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Israele pone un nuovo macigno sul processo di pace in Medio Oriente

di Claudio Accheri* - 24/11/2010



Con 65 voti a favore e 33 contrari, ieri sera la Knesset (il parlamento di Tel Aviv) ha approvato la nuova legge che aggrava la procedura legislativa da seguire per un eventuale ritiro delle truppe israeliane dai territori occupati delle alture del Golan e di Gerusalemme est.

Con la nuova normativa in vigore, qualsiasi proposta di ritiro - totale o parziale - dovrà passare attraverso la Knesset e, per essere approvata, ottenere il parere favorevole di due terzi dei suoi membri.

Nel caso di un mancato accordo in parlamento (cosa molto probabile vista la realtà estremamente frammentata della politica israeliana), la decisione verrà rimandata agli elettori, che si esprimeranno attraverso un referendum nazionale.

“Si tratta di un disegno di legge estremamente importante per mantenere l'unità del popolo”, ha dichiarato il deputato del Likud e promotore della proposta, Yariv Levin. “Il disegno di legge esprime la necessità di garantire che qualsiasi decisione irreversibile non verrà più presa tramite intrallazzi, o con il semplice sostegno parlamentare, come è successo in passato”.

Nonostante le dichiarazioni del governo, sono numerosi coloro che si schierano apertamente contro la nuova legge e accusano Netanyahu di aver appoggiato il progetto per trovare una via d’uscita alle pressioni dell’opinione pubblica mondiale che richiede un trattato di pace con i palestinesi e la Siria.

“Netanyahu è troppo debole per prendere una decisione simile autonomamente”, ha affermato il leader dell'opposizione Tzipi Livni.

La leader del partito Kadima, che ha votato apertamente contro la proposta, ha aggiunto che attraverso questa legge il premier sta demandando una decisione, che dovrebbe spettare a lui, a un elettorato che non è al corrente di tutte le informazioni necessarie per compiere una scelta ponderata.

In risposta alle critiche il portavoce di Netanyahu ha affermato che "qualsiasi accordo di pace richiede un ampio consenso nazionale e questa legge prevede proprio questo".

Tuttavia secondo gli analisti politici questa mossa rappresenta un macigno giuridico che può solo complicare gli sforzi di pace, rendendo più difficile per qualsiasi governo israeliano, presente o futuro, l’attuazione di cambiamenti nella gestione di tutti quei territori occupati che Israele considera sottoposti alla propria sovranità.

Nel frattempo l'Autorità Palestinese in Cisgiordania ha condannato aspramente la mossa della destra israeliana. "Con il passaggio di questo disegno di legge, la leadership israeliana, ancora una volta, si fa beffe del diritto internazionale", ha affermato il negoziatore palestinese Saeb Erekat. "Mettere fine all'occupazione della nostra terra non è e non può essere dipendente da qualsiasi tipo di referendum."

Finora non è giunto nessun commento da parte della Siria, che perse le alture del Golan, ora sotto il controllo israeliano, nel corso della guerra del 1967.

* per Osservatorio Iraq