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Gli Usa hanno condizionato la giustizia tedesca nel caso El-Masri

di Andrea Bartoletti - 15/12/2010

 
 
   
Il 31 dicembre 2003 un cittadino tedesco di quarant'anni nato in Kuwait da genitori libanesi, Khaled El-Masri, mentre varca il confine con la Macedonia dove si sta recando in vacanza, viene arrestato dalla polizia di frontiera macedone, a causa della sua omonimia con un ricercato della rete di Al-Qaeda - questa almeno la versione ufficiale: si dirà poi che forse El-Masri appartiene ad un gruppo di opposizione libanese, ragione per cui avrebbe ottenuto asilo politico in Germania nel 1994.
La polizia macedone si rivolge alla base Cia in Macedonia e questa direttamente alla sede centrale dell'antiterrorismo di Langley, negli Usa. Il 23 gennaio 2004 un team di agenti dei gruppi speciali che si occupano di extraordinary rendition si recano a Skopje, capitale della Macedonia, prelevano il prigioniero e, dopo una breve sosta a Baghdad, lo conducono in una base in Afghanistan, dove procedono a maltrattamenti e torture di ogni tipo, pur senza essere in grado di formulare nessuna accusa.
Solo nell'aprile dello stesso anno, dopo un lungo sciopero della fame del detenuto e in assenza di qualsiasi elemento di prova contro di lui, la Cia è costretta a riconoscere l'errore ed El-Masri viene finalmente rilasciato il 28 di maggio, portato in Albania e qui abbandonato in mezzo ad una strada di periferia, senza alcun tipo di scusa o risarcimento. Le autorità tedesche, trattandosi di un cittadino tedesco, cominciano una lunga indagine sul rapimento, mentre associazioni umanitarie cercano di ottenere giustizia per El-Masri, senza risultato.
Scopriamo oggi dai cablogrammi di Wikileaks le enormi pressioni esercitate dalla diplomazia americana sulle autorità tedesche per circoscrivere l'episodio ed evitare che la giustizia tedesca riuscisse a fare piena luce sul gravissimo episodio di violazione dei più elementari diritti umani. Quando ad esempio il 31 gennaio 2007, Christian Schmidt-Sommerfeld, il magistrato della procura di Monaco che sta indagando, annuncia l'incriminazione di 13 uomini della Cia che sarebbero coinvolti nel rapimento, il 6 febbraio successivo il vice-capo missione dell'ambasciata americana a Berlino, John M. Koenig, insiste sul fatto che si debba spingere la Germania a "valutare attentamente in ogni fase della vicenda le implicazioni che il caso potrebbe avere nelle sue relazioni con gli Stati Uniti".
Ma non è la sola preoccupazione degli americani: essi temono ancor di più che le indagini in Germania si colleghino con quelle che vengono parallelamente svolte in Spagna da altri magistrati su altri casi di extraordinary rendition, come dimostra un cablogramma che parte dall'ambasciata di Madrid nello stesso gennaio 2007: "questo coordinamento fra investigatori indipendenti complicherà i nostri sforzi per gestire il caso a livello riservato fra governo e governo".
Un aspetto questo interessante anche per l'Italia, dato che anche nel nostro paese era in piedi nello stesso periodo un'inchiesta altrettanto delicata e clamorosa, quella sul rapimento dell'imam Abu Omar, per il momento conclusasi il 4 novembre 2009 con una sentenza di primo grado, che decide il non luogo a procedere per Mancini e Pollari, a causa della prolungata opposizione del segreto di Stato sia da parte del governo Prodi che di quello Berlusconi, e con la condanna a 8 anni di Robert Seldon Lady, capo-centro Cia di Milano, a 3 anni per Pio Pompa e Luciano Seno, entrambi funzionari del Sismi, e mediamente a 5 anni per altri 22 agenti CIA.
Oggi la questione sta suscitando nuova attenzione in Germania, anche se quanto emerge dalla corrispondenza diplomatica Usa prova semplicemente quel che già si sospettava da tempo sulle pressioni ad altissimo livello esercitate da parte americana. "Non sono affatto sorpreso", dice ad esempio Hans-Christian Ströbele, un parlamentare verde, "Viene confermato una volta di più il fatto che il governo americano ha ottenuto che il governo tedesco evitasse l'arresto degli agenti Cia".
Sarà interessante vedere se questa vicenda, che ha avuto conseguenze drammatiche sulla vita di El-Masri, che ne ha riportato seri danni psicologici e fisici, sarà o meno oggetto di domande al presidente della Commissione Europea Barroso durante il question time che il Parlamento Europeo dedicherà a Wikileaks ed alla "cyber sicurezza" il prossimo 14 dicembre a Strasburgo.