Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Gaza emarginata dai negoziati

Gaza emarginata dai negoziati

di Laila El-Haddad* - 29/09/2010






Chiedete a qualsiasi abitante di Gaza cosa ne pensa dei “colloqui diretti”, sponsorizzati dagli Stati Uniti, che stanno avendo luogo tra Israele e il governo di Mahmoud Abbas a Ramallah. Probabilmente darebbe una di queste tre risposte:

1) Sicuramente state scherzando;

2) C’è qualcosa di marcio a Ramallah;

3) Negoziati?!

C’è pochissima sopportazione a Gaza per quest’ultima serie di colloqui. Non solo sono condotti senza un consenso nazionale, da quello che viene generalmente considerato un governo illegittimo, ma essi emarginano completamente la Striscia di Gaza e ignorano il blocco e l’asfissia di cui soffre da più di quattro anni.

“Quando la gente ha iniziato a parlare di negoziati, e di ritornare al processo di pace, e così via, ho pensato: aspettate un attimo, chi ci ha chiesto la nostra opinione prima di prendere questa decisione?”, dice Ola Anan, 25 anni, ingegnere informatico di Gaza City. “Voglio dire, il mandato presidenziale di Mahmoud Abbas è scaduto. Quindi in nome di chi sta parlando? In nome dei palestinesi? Non penso sia così”.

Abu el-Abed, un pescatore di 30 anni che vende granchi nell’enclave costiera di Mawasi a Gaza dice: “Sentiamo parlare di negoziati in televisione, ma non li vedo riflessi nella realtà. Non sono fattibili. Gaza è completamente esclusa dai negoziati. Non c’è elettricità, non c’è acqua. Non c’è libertà di movimento. Il costo della vita è alto. E i confini sono tutti chiusi”.

Sostanzialmente gli abitanti di Gaza sanno ben poco o si interessano molto poco di ciò che sta accadendo a Washington, perché quello che sta succedendo a Washington si preoccupa molto poco di loro, dice Nader Nabulsi, un negoziante nel quartiere di Remal a Gaza City: “Questi negoziati non ci appartengono, e noi non apparteniamo a loro”.

Nabulsi, come molti altri qui, pensa si tratti di negoziati farsa, data la natura frammentata della leadership palestinese, ma anche considerato il fatto che la maggior parte degli abitanti di Gaza ritiene il governo di Abbas come illegittimo, e il suo mandato scaduto.

“Oggi, Abbas dovrebbe parlare della creazione di un nuovo governo basato sulla legittimità, che ascolti la voce delle persone, e che sulla base di ciò prenda delle decisioni. Non dovrebbe lanciarsi nei negoziati come e quando gli pare, secondo ciò che gli passa per la mente e nelle menti della gang di Ramallah”.

Lubbad Bashar, 22 anni, attivista e blogger di Gaza, è d’accordo. Nel suo ultimo post in arabo afferma: “Non riesco proprio a capire in che strano tipo di pasticcio politico siamo finiti. Abbas accetta i negoziati con Israele senza precondizioni, mentre invece si rifiuta di negoziare con Hamas”.

Secondo Lubbad i tentativi di “normalizzare” i negoziati, attraverso degli spot televisivi andati in onda durante la famosa serie televisiva del Ramadan, Bab il-Hara, sono stati ancora più bizzarri che le trattative stesse. “E’ arrivato il momento di avviare un dialogo e una riconciliazione nazionale, e di negoziare e trovare un accordo tra di noi”.

Al di là di questo, gli abitanti di Gaza non riescono a comprendere come l’Autorità Palestinese (che loro chiamano hukumet Ramallah  – “il governo di Ramallah”) possa, dopo quasi 20 inutili anni, negoziare con Israele nello stesso modo di prima.

La giornalista di Gaza, Safa Joudeh, lo ha riassunto così nella sua pagina su Facebook: “Definizione di follia: continuare a rifare la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi. Oslo, Wye River, Camp David, l’iniziativa di pace araba, la road map, Annapolis, i colloqui di pace diretti…”

Nonostante il disimpegno di Israele da Gaza nel 2005, l’accesso e la circolazione delle merci e delle persone a Gaza, così come lo spazio aereo, lo spazio marittimo e la registrazione della popolazione, restano sotto il controllo israeliano – e sono tutte questioni fondamentali in ogni eventuale discussione su uno stato palestinese.

Amjad al-Agha è un ingegnere agricolo che sorveglia una coltivazione di funghi nei “territori liberati” – gli ex insediamenti di Gush Qatif nel sud di Gaza. “I negoziati sono in corso da due decenni e non hanno portato nulla al popolo palestinese – né nella Striscia di Gaza né in Cisgiordania.

“Entrambe le zone sono ancora completamente separate l’una dall’altra. Non vi è alcun collegamento tra queste due parti della nostra nazione. Il movimento attraverso i confini e i valichi è ancora molto limitato. L’aeroporto è chiuso. Non c’è alcuna libertà di movimento”.

Un giorno Gaza potrebbe specializzarsi nella coltivazione di funghi, dice l’economista locale Omar Shaban. Ma per ora essi sono venduti principalmente a ristoranti locali o utilizzati nell’ambito di progetti per generare reddito. Attualmente gli israeliani vietano quasi tutte le esportazioni da Gaza come parte dell’embargo.

Per altri, i colloqui passano inosservati perché sono semplicemente troppo occupati a pensare alla propria vita quotidiana sotto assedio. “Pensano a come risolvere i loro problemi, le loro difficoltà quotidiane, come le interruzioni dell’energia elettrica, i problemi economici, come ottenere un reddito, come istruire i propri figli, e al blocco e all’assedio di cui soffrono ogni giorno. Non considerano i negoziati come una questione centrale nelle loro vite”, spiega Alia Shaheen, 32 anni, project manager presso un’ong per le donne nella Striscia di Gaza centrale.

L’inviato degli Stati Uniti in Medio Oriente, George Mitchell, ha detto che Hamas non avrà alcun ruolo nei negoziati, spingendo molti, qui a Gaza, a chiedersi quale sia lo spazio riservato alla Striscia in questa equazione.

“Hanno intenzione di togliere Gaza dai territori palestinesi?”, chiede Anan, l’ingegnere informatico.

In effetti, un nuovo documento strategico israeliano dimostra che Israele intende fare proprio questo. In una recente presentazione delle Forze di difesa di Israele (Idf) per la commissione Turkel, gli obiettivi ufficiali della politica israeliana per quanto riguarda Gaza sono stati esposti senza mezzi termini: “Mantenere le limitazioni civili ed economiche su Gaza, limitando l’entrata e l’uscita delle persone dalla Striscia”, e, elemento cruciale,”separare la Cisgiordania da Gaza”.

E’ la prima volta che un documento ufficiale israeliano dichiara pubblicamente che l’obiettivo strategico è quello di creare due entità politiche palestinesi separate, secondo Noam Sheizaf, un giornalista indipendente israeliano che per primo ha parlato di questo documento sul blog 972mag.

Secondo Gisha, l’ong israeliana per la libertà di movimento dei palestinesi: “Mentre si sta negoziando per uno stato palestinese e le persone stanno già discutendo a proposito di “una linea ferroviaria tra Gaza e Ramallah”, in realtà Israele sta lavorando per separare Gaza dalla Cisgiordania ancora di più di quanto non abbia già fatto la spaccatura all’interno della leadership palestinese”.

(Traduzione a cura di Medarabnews)


The Guardian, 22 settembre 2010
L’articolo in lingua originale

* giornalista e fotografa freelance palestinese