengono utilizzate nella sintesi non potranno essere concepite come antitetiche ma bensì convergenti. Ecco cosa scriveva a riguardo Norberto Bobbio: “una totalità che deriva non dalla combinazione di parti compatibili, e componibili perchè compatibili, ma dalla sintesi di due parti opposte, di cui una è l’affermazione o tesi, l’altra è la negazione o antitesi, la terza, come negazione della negazione, è un quid novum, non come composto ma come sintesi”
Ne consegue che la “formula” su cui si basa il Terzo includente non è più “né – né”, ma altresì la formula “et – et”. All’interno del dibattito politico il terzo includente viene rappresentato da un tentativo politico di Terza Via, ovvero un tentativo assai diverso dalla linea di centro, che pretende di stare tra due fuochi, che vuole andare al di là degli schemi imposti dalla destra e dalla sinistra. Ecco come definiva il concetto Bobbio:
“Praticamente una politica di Terza Via è una politica di centro, ma idealmente essa si pone non come una forma di compromesso tra due estremi, ma come un superamento contemporaneo dell’uno e dell’altro, e quindi come una loro simultanea accettazione e soppressione, anziché, come nella posizione del terzo incluso, rifiuto e separazione”
L’aspetto curioso è che non si tratta più di un terzo-fra, ma di un terzo-oltre, dove il concetto di primo e segono permangono, ma anziché essere separati e lasciati così nella loro opposizione costante, sono avvicinati nella loro interdipendenza (abbiamo visto come la destra necessiti della sinistra e viceversa) e soppressi per la loro unilateralità. In questo senso ogni concetto terzo necessita inevitabilmente dei concetti di primo e di secondo, ma mentre il terzo incluso scopre la propria essenza espellendoli, il terzo includente nutrendosene. Non è infatti un caso che il terzo incluso si presenta come prassi, ma senza dottrina, il terzo includente invece come dottrina alla costante ricerca di una prassi. La storia offre molteplici esempi riguardo questi tentativi di “Terza Via”, tanto che Bobbio afferma che la necessità di tale tentativo sorge in un momento di crisi della visione diadica in cui l’antitesi tra i due grossi blocchi sembra esaurirsi. Per di più ogni tentativo di “Terza Via” sembra contenere in sé un aspetto paradossale; ovvero quello di tenere legati insieme due sistemi che la storia, fino a quel momento, aveva dimostrato essere opposti e incompatibili, ma il paradosso viene in parte giustificato nel momento in cui le categorie precedenti ed opposte, applicate unilateralmente, dimostrano tutta la loro incapacità e infecondità.
5. Quinta Constatazione
Un’altra ragione per respingere la vecchia diade “destra – sinistra” è perchè tali categorie hanno orami perso la loro valenza descrittiva, ovvero la capacità di osservare la realtà con piglio critico per proporre determinate soluzioni a problematiche nuove. Il fatto che destra quanto sinistra abbiano perso il loro valore descrittivo è dato dal fatto che la realtà è in continua trasformazione e il sorgere di nuovi problemi sconosciuti prima, ha fatto nascere nuovi gruppi, movimenti o partiti che non rientrano più nella diade “destra – sinistra”. Secondo Bobbio il caso più evidente è quello dei Verdi. Chi saprebbe infatti rispondere se i Verdi sono di destra o di sinistra? Tenendo conto di come vengono definite destra e sinistra allora risulta che i Verdi sono “di volta in volta di destra e di sinistra, oppure né di destra né di sinistra“. I verdi quindi, come altri movimenti, potrebbero essere definiti come gruppi “trasversali” nel senso che non aderiscono a nessuno schieramento ma attraversano i campi nemici indifferentemente da una parte all’altra. Così facendo viene a sollevarsi una nuova e importante constatazione; ovvero che oltre allo “stare in mezzo”, il centro, e “l’andare oltre”, la sintesi, c’è un terzo modo per mettere in crisi la diade generale ed è il muoversi attraverso. Un nuovo modus operandi che Bobbio definisce in questi termini: “un moto che si risolve in un’attenuazione o esautorazione della diade piuttosto che in un rifiuto o in un superamento di essa”.
Secondo Bobbio la prova di questa “ubiquità” sta nel fatto che tutti i partiti di destra e di sinistra si sono impossessati tranquillamente del tema ecologico senza cambiare assolutamente nulla del loro bagaglio culturale, anzi aggiungendo ad esso l’ennesima valigia; i Verdi invece si sono posti davanti al problema in modo diverso facendo del tema biologico il proprio bagaglio culturale e non un’altra valigia da aggiungere alle proprie convinzioni e modi d’agire. Ma come fa trasparire lo stesso Bobbio nelle ultime pagine del capitolo, i movimenti trasversali rischiano di fallire in partenza poiché: “proprio in conseguenza di questi diversi fondamenti filosofici, che presuppongono opposti sistemi di valori, opposte credenze, vere e proprie concezioni del mondo antitetiche, il diffondersi dei movimenti dei Verdi sia destinato non già a rendere anacronistica la vecchia diade ma a ribadirla in seno a questi stessi movimenti, già molto travagliati al loro interno nonostante la loro origine recente, e nei quali il diverso modo di concepire il rapporto dell’uomo con la natura [....] è destinato a reintrodurre, e ha già in parte introdotto, la distinzione tra Verdi di destra e Verdi di sinistra”.
