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E adesso basta: l'uomo in rivolta ha un manifesto

di Alberto Pezzini - 07/02/2011


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Simone Perotti ha chiuso il cerchio che aveva aperto col precedente pamphlet Adesso basta con Avanti tutta (edizioni "chiarelettere", pp. 208, € 14,00). Ha infatti ideato e messo in pratica in Italia il downshifting, la tecnica di vivere un'esistenza più umana scalando le marce, ossia prendendosela calma. È difficile vivere tutti i giorni la stessa vita, soprattutto se si parte dal presupposto che sia sbagliata. Perotti, che oggi vive in Val di Vara in provincia di La Spezia, ha deciso tra 2007 e 2008 di lasciare la sua vita privilegiata di manager giramondo. E ha immediatamente rinunciato a un sacco di "benefit", addirittura anche al salto di carriera che - secondo quanto si insegna - dovrebbe materializzarsi oltre i quarant'anni. Nella sua agenda aveva circa 400 numeri di scrittori e giornalisti e così ha provato a scrivere. Il pallino c'era, eccome. Siccome poi di sola carta stampata non si vive - almeno del tutto - ha cominciato a fare tutti i lavori - non esclusi i più umili - dove ci vogliono le mani e un po' di voglia di fare da soli. Certo il sapere andar per mare e da skipper - che non costa poco - lo ha aiutato parecchio nella vita. Anche quella passione lì, però, l'aveva coltivata a dovere prima di virare. Prima di ritrovarsi, finalmente, sui vestiti la voglia di cambiare che cova sotto la pelle di ciascuno come lava pronta a esplodere.

In questo nuovo libro Perotti lo dice chiaro, forte dei risultati di ritorno che Adesso basta gli ha procurato. Prima pensava che arrivassero le donne al concetto, perché fisiologicamente più portate al cambiamento:sono loro, ad esempio, più determinate e feroci quando si tratta di troncare una relazione amorosa diventata inutile. Invece i primi a registrare la voglia di cambiare a tutti i costi una vita forse bruciata troppo in fretta come una falena alla luce sono stati gli uomini, i quarantenni di oggi. Tutti stanchi, depressi da una vita seriale, ritmica quanto si vuole, adrenalinica al massimo, ma veramente povera (se ci pensate) in termini di contenuti. Perotti, nei suoi saggi specialistici (ormai possiamo chiamarli così) parte sempre da un'analisi di tipo domestico - familiare:nel senso che il suo cavallo di battaglia è la capacità di vivere - dell'uomo in generale - con circa ottocento euro al mese. È semplice - dice lui - se cominciamo a metterci i pantaloni comprati quattro anni fa e cuciniamo bene (noi stessi) alimenti acquistati con una certa scelta. Ci vuole tempo, direte, per fare questo. Vero, ma almeno perderemmo subito la sindrome del sabato del villaggio. Qui la discussione si fa accesa ma non si può non dargli ragione. Simone Perotti parla da "ex manager" che conosce davvero toppo bene i meccanismi del cosiddetto "lavoro inurbato", quello che si divora all'interno delle varie metropoli: si attende sempre il venerdì come se fosse una liberazione dalla schiavitù, una fuga dai blocchi imperitura. Invece dura solo due giorni, ed alla domenica sera la senti ancora più pesante, giallastra come il cielo d'Egitto in questi giorni. Il concetto è che non si può vivere al traino del lavoro - che spazza via tutto come cera abrasiva anzi come la lava di Pompei - e pensare di poter vivere soltanto in quei due giorni alla settimana.

La stessa sensazione di libertà "provvisoria" la proviamo durante le vacanze di natale, in quelle estive, e via di seguito. Uno dice: ma non si può non lavorare. Vero, ma il messaggio di Perotti non è quello di un neopauperismo basato sullo stare con le mani in mano. È lavorare forse ancora di più, ma facendo ciò che si ama. Sii e diventa ciò che sei, come dicono sempre nei film dove si esalta il valore uomo al massimo. È che - oggi - ci dimentichiamo di quanto sia corta la miccia. Usare il tempo, bisogna, perché ogni giorno muore. E noi lo usiamo sempre come se fosse sabbia da buttare oppure da ritrovare dietro l'angolo. Non c'è mai un sempre nella nostra vita. Lo dice chiaro anche lui: «Penso spesso una cosa, che mi pare emblematica: posso morire. Sarebbe un peccato, certo, ma questi ultimi anni di libertà sono valsi il viaggio. E così ho anche meno paura della fine». Simone Perotti, che evidentemente un certo coraggio l'ha usato per compiere una scelta dove ci voleva anche un'anima d'alfiere in campo di battaglia, ha avuto la forza di uscire dal mucchio: quello di melassa, dove ci dibattiamo, dove prendiamo tutti i santi giorni le frustate, ma poi abbiamo paura di uscirne per non prenderle più. Tante le critiche, al riguardo: una fra tutte, la più imperiosa, è che se perdo il mio lavoro e la collocazione sociologica correlativa, non sono più nessuno, rischio di diventare invisibile. Il suggerimento migliore è l'opposto: in tanta serialità, dove tutti devono sforzarsi di apparire, chi scala e decide di scendere diventa per assurdo più visibile degli altri. Conquista cioè il podio di una identità nuova, veramente unica, chiarificatrice.