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La grandezza umana e politica di Ahmadinejad

di Claudio Moffa - 21/09/2010

Fonte: claudiomoffa

L'Iran chiede scusa a Carla Bruni

La smentita di Ahmadinejad di cui all'articolo pubblicato qui di seguito e il cui link allego a questo intervento, è emblematica delle “difficoltà” (per usare un eufemismo) dell'informazione sull'Iran e nello stesso tempo, sia delle contraddizioni interne al processo rivoluzionario iraniano guidato da Ahamdinejad e Khamenei, sia della statura eccezionale del presidente iraniano, un leader la cui grandezza umana e politica è ormai un fatto acquisito come dimostra anche quest'ultimo episodio, nel quale  egli mostra di saper contrastare e correggere anche una parte del larghissimo movimento di di massa che lo sostiene.

In uno scambio di email il 16 settembre scorso con un collega iraniano che mi aveva chiesto fra l'altro cosa pensassi della lapidazione di Sakineh, dopo aver sottolineato che  “chiedere a Obama di far arrestare e condannare Jones … non tiene conto del fatto che Obama non  controlla direttamente la magistratura  negli Usa, e chissà quanto magistrati la pensano come Jones” e che  dunque “chiedere a Obama di arrestare Jones diventa qualcosa di simile alle accuse a Ahmedinejad e Khamenei in Occidente per la lapidazione della Sakineh … la scelta della moschea al ground zero è alla fin fine giusta, è come dire: l'Islam non  c'entra niente con l'attentato. E' un inizio di svolta” così aggiungevo: “… Sarò forse ingenuo o magari offensivo, ma non credo che Ahamdinejad controlli tutto e tutti: non a caso è andato una volta in minoranza in parlamento … Un paese che vive una rivoluzione grandiosa come l'Iran, non è interpretabile come un monolite assoluto: ci sono sacche di arretratezza da eliminare, e una di questa sicuramente è la condanna per lapidazione …”

Ieri dunque l'intervento di Ahamadinejad risolutivo dell'aggressione mediatica subita dall'Iran in coincidenza con l'avvio concreto nella centrale di Busheher dell'industria nucleare iraniana: il presidente iraniano, che domani interverrà all'assemblea dell'ONU a New York, non  solo ha difeso Carla Bruni dall' offesa da lei subita da un giornale iraniano e con la motivazione che essa (“prostituta”) non ha nulla a che vedere con l'Islam; non solo ha ribadito quello che i mass media occidentali hanno cercato di occultare sempre – tranne rarissime eccezioni – e cioè che Sakineh è stata condannata per omicidio e che attende ancora altri gradi di giudizio, ma ha anche dichiarato che la donna non è stata condannata per lapidazione.

Si può pensare che la tardiva smentita sia da correlarsi all'intervento del presidente di oggi all'ONU, ma al di là di questo altre tre considerazioni sono importanti: 1) l'attestarsi nella ricerca e proposizione delle tante Sakineh vittime dell'Occidente per difendere l'Iran non basta: la lapidazione è un metodo orribile di perpretare quello che comunque resta una modalità sanzionatoria sempre più criticata e avversata nel mondo – la pena di morte – e dunque un qualcosa da eliminare; 2)  esiste una dialettica dentro il processo rivoluzionario iraniano che sarebbe schematico e superficiale negare: pensare a Ahmedinejad come a un “dittatore” che tutto controlla non solo confligge con la natura profondamente democratica del sistema elettorale iraniano (questo fa la differenza ad esempio con il sistema iracheno ai tempi di Saddam) ma è comunque, come sempre (vedi mutatis mutandis, le polemiche su Mussolini e persino su Berlusconi) sbagliato. La realtà è più complessa di quanto la superficialità massmediatica spesso pretende; 3) In questa dialettica, il presidente iraniano rappresenta la parte “laica” del regime o per meglio dire – fuoriuscendo dal linguaggio nostrano – la parte religiosa del regime capace di intervenire sugli aspetti più arretrati della tradizione islamica (fermo restando che la lapidazione è una pratica ben più antica della fede propagata da Maometo) fino a smussare e diminuire, come è fisiologicamente naturale, il monopolio assoluto del vertice religioso del regime creato nel 1979 da Khomeiny. Una dialettica che i mass media occidentali – abituati a fare non solo dell'Islam, ma anche del “regime” iraniano un sol fascio, senza guardare alla dialettica parlamentare e a quella fra ceto politico “laico” e imam – negano sempre, a fini di demonizzazione del “nemico”.

Ecco dunque che il presidente iraniano “osa” dire no alle espressioni più retrive del mondo che lo sostiene. La grande forza di Ahamedinejad risiede non solo nella sua abilità tattico-politica, non solo nell'essere un leader credente nella religione del suo paese, ma anche e soprattutto nel fatto che sa correggere la rotta quando è necessario, forte di tre aspetti fondanti il suo carisma popolare: una politica estera coraggiosa, perseguita a orgogliosa difesa della sovranità e dell'indipendenza dell'Iran; una filosofia  modernizzatrice perché aperta allo sviluppo tecnologico del paese fino ad accettare – in sfida anche a tanto oscurantismo ecologista occidentale – l'opzione nucleare; e una politica sociale interna protesa alla difesa dei ceti più disagiati e poveri dell'Iran. Questo spiega perché, al contrario del reazionario Moussawi e dei suoi seguaci studenti figli di papà, il presidente iraniano goda del sostegno della stragrande maggioranza del popolo iraniano, quello che riempie a milioni i suoi comizi e le manifestazioni in suo sostegno.

http://www.corriere.it/esteri/10_settembre_19/ahmadinejad-false-notizie-lapidazione-sakineh_240009a2-c3cc-11df-80e3-00144f02aabe.shtml?

(anche sulla pagina facebook dell'autore)