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Il grande incendio dimostra che Israele non è pronto ad affrontare una guerra contro l'Iran

di Aluiff Benn - 05/12/2010



 

L’enorme incendio divampato sul monte Carmelo verrà ricordato come la Guerra dello Yom Kippur dei vigili del fuoco, i quali non erano preparati a fronteggiare un disastro di simile magnitudine.

Ieri abbiamo scoperto che Israele non è pronto per affrontare una guerra o un attacco terroristico di massa che provocherebbe molte vittime sul fronte interno. L’allarme lanciato dall’attuale capo dell’intelligence militare, Amos Yadlin, con cui si avvertiva che la prossima guerra sarebbe stata molto più difficile delle precedenti esperienze e che Tel Aviv si sarebbe trovata in prima linea, non è stato tradotto nella necessaria preparazione da parte delle autorità deputate alla protezione civile.

In simili circostanze, è meglio che Israele non si imbarchi in una guerra contro l’Iran, la quale comporterebbe il lancio di migliaia di missili contro il territorio nazionale.

Dopo la Seconda Guerra del Libano, che ha rivelato quanto sia patetico il nostro sistema di difesa civile, sono stati scritti rapporti e organizzate esercitazioni, ma tutto è crollato di fronte allo stress di una vera emergenza come quella del monte Carmelo, una zona che già in passato ha dovuto subire il trauma di essere bersagliata dai missili di Hezbollah.

Ieri Israele ha chiesto aiuto a Cipro e alla Grecia e le forze aeree sono andate in Francia per reperire il materiale antincendio che qui era esaurito. Ma in caso di guerra, è dubbio che Israele potrà contare sulla generosità e sulla collaborazione dei suoi vicini.

La responsabilità relativa al fronte interno è attualmente suddivisa fra tre ministeri: il Fronte di Comando Interno e l’Autorità per le Emergenze Nazionali, i quali rispondono al Ministero della Difesa; la polizia, che fa parte del Ministero di Pubblica Sicurezza; e il Corpo dei Vigili del Fuoco, per cui è competente il Ministero dell’Interno.

Il ministro dell’Interno Eli Yishai, che è responsabile dei pompieri, e il capo dei Vigili del Fuoco, Shimon Romah, ieri erano irreperibili. Ovviamente rischiano di perdere il posto a seguito di questo disastro.

Ogni ministero ha le proprie dinamiche burocratiche e i propri sistemi per reperire fondi destinati alle attrezzature e alle risorse umane. I pompieri sono in fondo alla lista e hanno lottato per anni affinché fossero loro garantite maggiori risorse.

Un anno fa i pompieri scesero in sciopero e avvertirono che il sistema è ben lontano dal possedere le capacità necessarie a proteggere la popolazione. Secondo le associazioni dei pompieri, gli standard internazionali richiedono la presenza di un vigile del fuoco ogni 1000 cittadini, ma in Israele il rapporto è di uno su 10.000. In più occasioni i pompieri hanno avvertito di non essere in grado di assumersi la responsabilità che viene loro affidata.

Un finanziamento autorizzato alcune settimane fa, doveva servire a porre fine alle polemiche innescate da un rapporto dello State Comptroller [l’organismo governativo israeliano che supervisiona le politiche e le operazioni el Governo, NdT] sulle condizioni in cui versano i reparti dei vigili del fuoco.

Nel passato, in circostanze similari, le organizzazioni in cui erano state riscontrate carenze sono state poi incentivate con l’erogazione di enormi risorse. E’ ciò che successe all’Intelligence Militare e all’aviazione in seguito ai loro fallimenti durante la Guerra dello Yom Kippur. Probabilmente accadrà la stessa cosa ai Vigili del Fuoco.

dal quotidiano israeliano Haaretz, 3 dicembre 2010

Traduzione di Gianluca Freda