6. Sesta Constatazione
L’enorme accrescimento delle conoscenze umane ha portato ad un esponenziale sviluppo delle scienze e delle tecnologie e, con esse, numerose problematiche fino ad oggi sconosciute. Le nuove capacità umane di assoggettare la natura hai propri bisogni, ma soprattutto la capacità di modificare la natura stessa, hanno dato vita ad una serie di difficoltà di ordine politico, giuridico e morale che prendono il nome di “bio-etica”. Questi problemi richiedono, e richiederanno sempre più, delle decisioni politiche. Per di più non si può pensare che tali problematiche possano essere inserite all’interno delle categorie politiche tradizionali di destra e sinistra, sorte quando questi nuove dinamiche non erano ancora sorte o state poste sotto l’attenzione dei vari movimenti politici. Essendo problemi soprattutto di ordine morale, la classe politica suddivisa in destra e sinistra ha reagito con la naturale divisione in lassisti e rigoristi. Ma questa nuova dicotomia poco si adatta con la dicotomia “destra – sinistra”. Il lassismo infatti è di destra o di sinistra? E il rigorismo? Si può benissimo affermare che c’è una sinistra rigorista e una destra lassista e viceversa. Le due dicotomie quindi non si sovrappongono affatto come dimostra l’imbarazzante problema dell’aborto. Il rifiuto dell’aborto è sempre stata prerogativa dei partiti di destra, mentre quelli di sinistra sono sempre stati abbastanza abortisti. C’è però da notare come quanto appena detto sia in contrasto con una delle etichette che è sempre stata associata alla sinistra, e che la sinistra ha sempre spinto per avere; ovvero che essere di sinistra vuol dire stare con i più deboli. Nel rapporto tra madre ed embrione chi è il debole? Probabilmente il secondo.
7. Settima Constatazione
Fino ad ora sono state sollevate importanti analisi, ma quelle sino a qui elencate sono ragioni “secondarie”. La ragione infatti principale per cui la diade è stata criticata è un’altra e, storicamente e politicamente di maggior rilievo rispetto a quelle sino ad ora indicate. Risulta infatti lampante ed inequivocabile che due termini di una qualsiasi diade si reggano l’uno sull’altro e ciò accade anche con la diade “destra – sinistra”. Ne risulta che dove non c’è destra non c’è più sinistra e viceversa: che detto in senso positivo e non negativo, esiste una destra proprio in virtù del fatto che esiste una sinistra, esiste una sinistra proprio perchè c’è una destra. Questo è un passaggio fondamentale perchè per dimostrare l’irrilevanza di dividere l’universo politico in due sole categorie, non è più necessario dimostrare l’inopportunità (inutile dividere il mondo in categorie basate su ideologie se non ci sono più ideologie), l’incompiutezza (inutile dividere in due categorie se si è dimostrato che esista un terzo incluso o includente) e l’anacronismo (sono entrati in scena problemi che non esistevano quando la diade è nata). Basta altresì esautorare uno dei due termini non riconoscendogli più alcun diritto d’esistenza. Se tutto è sinistra non c’è più destra, al contrario, se tutto è destra non c’è più sinistra.
Inoltre in un sistema di diadi non è sempre detto che i due termini abbiano un egual “forza”, come non è detto che tra i due sia sempre più forte l’uno e più debole l’altro. Vi sono ad esempio delle coppie in cui uno solo è il termine forte; un esempio si può riscontrare nella coppia “pace-guerra” in cui il termine forte è indubbiamente guerra tanto che il concetto di pace è stato sviluppato sin dall’antichità come “non-guerra”, assenza di conflitto. Per ciò che riguarda la diade “destra-sinistra” però le cose stanno diversamente. Non vi è infatti sempre un termine forte e discapito di un termine sempre debole; il termine forte diventa tale a seconda di determinate circostanze e fattori temporali. A tal riguardo Bobbio ci offre degli esempi indicativi: “Nella storia italiana dopo l’Unità, al predominio della Destra, succede quello della Sinistra. Ma predominio non significa esclusione dell’altro. Tanto nel caso del predominio della Destra sulla Sinistra, quanto nel caso contrario, le due parti continuano ad esistere simultaneamente e a trarre ciascuna la propria ragion d’essere dall’esistenza dell’altra, anche quando una sale più in alto sulla scena politica e l’altra scende. Quando il fascismo, considerato come movimento di destra, cadde fragorosamente [....] la sinistra salì per contrasto tanto in alto che parve la destra fosse scomparsa...”
