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Un cuore nero e grande come l’Africa

di Claudio Cabona - 21/10/2010

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Per uccidere nuovamente un uomo non serve un’arma, basta la memoria corta. I grandi personaggi, i veri rivoluzionari, molte volte, vengono uccisi due volte: dai loro aguzzini e dalla gente comune, indifferente, inconsapevole. Dimenticare Ken Saro Wiwa vuol dire ucciderlo di nuovo. Ken Saro Wiwa nacque il 14 ottobre 1941 e venne ucciso il 10 novembre 1995. Sono passati quindici anni e, a parte Roberto Saviano e il gruppo rock il “Teatro degli Orrori” che lottano per il suo ricordo, in Italia davvero in pochi conoscono il grande pensatore Nigeriano che ha passato la sua vita a difendere, attraverso il suo attivismo e le sue poesie, l’etnia degli Ogoni dalle nefandezze delle multinazionali del petrolio. Negli anni ‘80 si scagliò contro tali organizzazioni per le continue perdite di petrolio perpetrate sull’ecosistema e per gli abusi sulle popolazioni africane. Negli anni ‘90 riuscì nel suo intento, creare un movimento dalla grande mobilitazione popolare, conosciuto su tutto il suolo africano: “Movement for the survival of Ogoni People”. Le grandi manifestazioni, organizzate da Ken Saro, gli costarono alcuni mesi di detenzione.
Fu arrestato altre svariate volte e nel 1994 fu meschinamente accusato dal governo locale, connivente con le multinazionali, di aver fomentato l’omicidio di alcuni presunti oppositori del movimento.
Il poeta nigeriano venne impiccato a Port Harcourt, sua città natia, con altri otto attivisti del MOSOP davanti al suo popolo che non poté fare niente per fermare quell’omicidio legale mai supportato da processo. L’opinione pubblica rimase sconvolta dall’accaduto: uno dei più grandi pensatori e attivisti africani fu ucciso per le sue idee.
A metà degli anni ‘90 Jenny Green, avvocato del “Center for Constitutional Rights di New York” portò avanti una causa contro la Shell per dimostrare il coinvolgimento del colosso anglo-olandese nell’esecuzione del pacifico rivoluzionario africano. Il processo ebbe inizio nel maggio 2009 e la Shell patteggiò, accettando di pagare un risarcimento di 15 milioni e mezzo di dollari (11,1 milioni di euro). Il “Corriere della Sera” e il “Sole 24 ore” riportarono l’incredibile accaduto specificando che la Shell accettò di pagare il risarcimento non perché mandante dell’omicidio degli attivisti, ma per venire incontro al processo di riconciliazione, per aiutare l’Africa. Svariati giornali, molte associazioni ambientaliste e il figlio di Ken Saro lottarono e lottano perché la verità venga a galla, forti di documentazioni che dimostrerebbero il reale coinvolgimento della Shell nell’esecuzione degli attivisti e in alcune politiche lavorative che violerebbero i diritti umani in Nigeria. La popolazione nigeriana, ancora oggi, ricorda il grande intellettuale che fu il primo a portare avanti una campagna di rivalutazione di un territorio povero ed abbandonato a se tesso dove lo stesso governo militare, considerato uno dei più corrotti al mondo, legittima violenze e soprusi. Ken Saro lottò per l’indipendenza di un popolo dai grandi agglomerati sfruttatori, incitando la sua gente a denunciare le violenze subite, senza fuggire in altri paesi, ma rimanendo sul territorio a difendere la propria libertà schiacciata dal capitalismo.
Ken Saro Wiwa è morto quindici anni fa ed è dovere degli “uomini liberi” rendere omaggio al suo coraggio. E’ d’obbligo ricordare il suo operato e stracciare le menzogne che gli sono state riversate addosso e che hanno permesso il suo omicidio, perché come scrisse, in una sua famosa poesia: “Sono le menzogne che rendono il mondo una prigione”.