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L’orto lascia il segno

di Camilla Minarelli - 14/12/2010



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Aumenta l’agricoltura urbana. Per le colture serve, però, una vera lotta all’inquinamento.
Potrebbe sembrare una contraddizione in termini, ma non lo è: l’agricoltura urbana sta diventando sempre di più una realtà concreta. Lo dimostra l’incontro che si è svolto ieri a Milano, presso la Facoltà di Agraria, organizzato da Libere Rape Metropolitane-Orto circuito la neonata rete degli orti, giardini e balconi metropolitani, per la promozione di un verde pubblico partecipato. Proprio con l’obiettivo di una diffusione sempre maggiore, è stata presentata la mappa degli orti cittadini, un progetto che i milanesi potranno arricchire e far crescere segnalando orti sui balconi e in strada, orti comunitari, orti che ancora non esistono (aree libere da reinventare).
 
Numerose le associazioni e i gruppi presenti che, accomunati dal desiderio di vivere una città diversa, si sono fatti promotori di attività e progetti per la riappropriazione del verde urbano: dagli orti sociali ai community garden, al fenomeno del guerrilla gardening. A dimostrazione del fatto città e campagna non sono più separate in maniera netta: durante gli ultimi 30 anni le città si sono espanse, dando vita, tra gli altri, a quello che viene definito contesto periurbano.
 
Ecco quindi nascere un movimento fatto di “ortisti, giardinieri, terrazze-balconisti” impegnati a trasformare l’ambiente cittadino, ad aumentare in qualche modo quella che è la disponibilità di verde per abitante, attualmente di 16,4 metri quadrati contro una media nazionale di 105,9. Come sottolinea Emina Cevro Vukovic di Lunedì sostenibili-Network for greener cities, «Milano è quasi al 90esimo posto in Italia per quantità di verde. Per una città il parametro del verde urbano è fondamentale: da questo dipendono non solo sostenibilità ambientale, ma anche relazioni sociali, educative, di integrazione». Gli orti ne rappresentano un esempio concreto in quanto spazi dalle molteplici funzioni: estetico-ornamentale, ecologica, sociale, didattica, produttiva. Peccato che ad oggi quelli di proprietà del comune, assegnati tramite bando, vengano riservati quasi esclusivamente alle persone al di sopra dei 60 anni, mentre i numerosi progetti in atto dimostrano che la funzione sociale e ricreativa degli orti interessa sempre di più tutte le fasce della popolazione, inclusi i giovani.
 
Altra nota dolente, la salubrità di queste coltivazioni urbane. Se è vero infatti che il verde cittadino porta un beneficio indiscusso in termini di riduzione dell’inquinamento e ossigenazione dell’aria, grazie alla capacità delle piante di assorbire gli inquinanti, non si può non considerare l’elevata esposizione di piante e terreno a varie tipologie di contaminanti, come metalli pesanti e altre tossine derivanti da attività domestiche, trasporti e industrie. Come conferma Stefano Bocchi, professore di Agronomia e coltivazioni erbacee presso la facoltà di Agraria di Milano, attualmente non ci sono sistemi strutturati per l’analisi chimico-organica della produzione orticola e frutticola cittadina. Meno auto, quindi, per un’insalata sana e a kmZero.