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E Weber scoprì il capitalista ascetico seguace di Calvino

di Danilo Taino - 24/11/2010




È in una delle sue crisi, frequenti ma finora mai mortali. È accusato dei grandi mali del mondo ma continua a strappare alla povertà milioni di persone. In molte regioni del pianeta, soprattutto in Asia, sta prendendo forme nuove. È forse una buona idea, dunque, tornare a pensare al capitalismo, alle sue caratteristiche, a quel che è ea come è nato. Oltre un secolo dopo la sua pubblicazione (iniziata nel 1904), L’etica protestante e lo spirito del capitalismo — l’opera di Max Weber che fu un punto di svolta nella sociologia e nella scienza politica — ha la capacità unica di chiarire le idee, di fissare punti essenziali nel rumore confuso di analisi, interpretazioni, previsioni, dichiarazioni di morte e di rinascita che riguardano l’organizzazione economica prevalente oggi.
Nel pensiero di Weber, il capitalismo non è la speculazione ma l’opposto. «La sete di lucro, l’aspirazione a guadagnare denaro più che sia possibile — scrive — non ha di per se stessa nulla in comune col capitalismo. Questa aspirazione si trova presso camerieri, medici, cocchieri, artisti, cocottes, impiegati corruttibili, soldati, banditi, presso i crociati, i frequentatori di bische, i mendicanti». Il desiderio di ricchezza c’è e c’è sempre stato. Ciò che cambia con il capitalismo è che la ricerca del profitto e dell’accumulazione non sono più speculazione e avventura, ma disciplina e scienza. La caratteristica fondante del capitalismo, quella che lo definisce, che lo rende diverso da tutte le forme economiche precedenti e che è tipica dell’Occidente per Weber è — come la spiegò il sociologo francese Raymond Aron — «l’impresa che lavora per l’accumulazione indefinita del capitale e che funziona secondo una razionalità burocratica». È l’incontro della ricerca del profitto con l’organizzazione razionale finalizzata non al breve termine, ma alla perpetuazione dell’accumulazione.
È questa razionalizzazione, non l’assalto alle risorse, la caratteristica del capitalismo di Max Weber, indifferente — qui sta una grande rottura con Marx — alla proprietà dei mezzi di produzione. Studiando i numeri e le statistiche storiche, le caratteristiche dell’etica religiosa soprattutto protestante (calvinista in particolare), confrontando il tutto con le organizzazioni socio-economiche di civiltà come quelle cinese, indiana, islamica, con il giudaismo primitivo, Weber stabilisce che questo incontro tra ricerca del profitto e razionalità è apparso una sola volta nella storia e solo in Occidente. E individua le corrispondenze tra lo spirito del protestantesimo e lo spirito del capitalismo.
La concezione calvinista del Dio onnipotente e misterioso che traccia il destino di tutti impedisce la nascita dei misticismi che hanno frenato lo sviluppo di altre civiltà. L’incertezza sui piani di Dio mette l’individuo in uno stato di angoscia tale da fargli cercare sulla terra la prova del destino di salvezza che spera gli abbia riservato il Signore. Il fatto che ognuno sia solo davanti a Dio è uno stato esistenziale formidabile per la crescita dell’individualismo. Se l’etica protestante impone di stare lontani dai beni terreni, dai lussi, e addirittura spinge a forme di vita ascetica, vorrà dire che il frutto del lavoro individuale non andrà sprecato ma in gran parte lasciato al lavoro stesso, reinvestito. Insomma, impresa individuale, risparmio, accumulazione: le base capitalistiche dello sviluppo dei mezzi di produzione.
Weber non ritiene che le sue teorie rovescino il materialismo storico marxista, che sostituiscano all’idea che l’economia produca e spieghi la religione la convinzione che la religione produca e spieghi l’economia. Nell’origine del capitalismo non vede causalità esclusive. «Tutte e due sono ugualmente possibili — scrive — ma con tutte e due si serve ugualmente poco alla verità storica se pretendono di essere non una preparazione ma una conclusione».
Non sempre, oggi, il capitalismo sembra quello spiegato da Weber. L’etica protestante non pare trionfare, a Wall Street come a Pechino vincono altre religioni. Ma proprio queste trasformazioni sono la caratteristica del passaggio storico che attraversiamo. Verso quale capitalismo siamo diretti? Senza Max Weber non riusciremo a capirlo.