Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / L'inquinamento del paesaggio

L'inquinamento del paesaggio

di Salvatore Settis - 20/01/2011


 
"
La gravità crescente dello stress psicofisico innescato dalla violenza al paesaggio, dalla bellezza distrutta e dal brutale consumo del suolo non ha ancora ricevuto l'attenzione che merita.[...]. Siamo diventati sempre più sensibili a tutte le forme di inquinamento ambientale, dall'amianto ai rifiuti, alle acque contaminate; eppure tendiamo a sottovalutare altre aggressioni alla nostra vita quotidiana, come l'inquinamento acustico e quello visivo. Ma le patologie psicofisiche innescate dal crescente degrado dell'ambiente e dalle brutali trasformazioni del paesaggio ricadono a pieno titolo fra quelle che la comunità di cui facciamo parte ha il dovere di riconoscere e prevenire, come prescritto dall'art. 32 della Costituzione [...]. Le esigenze di tutela dell'ambiente sotto il profilo igienico sanitario e di difesa della salute della popolazione, richiamate dalla legge che istituì il Servizio sanitario nazionale vanno intese, come è sempre più chiaro, in senso estensivo, che includa la sofferenza e il disagio provocati dalle violenze al paesaggio in cui individui e gruppi sociali si identificano, da cui traggono (o dovrebbero trarre) identità e forza.
Il paesaggio fisico che ci circonda corrisponde infatti a una geografia mentale, la cui familiarità ci conforta e ci incoraggia almeno quanto può farlo, quando c'è, una serena memoria e coscienza di sè, della propria vita. La distruzione dei suoi valori produce disorientamento, frantuma antiche familiarità, innesca meccanismi di ansia e di ripulsa, fa di ogni cittadino un disadattato.
Le irresponsabili mutazioni dell'ambiente e del paesaggio non innescano solo un ampio arco di patologie psicofische, generano anche una diffusa patologia sociale.
Prima di tutto accentuano le disuguaglianze, perchè colpiscono in modo assai più grave famiglie e cittadini meno abbienti, costretti da spietati meccanismi di mercato ad abitare in case sempre più piccole e infelici, in periferie senza carattere  e senza verde, spesso drammaticamente lontane dai luoghi di lavoro e con trasporti inadeguati, quasi sempre prove degli spazi di relazione che per molti secoli hanno costituito il cuore e il vanto delle aggregazioni urbane in Italia. Non meno importante è quello che un sociologo olandese, kees Keizer, ha chiamato la diffusione del disordine. Chi vive in un quartiere brutto, sporco, mal tenuto, nel quale non riconosce nulla dei propri orizzonti interiori, nientein cui identificarsi, tende a violare ogni norma e ogni legge. Al deterioramento dell'ambiente urbano si aggiunge così il degrado provocato dai singoli, che può essere innescato da un'inconsapevole rabbia contro la propria forzata emarginazione [....].
Questi riflessi condizionati da un ambiente devastato sono l'esatto opposto del gesto amoroso del contadino, che passando da un viottolo non suo rimette a posto la pietra che stava cadendo da un muretto a secco
".
 
da: Salvatore Settis, PAESAGGIO COSTITUZIONE CEMENTO, Einaudi 2010.