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Bello, lento, gentile.

di Irene Ciravegna - 31/10/2010



Qualche nota per la discussione sul tema educazione / formazione al paesaggio culturale


J. Ruskin,
Ca' Dario, 1849

Introduzione (partiamo dall’ovvio)

Italia nostra
, che si presenta come l’associazione che ha lo scopo di diffondere nel Paese la "cultura della conservazione" del paesaggio urbano e rurale, dei monumenti, del carattere ambientale delle città, ha tra i suoi interlocutori privilegiati la scuola, che è istituzionalmente delegata all’educazione dei giovani e - a volte - anche degli adulti. Ora è un fatto che il nostro paese, l’Italia, il dantesco “giardino dell’impero”, ha un enorme patrimonio di bellezze artistiche, paesaggistiche, naturali e storiche, che lo rendono unico. Un patrimonio per difendere il quale la nostra associazione è nata più di cinquant’anni fa e che è anche oggi minacciato di miope distruzione. Un patrimonio parte della nostra identità, tutelato in uno dei primi articoli della costituzione, il cui rispetto dovrebbe essere profondamente connesso con il fatto di essere italiani; un patrimonio di bellezza dunque che impegna la scuola a conoscerlo e a operare per conservarlo. La bellezza dovrebbe dunque diventare materia scolastica? Ovviamente no, la bellezza può e deve essere uno di quei valori fondanti che stanno alla base dell’impostazione delle materie curricolari, attraversandole in modo da fornire un giusto nutrimento alle giovani menti che alla scuola vengono affidate.
La scuola può fare molto in questo campo e in parte già lo fa, soprattutto quando gli insegnanti lavorano utilizzando non solo i libri di testo e lo spazio dell’aula, ma anche quello che offre il territorio. In questo modo l’apprendimento diventa non solo nozione libresca ma esperienza vissuta e quindi penetra tanto più profondamente quanto più è forte il nesso tra quello che si è studiato in classe e quanto viene esperimentato dal vivo. In questo lavoro di conoscenza e di approccio al territorio la nostra associazione ha spesso offerto nel tempo un valido supporto. I limiti più vistosi sono stati quelli della estemporaneità e della frammentarietà delle iniziative. È mancata a livello nazionale la capacità di dare seguito a questo grande lavoro di aggiornamento agli insegnanti e di ricerca effettuata dagli insegnanti stessi, in gran parte nostri attivi soci sparsi per le più varie realtà, con un’attività di stampa, di diffusione delle pubblicazioni locali, in una parola di circolazione e di registrazione dell’esperienza.

La situazione attuale e le proposte più generali


Oggi tutto questo però appartiene in gran parte al passato e necessita di un rilancio, attraverso una campagna nazionale di grande respiro, all’interno della quale va pensato un modo (qualche agile testo, un archivio consultabile sul web) per rimettere in circolo le esperienze più significative del passato e altre nuove di segno analogo, ma più calate nel momento attuale. Penso in particolare a proposte di lavoro che non si rivolgano solo alla parte cognitiva ma che suggeriscano esperienze e attività che sappiano parlare alle emozioni. Un buon inizio potrebbe essere anche un grande concorso per un nuovo logo e un motto che renda immediatamente identificabile l’associazione e i suoi scopi all’interno delle scuole. A questo proposito si impone anche uno spazio specifico del sito di
Italia nostra nazionale che al momento appare alquanto sguarnito nel settore educazione.

Una proposta specifica

Oggi nella maggior parte delle scuole, soprattutto a livello di scuola secondaria, il rapporto con l’esterno si limita ad alcune uscite di massa, tra le quali impera il rito della gita scolastica, vissuto dagli studenti come una sorta di moderna iniziazione, dove sono chiamati a vivere esperienze spesso viziate da un approccio consumistico del territorio e da una cultura dominata dallo sballo. A questo proposito esiste una letteratura, di cui l’autore più celebre è Domenico Starnone di Ex cathedra. Il viaggio di istruzione diviene così un viaggio di distruzione delle città d’arte, dei musei, delle strutture di accoglienza invase da orde di assatanati, seguite da insegnanti distratti o complici e in qualche modo assecondate da un’industria turistica che individua in questo settore una fonte speculativa non trascurabile. La mia proposta è quella di lanciare una parola d’ordine per diffondere una cultura completamente diversa del lavoro sul territorio e del viaggio di’istruzione. Una cultura assimilabile a quella del buono, pulito e giusto predicato da Slow Food per il cibo e che nel nostro caso potrebbe essere: bello, lento e gentile.

