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Una partitocrazia senza pudore

di Antonio Serena - 21/10/2010

Fonte: liberaopinione


Non ci voleva altro che l’ultima puntata di “Report” sui protetti dai partiti con decine e decine di incarichi retribuiti e sulle proprietà di Berlusconi nei paradisi fiscali per far incazzare ancor più questo popolo di rassegnati.

I partiti ormai dispongono di pochi simpatizzanti, anche se sbandierano cifre megagalattiche: 25%, 30%, 12%….Ma quando mai?! Se si toglie dal totale degli aventi diritto al voto un 55/60% di non votanti, le schede bianche e nulle e i mantenuti dai partiti quelle percentuali si riducono di almeno la metà, cosicché risulta che il primo partito in Italia raccoglie le simpatie – a farla grande – del 15% degli italiani.

A noi non piace campare di demagogia, anche se ormai la politica a questo solo si è ridotta, e non vogliamo dar a tutti i costi la croce in testa al parlamentare.  Un deputato prende 5.486 euro al mese di indennità e 4.003 euro di diaria di soggiorno, cioè per mantenersi a Roma (viaggi esclusi) e mantenere un minimo di segreteria nella capitale e di visibilità sul territorio: ognuno commenti tali cifre come vuole. Sta di fatto che chi fa il suo lavoro onestamente e, soprattutto, producendo dei risultati, con queste somme (che non sono le stesse percepite da un metalmeccanico e neppure quelle di certi direttori di giornali) certo non si arricchisce e non compra ville ad Antigua.

In ogni caso non è questo il problema dei problemi per quanto concerne i costi economici della partitocrazia, anche se troppo spesso “quando il dito indica il cielo, l’imbecille guarda il dito”. Soffermiamoci ad esempio sul problema dei rimborsi ai partiti politici, che non vengono incassati, come molti credono ancora, dai parlamentari, ma dai partiti. Nonostante  nel 1993 gli elettori si siano chiaramente espressi (90.3%) contro tale finanziamento, i partiti sono riusciti a mantenere in vita tale meccanismo.

Per ottenere un rimborso elettorale un partito deve raccogliere almeno l’1% dei suffragi su scala nazionale. Come abbiamo più volte ripetuto, parlare di “rimborso” è fuori luogo in quanto i partiti non rientrano dei soldi effettivamente spesi, ma di una cifra 4 volte superiore. Sissignori, 4 euro per ogni euro speso. Ad esempio il partito nato sulle ceneri di Tangentopoli, la Lega Nord, che alle politiche del 2008 ha dichiarato una spesa di 3.476.703 euro (accertati 2.939.987)ha ottenuto un rimborso quinquennale di 41.384.550 euro. Premio di consolazione anche per La Destra, rimasta esclusa dal Parlamento non avendo superato la soglia del 4%, cui spetteranno 6.202.915 euro. Per farla corta ogni anno i partiti italiani hanno diritto a spartirsi circa 200 milioni di euro; un miliardo in cinque anni.

Come dicevamo all’inizio dell’articolo, il problema dei problemi non è però nemmeno questo, in quanto, come molti italiani hanno potuto accertare seguendo il servizio di Milena Gabanelli (“Report” del 18 u.s.), la cosa più odiosa è il giro di clientele mafiose e di porcherie di ogni genere che i partiti muovono. Se la gente si lamenta per lo stipendio di un parlamentare, per quale motivo non s’incazza quando lo stesso parlamentare, a fine mandato (e non si tratta di casi isolati, ma della maggioranza dei parlamentari che non abbiano litigato con i rispettivi partiti), viene collocato in posti dove gli stipendi sono a volte il triplo di quelli percepiti da un parlamentare e stabiliti per legge?  O, come abbiamo visto nel citato programma televisivo, quando un amico o un trombato alle elezioni viene collocato dagli stessi onnipotenti partiti a ricoprire dieci, venti o trenta incarichi in contemporanea, in un Paese in cui un giovane su tre sotto i trent’anni è senza lavoro?

Ma non è tutto. Un quotidiano veneto, sabato scorso, dava notizia dei finanziatori dei partiti per le ultime elezioni regionali. Abbiamo così appreso, ad esempio, che il  presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha dichiarato di non avere speso di suo un solo centesimo per la sua campagna elettorale  multimilionaria e che il suo collega Piergiorgio Cortelazzo (PDL-AN) ha speso 13.40 euro. Misteri. Nel frattempo da Rovigo è partita una richiesta di accertamento delle voci e dei bonifici bancari per l’assessore Isi Coppola, che ha dichiarato più di 39.000 euro (la violazione delle norme elettorali prevede anche la decadenza dalla carica).

Ma se le campagne elettorali costano un occhio della testa, come fa un candidato a sostenerle senza che ci sia chi le foraggia? In verità non è così per tutti. Tra i 60 consiglieri regionali del Veneto c’è anche chi si è pagato la propria campagna elettorale e chi se l’è fatta pagare da amici e sostenitori: imprese, società, associazioni. E’ il caso del leghista Daniele Stival, appoggiato dall’ ANDI, Associazione Nazionale Dentisti Italiani, che ha sborsato per lui 7 mila euro. Tutto limpido, tanto che il finanziamento emerge anche da un verbale dell’associazione: “Il presidente e il segretario hanno avuto ieri un incontro con il consigliere regionale Daniele Stival con il quale hanno condiviso l’ipotesi di realizzare alcuni progetti per la professione. Si apre il dibattito dal quale emerge la proposta di utilizzare 7 mila euro per sostenere la sua campagna elettorale. L’esecutivo approva all’unanimità”. Non è dato di immaginare a quali “progetti professionali” si dedicherà lo Stival, avendo ricevuto le seguenti deleghe: caccia, flussi migratori, protezione civile e identità veneta.

Tra i finanziatori si trova di tutto: studi privati,  aziende produttrici di spaghetti e di cerotti, case di cura, imprese di costruzioni. Marino Finozzi ( attualmente indagato per truffa) ha avuto contributi per 48.300 euro dall’ Impresa Maltauro, dalla casa di cura “Villa Maria” di Padova ed altri; Elena Donazzan (PDL-AN da Pasta Zara di Riese che ha finanziato anche Luca Baggio (Lega Nord); Federico Caner (LEGA) ha avuto 2 mila euro da “Il Fornaio di Casale”; Lucio Tiozzo (PD) ha incassato ben 33 mila euro dal COVECO (cooperativa di Marghera); l’ex democristiano Carlo Alberto Tessarin (PDL) e Moreno Teso (PDL-AN) sono stati finanziati con cifre diverse rispettivamente da Cantieri Navali Nautici e dal Cantiere Navale Vittoria; l’assessore ex democristiano Remo Sernagiotto (PDL) ha ricevuto 5.000 euro da Federfarma di Treviso e 10.000 dalla padovana Net Engineering. L’assessore Renato Chisso, ex socialista in quota PDL, in campagna elettorale ha dato un mega party al Pes.Co di Tessera spendendo solo 2.000 euro. Un vero manager che, oltre a saper strappare prezzi-record, ha la fortuna di avere un papà generoso che gli ha pagato 33.741 euro dei 43.731 e più sostenuti complessivamente.

A prescindere dalla liceità di comportamenti previsti dalle vigenti leggi elettorali, una domanda sia lecita: qual è la differenza  tra il finanziamento ad un politico al fine di “realizzare alcuni progetti per la professione”  e una tangente?