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Chávez respinge l'ambasciatore degli Stati Uniti

di Geraldina Colotti - 30/12/2010




«Se il governo americano vuole espellere il nostro ambasciatore, faccia pure. Se vuole rompere le relazioni diplomatiche, faccia pure». Nel corso di un discorso ufficiale diffuso dalla tv di stato VTV, il presidente venezuelano Hugo Chávez ha sfidato gli Stati uniti a rompere le relazioni diplomatiche, dopo il rifiuto opposto dal capo dello stato di Caracas di accettare la nomina del nuovo ambasciatore Usa, Larry Palmer. «Poiché abbiamo rifiutato di accettare la nomina di questo signore, il governo americano ci minaccia di ritorsioni. Potrà provare a fare quello che vuole, ma noi impediremo a questo signore di venire da noi», ha detto Chávez.

Per il presidente venezuelano, Palmer ha «mancato di rispetto» al governo di Caracas perché nel corso di una audizione al Senato di Washington per la sua abilitazione, ha sostenuto che il Venezuela dà rifugio ai guerriglieri colombiani delle Forze armate rivoluzionarie colombiane (Farc), che Cuba influenza l'esercito venezuelano, il cui morale è basso.
Un'altra scossa tellurica con epicentro Chávez, sempre nel mirino della diplomazia Usa, come hanno rivelato i documenti resi noti dal sito WikiLeaks. Chávez - dicono le relazioni Usa - non va considerato un «solo un caudillo, un pagliaccio», perché ha una sua precisa «e pericolosa» visione delle cose. Chávez vuole prendere il testimone di Fidel Castro, e al centro delle preoccupazioni Usa ci sono «le relazioni tra Cuba e Venezuela nel campo dell'intelligence», relazioni che «sono così strette» che le agenzie di spionaggio dei due paesi fanno a gara per «avere l'attenzione della Repubblica bolivariana».

E se le voci di una cooperazione Venezuela-Iran nel campo del nucleare appaiono a Washington «prive di fondamento», destano tuttavia preoccupazione i rapporti amichevoli fra Hugo Chávez e il suo omologo Nahmoud Ahmadi Nejad, che ha «come forza motrice il loro odio verso l'amministrazione americana».

Seguono articolate direttive e un «pacchetto di misure» per contrastare il pericolo Chávez e riprendere il controllo sull'ex «cortile di casa»: sfruttare le contraddizioni inter-regionali facendo leva sui governi amici; pilotare e finanziare il dissenso interno, soprattutto giovanile; acquisire informazioni su Chávez servendosi degli alleati di Washington. Un prontuario di ingerenze che si estende ai Caraibi o al Centroamerica, ma che ha al centro il Venezuela, che potrebbe conquistare «al progetto chavista» le frange più radicali dei governi progressisti come il Fronte Farabundo Marti in Salvador.

«L'impero è nudo» - ha affermato di recente Chávez invitando Hillary Clinton a «riprendersi le mandrie di spioni e di delinquenti del Dipartimento di stato. Le rivelazioni di WikiLeaks - ha detto il presidente venezuelano - confermano quali «immensi sforzi facciano gli Stati uniti per isolare la rivoluzione bolivariana».