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Algeria, con gli Usa contro al-Qaeda

di Christian Elia - 11/11/2010






Vertice ad Algeri: i militari statunitensi tornano a premere per una testa di ponte nel Sahel

Ieri, 10 novembre 2010, ad Algeri, sono iniziati i lavori della quarta sessione di lavori sulla cooperazione militare algerino-statunitense. Al vertice, che si tiene al Circolo Nazionale dell'Esercito della capitale algerina, partecipa Joseph McMilan, assistente del Segretario di Stato Usa Robert Gates, e il segretario generale del ministero della Difesa algerino.

''Vogliamo lavorare, sempre più, al rafforzamento delle relazioni tra i due paesi, per una sempre maggiore cooperazione militare tra l'Algeria e gli Stati Uniti'', recita una nota per la stampa diffusa dalle autorità algerine.
L'argomento principale in agenda, almeno dal 2006, è al-Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi), il gruppo integralista guidato da Abdelmalek Droukdel. Nato a Meftah, quarant'anni, Droukdel è ritenuto dai servizi d'intelligence Usa uno dei cinque leader planetari di al-Qaeda. Il suo gruppo, che ha base in Algeria, si divide in due zone: la regione montuosa della Cabilia, nell'Algeria settentrionale, e l'estremo sud del Paese, a cavallo dei confini nazionali con Mauritania, Mali e Niger. In quest'ultima zona, in particolare, si concentrano gli sforzi Usa di stabilire un controllo nel quale Washington (e la Francia) abbiano voce in capitolo. La regione, nota come Sahel, rientra in un piano strategico che il Pentagono ha messo a punto fin dal 2001. Secondo i critici della politica estera statunitense, la proposta ai governi locali di costruire una serie di basi militari nella zona rientra in un piano più complesso per contrastare la penetrazione cinese in Africa.
Quale che sia il reale obiettivo Usa, l'Algeria ha rotto le uova nel paniere a stelle e strisce, rifiutando (almeno fino a oggi) la concessione del suo territorio per la presenza di militari stranieri nel Paese.

I colloqui, tensioni diplomatiche a parte, continuano. Washington chiede ad Algeri di controllare meglio i suoi confini in una zona che gli Usa ritengono strategica. Non a caso, dopo i successi in Iraq, il generale statunitense David Petraeus era stato indirizzato al comando Centocom che è stato istituito nel 1983 con la missione di presiedere al controllo strategico globale e dello scenario africano e mediorientale. Petraeus, prima dello spostamento sul teatro afgano, ha provato a impostare un 'cordone sanitario' in Sahel, ma proprio il no algerino aveva complicato i piani di Washington nella regione.

Nella zona la situazione è complessa. Da quando, alla fine del 2006, il Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento (Gspc) ha scelto di entrare cambiando nome nel network internazionale jihdaista che fa capo ad al-Qaeda, si combatte in uno stillicidio di violenze quotidiane. Il Gspc, nel 1998, era rimasto l'unico gruppo ancora in armi del fronte integralista che - dal 1991 - aveva combattuto con violenza contro l'esercito algerino che aveva annullato la vittoria elettorale dagli islamisti. Dopo la morte di almeno centocinquanta mila persone, il presidente algerino Bouteflika è riuscito a lanciare una politica di riconciliazione (e impunità) nazionale, che ha lasciato solo il Gspc. Lo stesso al-Zawahiri, ritenuto il braccio destro di Osama bin Laden, ha benedetto l'arrivo dei 'fratelli algerini' nel gruppo, ma l'adesione non è stata indolore. Un regolamento di conti, feroce, tra i sostenitori della linea internazionalista (sul modello di al-Qaeda) e quelli della linea nazionale (finalizzata alla lotta in Algeria) è stata vinta da Droukdel e dai suoi accoliti. Vittoria sancita dalla brutale serie di attentati ad Algeri, l'11 aprile 2007, costati la vita ad almeno ottanta persone.

L'industria dei sequestri, compreso quello dell'italiano Sergio Cicala, in Mauritania e Mali, finanzia il gruppo, che l'esercito algerino - nonostante vere e proprie azioni di rastrellamento - non riesce a sconfiggere. Ecco che l'opzione Usa torna d'attualità, almeno nella forma che il generale Petraeus ha elaborato in Iraq prima e in Afghanistan poi, coinvolgendo (a pagamento) le popolazioni locali nella lotta agli integralisti. Il governo algerino ha annunciato, il 5 novembre scorso, la sua decisione di armare i civili contro al-Qaeda. Secondo fonti ufficiali, il governo non farebbe altro che andare incontro a una esplicita richiesta dei cittadini. Secondo la Bbc, destinatari delle armi potrebbero essere i Tuareg nomadi presenti nella regione del Sahara.