Una concezione di questo tipo però, lascia spazio ad una strategia politica tipica di Destra e di Sinistra. Infatti in situazioni di questo genere può capitare che gruppi o movimenti minoritari, supponiamo di destra, comincino a sostenere che la diade non abbia più senso proprio perchè ormai tutto in mano alla Sinistra, richiedendo così a gran voce che la politica andasse “al di là” della destra e della sinistra; un “al di là” che non ha nulla a che vedere però con la sintesi del terzo includente, ma che diviene un totale misconoscimento e falsificazione della diade “destra – sinistra”. In questo senso però l’esautoramento della diade diventa semplicemente un mezzo per celare le proprie debolezze davanti alla forza della categoria avversa. La destra è stata battuta? Ma che senso ha ragionare in questi termini – si domanda lo sconfitto di destra – se la distinzione tra destra e sinistra ha fatto il proprio tempo? Ne deriva che un’analisi critica e oggettiva nei confronti della diade diventa anche arma di chi della diade vuole farne parte! In un universo politico in cui le due parti contrapposte sono interdipendenti, nel senso che una ha ragion d’essere se esiste l’altra, l’unico mezzo per svalutare l’avversario politico è svalutare se stessi. Della serie: attenti a non cadere nel tranello!
8. Ottava Constatazione
Qui lasciamo parlare direttamente Bobbio perchè risulta essere lapidario e netto, sollevando una questione davvero interessante: “Per finire l’ultimo motivo e, sembra, più decisivo per negare la diade non è più quello che si riferisce alla contestazione reciproca, al fatto che le due parti di un tutto, quale è il sistema politico, sono destinate a cadere insieme (se non c’è più destra, non c’è più sinistra), ma il riconoscimento che le due etichette sono diventate mere finzioni, e in realtà di fronte alla complessità e novità dei problemi che i movimenti politici debbono affrontare i “destri” e i “sinistri” dicono su per giù le stesse cose, formulando, a uso e consumo dei loro elettori, più o meno gli stessi programmi, e si propongono gli stessi fini immediati. Destra e Sinistra non esisterebbero più, e non avrebbero più ragione di esistere, non perchè c’è stata sino ad un certo punto solo la sinistra poi c’è stata soltanto la destra, ma perchè tra una parte e l’altra non esistono più quelle (pretese) differenze che meitino di essere contrassegnate con nomi diversi i quali finiscono per ingenerare la falsa credenza che esistano ancora delle contrapposizioni che in realtà non ci sono più, e per alimentare contese artificiali e ingannevoli”. L’analisi di Bobbio, articolata su questi otto punti, è quanto di più oggettivo e “scientifico” si possa ascoltare riguardo il problema “destra – sinistra”. C’è da tener presente che Bobbio ha comunque vissuto un periodo storico dell’Italia, assai diverso dal nostro, in cui, per lo meno, rimanevano dei baluardi (sbagliati!) di ideologie; come avvenne negli anni di piombo. Sembra che quegli anni siano così lontani e che Bobbio, nella sua analisi, avesse la volontà di dimostrare come destra e sinistra siano due categorie da ripensare e riproporre con modernità, senza necessariamente abbatterle o negarle. La sua analisi che abbiamo qui descritto e studiato è infatti un tentativo di Bobbio di capire in che modo agiscono coloro che vorrebbero veder superata la visione diadica di destra e sinistra. Noi non possiamo che affermare che, per il suo tempo (che ahimè è molto recente), Bobbio abbia descritto la situazione con precisione chirurgica e per questo suo tentativo merita di essere ricordato ed approfondito. Risulta quindi essere fondamentale sia il concetto di Terzo includente quanto l’ottava constatazione. Infatti risulta necessario capire che, ad oggi, le categorie politiche di destra e sinistra propongono la stessa ricetta. Ciò è avvenuto perchè la sinistra ha perso il suo lato più vero, quello sociale, diventando a tutti gli effetti una destra liberale che strizza l’occhio alle grandi masse disadattate e sfruttate quanto alle élite degli industriali. Dall’altra è necessario capire che il sistema diadico, così com’è, non poteva che portare ad una situazione degenerata e conformista come quella moderna. Ne risulta quindi fondamentale fare tesoro di tutto ciò che la destra e la sinistra hanno proposto di buono, per lo meno nelle loro metamorfosi rivoluzionarie, e compiere davvero una sintesi che pretenda di andare al di là. Questo non per scadere in una posizione che Bobbio definisce come “centrista” all’interno di un sistema triadico (generato dalla diade), ma per dare vita ad un movimento che neghi in sé la concezione diadica e triadica e sia invece fautore di un moto del divenire, delle idee, del progresso e del pluralismo, in un sistema di rinnovamento continuo. Una perpetua rivoluzione interiore.