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Ai miei studenti dico: meglio andarsene

di Giovanni Belardelli - 30/12/2010

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Cosa può dire, oggi, un professore universitario a un giovane che gli chieda consiglio su cosa fare una volta terminati gli studi? Se è laureato a pieni voti, se mostra curiosità intellettuale, se è animato da passione e interessi, dovrà forse suggerirgli —seppure a malincuore — di recarsi all'estero, di andar via da un Paese che a parole esalta la meritocrazia, ma lascia che ovunque si pratichi la più spregiudicata meritofobia, cioè la sistematica e capillare mortificazione del merito. Al di là degli eventuali, forse limitati, risvolti penali, la gravità della parentopoli che ha interessato la giunta Alemanno, e dunque il motivo per cui non dovremmo far calare la nostra attenzione su di essa, stanno appunto in questo: nel confermare come ormai in Italia chi perviene a una posizione di qualche potere si dedichi subito a trovare un posto a parenti, amici, portaborse, sodali d'ogni genere. Ciò che caratterizza la parentopoli romana è seminai l'aspetto, sgradevole ma in fondo marginale, della mancanza di misura, della voracità verrebbe da dire, di chi giunge nelle stanze del potere dopo esserne stato escluso per un tempo lunghissimo (quello in cui gli ex fascisti erano costretti a vivere ai margini della politica repubblicana). A Roma, evidentemente, il fenomeno delle assunzioni avvenute illegalmente o comunque in spregio a un principio di universalità sembra aver assunto dimensioni rilevanti anche perché il Comune controlla in tutto o in parte le società che gestiscono i trasporti, i rifiuti, la distribuzione di acqua ed energia elettrica Ma chi potrebbe negare che quel fenomeno permea da tempo tutta la società italiana, che le assunzioni che mortificano il merito e privilegiano le clientele hanno ormai la pervasività di un costume generale, che affonda le sue radici in una mentalità diffusa? Un costume e una mentalità che possono avvalersi di una paradossale giustificazione: in una società in cui a determinare tante assunzioni sono i collegamenti personali, le reti di patrona-ge, ha senso suggerire ai propri studenti, figli, amici di mandare una domanda o un curriculum come semplici sconosciuti? Utilizzare le proprie conoscenze e reti di influenza può così apparire il comportamento più razionale dal punto di vista del singolo attore sociale. ll guaio è, evidentemente, che l'insieme di questi comportamenti ha conseguenze devastanti sul futuro della società italiana: significa che collochiamo le persone sbagliate nel posto sbagliato, togliendo contemporaneamente a tanti giovani «capaci e meritevoli» ogni prospettiva e speranza. Perché è potuto accadere tutto questo? La spiegazione più diffusa fa riferimento al familismo italiano, soprattutto nella forma del familismo amorale che Edward G. Ban-field credette di riscontrare nel Mezzogiorno d'Italia negli anni 5o. È una spiegazione discutibile e insufficiente. Non solo perché la famiglia e il familismo, come decenni di rapporti Censis ci hanno insegnato, in Italia hanno rappresentato anche una decisiva risorsa economica e sociale (le imprese familiari, il welfare familiare, ecc.). Ma anche perché il riferimento a una sorta di carattere nazionale (familista, appunto) induce a sottovalutare quel che è successo nei decenni passati, in particolare quel fattore decisivo che fu la grande espansione della spesa pubblica e, con essa, del numero di posti nella disponibilità della politica e dei partiti; di partiti in cui le vecchie identità andavano scomparendo trasformandoli in grandi macchine di potere e di controllo del mercato del lavoro. Anche per questo il fenomeno delle assunzioni clientelari presenta un carattere sostanzialmente bipartisan, sul quale a sinistra si tende un po' troppo a sorvolare, forse perché poche cose come questo carattere bipartisan tendono a invalidare il mito al quale tanta parte della sinistra stessa si è aggrappata in questi anni, quello di rappresentare, essa e solo essa, l'Italia onesta e migliore. Questo carattere bipartisan della grande parentopoli italiana (più che soltanto romana) è ben esemplificato dal fatto che. al caso del caposcorta del sindaco Alemanno (il cui figlio e la cui figlia sono stati assunti da aziende dipendenti dal Comune) corrisponda il caso dell'ex caposcorta dell'allora sindaco Veltroni, il cui figlio venne assunto dall'Atac. Una singolare corrispondenza che ci dice anche qualcos'altro: indica come uno dei motivi per cui le pratiche contro il merito sono così diffuse e accettate (così fan tutti, si è sentito ripetere in tante dichiarazioni delle ultime settimane) abbia a che fare con un loro carattere apparentemente e obliquamente «democratico», con il fatto che attraverso di esse non solo il potente di turno ma anche un caposcorta, un usciere, una segretaria può forse ottenere un lavoro per i propri congiunti. A danno, certo, dei figli di altri caposcorta, uscieri, segretarie che non hanno le conoscenze «giuste».