Bello. Imparare ad apprezzare il bello vuol dire imparare a vedere quello che sta intorno, apprezzandone le armonie e riconoscendone le tante disarmonie. Se si vuole superare l’atteggiamento consumistico del patrimonio l’abbuffata di capolavori propria di tante gite scolastiche va superata; l’esperienza della uscita a cui noi dobbiamo tendere è quella dell’approccio accurato. Perché il bello sia veramente tale è necessaria un’attenzione a tutto l’insieme dell’esperienza che deve essere improntata ad una atteggiamento di cura e di attenzione, verso l’ambiente, verso l’arte, verso gli insegnanti e verso gli studenti, che devono poter usufruire di strutture per dormire e di cibo consoni alla situazione, improntato a un modello di vita semplice, anche spartana, ma curata in ogni particolare.

Lento
. La lentezza indica un criterio legato all’approccio con il paesaggio e con i monumenti opposto al modello del mordi e fuggi, in grado di permettere un’acquisizione accurata e profonda di quanto prescelto. Anche dal punto di vista dei mezzi di trasporto vanno rivalutati quelli lenti, in particolare è opportuno diffondere e praticare nelle scuole un turismo a piedi, che permette di fruire del territorio senza lasciare tracce e che garantisce la possibilità di un’esperienza di grande impatto emotivo, perché sollecita un coinvolgimento anche fisico molto più forte e più sano.le giovani generazioni, allevate da anni di televisione e playstation hanno bisogno di grounding, cioè di poggiare i piedi a terra, scaricare in questo semplici modo le tensioni accumulate.

Dal sito
La boscaglia, associazione per camminare

... ecco quello che vi proponiamo. Per parchi selvaggi e incontaminati o per antichi borghi

Tutto da ricostruire il rapporto con altri mezzi lenti quali la bicicletta , il treno. L’uso del treno sarà possibile solo in seguito ad un comportamento molto diverso del servizio ferroviario, perché oggi portare gli allievi in treno è un’avventura non sempre a lieto fine. Anche questa dovrebbe essere un’altra campagna del nazionale, finalizzata ad un protocollo di intesa tra il MIUR e Trenitalia. Sul mezzo oggi più in uso, il pullman, ci sarebbe molto da dire a proposito di sostenibilità, di sicurezza, ecc. Lento significa anche una scelta che privilegi i piccoli numeri: una classe per volta e non i grupponi di interi istituti; qualsiasi periodo dell’anno, e non l’accumulo delle gite tutte nella stessa stagione.

Gentile
. Viaggiare è un’esperienza di vita, che richiede un giusto addestramento e una gradualità. Prima di partire per un altrove va conosciuto il territorio vicino alla scuola, con una serie di uscite guidate in cui gli studenti possano imparare non solo a vedere, ma anche a utilizzare tutte quelle abilità che permettono di conservare l’esperienza e di farla propria. In questo modo si sviluppa il senso di appartenenza al proprio territorio e un’attenzione la suo tessuto che può garantire nelle nuove generazioni un comportamento più gentile verso il Paese in generale e verso la propria realtà in particolare. Si combatte anche la cultura del viaggio fino a se tesso, quello che dà emozioni perché si va forte e lontano a… fare le stesse cose che si fanno a casa.
Al tema della gentilezza si connette tutto il grande capitolo che riguarda il comportamento. L’uscita deve diventare un momento di crescita civile, basata sull’acquisizione di regole condivise, mentre oggi spesso si svolge all’insegna della inciviltà. Solo attraverso un codice di comportamento acquisito la gita scolastica può, data la sua importanza nella vita degli studenti, diventare una palestra di educazione civica, un momento di grande apertura culturale e civile. E per dare un a prospettiva più chiara a questo discorso voglio chiudere con una citazione: “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un'arma contro la rassegnazione, la paura e l'omertà. All'esistenza di orrendi palazzi sorti all'improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l'abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”.