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Il silenzio é d'oro: Bernard Henri-Levy

di Gilad Atzmon - 07/02/2011

 


 
 

 

 

Cos’è che rende una persona un filosofo? Probabilmente, la capacità di andare all’essenza delle cose, esaltando allo stesso tempo l’amore per la saggezza (philo-sophos). Ma Bernard Henri-Levy, pur presentandosi come filosofo francese, appare privo di questa elementare capacità. A differenza di un vero filosofo, Levy si produce in infinite piroette, tipiche di un agente dell’Hasbara.


Qualche giorno fa lo Huffington Post ha dato spazio al presunto “filosofo” Levy.


Levy non approva la campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimenti, Sanzioni) contro Israele. Sostiene che essa è “antidemocratica”. Mi aspettavo da Levy un’eloquente difesa della “libertà di parola” e dei diritti umani, ma l’”intellettuale” sionista mi ha miserevolmente deluso. Levy si è invece ispirato al ben rodato schema giudeocentrico del sionismo per diffondere idee decotte che, messe tutte insieme, non riescono a definire un solo argomento valido. Anzi, in molti casi, i rantoli di Levy si rivelano pateticamente controproducenti per la sua stessa causa.


“Prima di tutto”, ha detto, “si boicottano i regimi totalitari, non le democrazie…Si può boicottare il Sudan, colpevole dello sterminio di parte della popolazione del Darfur. Si può boicottare la Cina, colpevole di massicce violazioni dei diritti umani, in Tibet e altrove”.


Per qualche bizzarra ragione, Levy sembra convinto che il suo adorato stato-per-soli-ebrei sia una “democrazia esemplare”. “Non si boicotta l’unico stato del Medio Oriente in cui gli arabi possono leggere una stampa libera, manifestare quando lo desiderano, mandare in parlamento rappresentanti liberamente eletti e godere dei propri diritti di cittadini”, afferma Levy.


Immagino che Levy non sappia o finga di non sapere che nella “democrazia per soli ebrei” le leggi hanno carattere razziale. La Legge del Ritorno, ad esempio, si applica agli ebrei e solo agli ebrei. Levy dovrebbe anche informarsi sul caso di Azmi Bishara, membro della Knesset, il quale sta rischiando la pelle per avere affermato che Israele dovrebbe trasformarsi in uno “stato dei cittadini”, fondato sull’eguaglianza.


Ma in realtà c’è molto di più: le argomentazioni di Levy sono totalmente inconsistenti e controproducenti per la causa sionista. Sono proprio le democrazie, più ancora che le dittature, che dovrebbero essere bersaglio di boicottaggi umanitari; è nelle democrazie che un popolo si rende complice dei crimini del proprio governo. Dobbiamo boicottare Israele perché nello stato ebraico ogni cittadino è colpevole dei crimini di guerra perpetrati dal governo democraticamente eletto. Dobbiamo boicottare Israele perché il 94% della sua popolazione ebraica ha approvato le tattiche genocide utilizzate dall’IDF durante l’Operazione Piombo Fuso. Dobbiamo boicottare Israele perché le sue politiche terroristiche sono il riflesso della volontà dell’opinione pubblica, come dimostrano i sondaggi e le democratiche elezioni.


Secondo Levy, in una democrazia gli elettori hanno il potere di sanzionare, modificare e invertire le posizioni del proprio governo. Sarebbe fantastico se Levy potesse illuminarci e suggerirci in che modo, esattamente, la democrazia-per-soli-ebrei stia facendo progressi verso l’accettazione di diritti universali per tutta la popolazione.


Come tutti gli agenti dell’Hasbara, Levy è indignato dal tentativo di delegittimare Israele, ma il filosofo che è in lui non riesce a spiegarci cosa esattamente ci sia di sbagliato nel delegittimare una collettività omicida e razzista. Mi chiedo anche cosa ci sia di così inaccettabile nel delegittimare uno stato che è illegittimo fin dall’inizio.


Levy non approva gli entusiasmi per lo “stato unico”. Preferisce di gran lunga dividere il paese in due stati. Qualcuno dovrebbe ricordare a questo demente che Israele è già uno stato unico, situato tra un fiume ed il mare. Coloro che sostengono l’idea dello stato unico non sono affatto dei radicali. Sono persone con i piedi per terra. Accettano il fatto che Israele è già uno stato unico, con un solo prefisso telefonico internazionale, con una sola rete elettrica e con un unico sistema fognario. Tuttavia, i sostenitori dello stato unico capiscono anche che lo stato unico di Israele è dominato dal razzismo talmudico degli ebrei, di gran lunga più perverso dell’ideologia nazista. I sostenitori dello stato unico capiscono anche che quando l’ideologia razzista degli ebrei verrà sconfitta, questo stato unico tra un fiume ed il mare sarà la Palestina.


Levy è furioso con il sostenitore dello stato unico Ali Abunimah, cofondatore di Electronic Intifada, il quale, a suo avviso, “non esita a paragonare Israele alla Germania nazista”. Sarebbe di una certa utilità che il “filosofo” Levy fosse così gentile da spiegarci, una volta per tutte, cosa c’è di così sbagliato nel paragonare lo stato-per-soli ebrei allo stato-per-soli-ariani, più noto come Germania nazista.


Verso la fine del suo articolo sull’Huffington Post, Levy se ne esce con qualcosa che potrebbe quasi sembrare un’argomentazione. Secondo Levy, l’Occidente dovrebbe sperare di “essere liberato dal proprio passato criminale”. Sarebbe utile e produttivo che Levy e altri sionisti come lui si rendessero conto che è proprio il problematico passato dell’Occidente che dà forma alle nostre critiche verso il presente omicida di Israele. E’ il nostro tormentoso passato che ci rende nemici del razzismo di Israele.


E’ da tempo che desidero leggere un articolo di un “intellettuale” sionista in difesa di Israele. Levy, ovviamente, ha fallito. In ogni caso, ammetto che anch’io, come Levy, nutro qualche riserva riguardo al movimento BDS; ad esempio, penso che se la richiesta di boicottare gli accademici israeliani è valida, si dovrebbero però boicottare anche tutti quegli accademici e intellettuali che sostengono nel mondo le politiche di Israele e del sionismo, perché Israele è razzista fino alle ossa e il razzismo deve essere combattuto. Se il movimento BDS vuole essere una cosa seria, allora deve fare un passo ulteriore e chiedere di boicottare anche Levy, Alan Dershowitz, David Hirsch e molti altri.

 

Da un lato, una mossa del genere dimostrerebbe l’integrità del movimento BDS. Dall’altro, quale sostenitore della libertà di parola, io desidero in realtà che Dershowitz, Hirsch e Levy possano dire tutto ciò che pensano. Penso che costoro, al pari di Mark Regev, siano i migliori illustratori possibili della morbosità tribale del sionismo.

 

dal sito Gilad.co.uk

Traduzione di Gianluca Freda