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Rutelli e "Ritorno al (Fare) futuro"

di Ferdinando Menconi - 30/11/2010



Francesco Rutelli con un intervento su Fare Futuro Web scopre le carte e rivela quello che era chiaro a tutti: la rinascita del Grande Centro. Un terzo polo il cui motto potrebbe tranquillamente essere: trasformisti di tutto il mondo unitevi, visto che dovrebbe essere composto, oltre che da Casini, l’unico abbastanza lineare, da lui stesso e Fini, che di casacche ne hanno cambiate quanto nessun altro nel panorama politico italiano, ma vi ricordate gli infiammati confronti quando erano candidati a Sindaco di Roma?

Nessuna novità, però, nell’intervento di Rutelli: era palese a tutti che il piano fosse la creazione di un terzo polo, che lui ha l’ardire di chiamare “nuovo” quando è solo la riedizione del vecchio, con la partecipazione di chiunque condivida la linea politica dei poteri forti. Con la loro coalizione, magari estesa a Veltroni, non ci sarebbe nessun bisogno di governo tecnico Draghi-Montezemolo: il governo dei poteri forti e dei portavoce di Washington sarebbe politico, ma solo nominalmente.

Il futuro che vorrebbe fare la destra Mulino Bianco è solo una riedizione della politica fossilizzata al grande centro, grande centro di interessi verrebbe da precisare, in perfetto stile Prima Repubblica con leggero imbellettamento laico, anche se Fini non ha certo la statura, intellettuale e morale, di Spadolini. Non è, però, solo questa ipotesi di nuova DC che deve spaventare, c’è di peggio nell’intervento di Rutelli.

Solo il fatto che come esempio di “futuro” citi l’esperienza di Kadima (“Domani”), il partito nato dall’incontro tra Ariel Sharon e Shimon Peres in Israele, può già far capire come sarà orientata la politica estera italiana, e le “clamorose” novità di Wikileaks uscite al momento “giusto” su Putin e Berlusconi ne sono conferma.

Ma Rutelli riesce ad andare oltre, molto oltre, quando ci informa che il nuovo, si fa per dire, polo sposerà “il modello europeo dell’economia sociale di mercato, e i principi di una società competitiva, dinamica, libera, aperta”, cioè esattamente quello che ci ha portato all’attuale crisi. Bello il futuro che ci prospetta, a confronto anche la “vecchia” DC offrirebbe prospettive migliori: l’Europa di De Gasperi, infatti, voleva essere cosa ben diversa da quella che stiamo vivendo. 

Ma cosa aspettarsi da chi valuta il momento presente come: “una lunga, straordinaria fase storica mondiale di crescita del benessere e della longevità, di uscita dalla povertà per moltitudini di persone”, ma in che mondo vive Rutelli? Li legge i giornali? Ha sentito parlare di Grecia e Irlanda? Sbarcare da un barcone per cercare benessere in un’Europa sull’orlo del baratro non è “l’uscita dalla povertà per moltitudini”. Certo che sostenere questo e proporsi come alternativa credibile, non sembra molto convincente.

Eppure si pone, con i suoi sodali, come il “polo” che vorrebbe intercettare quel 40% di italiani che, secondo i sondaggi, paiono giustamente intenzionati a non votare: se questa è l’alternativa possiamo aspettarci una netta crescita del fronte del disgusto. O almeno lo speriamo, perché se gli italiani si bevono pure questa si meritano in pieno le sciagure presenti e quelle farefuture.

Rutelli pretende anche di sostenere che il suo polo, eterogeneo tanto quanto i poli esistenti, sia la via alternativa per andare oltre la destra e la sinistra, quando invece è ancora schiavo di quella logica, visto che vuole contrapporle il vecchio centro. Le nuove sintesi vanno trovate nelle estreme, il resto è solo minestra riscaldata.

Solo su una cosa Rutelli ha ragione: che il bipolarismo forzato, che però quando era incarnato da lui e Veltroni andava bene, abbia fallito, dimentica però che il centro ha fallito ancor prima e con gli effetti catastrofici che stiamo ancora subendo.  

Se questo è il dopo Berlusconi che ci aspetta ogni speranza di rinnovamento verso un “paese normale” è perduta, speriamo solo che nascano in fretta nuovi soggetti politici che escano dagli schemi dei poteri forti e siano realmente capaci di andare oltre la destra e la sinistra, proponendo qualcosa di realmente innovativo che sia in grado di aprire prospettive di futuro e non di ingabbiarlo in passato che ritorna.