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Il potere nella rete

di Claudio Risé - 07/02/2011


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Sarà Internet a ridare la libertà al Nord Africa, rovesciandone i regimi autoritari e i loro capi?
Molti pensano che i movimenti di rivolta che agitano la regione trovino proprio nella rete, oltre che negli sms lanciati dai cellulari, lo strumento perfetto per passare messaggi, convocazioni, avvertimenti; raggiungendo i destinatari in tempo reale e impedendo alle lente burocrazie della repressione (polizia, esercito, servizi segreti), una risposta efficace. È così, ma non è tutto.
Internet è certo usato dai ribelli, ma non è di sicuro sconosciuto ai gruppi integralisti del fondamentalismo islamico, come risulta dalla storia del terrorismo dal 2000 in poi. I capi terroristi hanno per solito una formazione scolastica e culturale perfettamente aggiornata, spesso compiuta in Occidente. Dopo un’iniziale perplessità, hanno rapidamente colto l’enorme aiuto che Internet può dare agli atti di ribellione (infatti l’hanno usato nell’organizzare sia i gruppi che gli attentati), ma, ancor di più, alla loro repressione.
La rete, infatti, è uno straordinario strumento di contatto, informazione, e collegamento, capace di scavalcare come mai era stato possibile distanze enormi e barriere geografiche e politiche.
Internet arriva ben oltre la voce dei muezzin, e il suo ruolo nel cercare di costituire, forse per la prima volta, una sia pur variegata unità nel mondo islamico, collegando comunità sparse in ogni continente, è stato enorme.
Tuttavia la rete non è più, ormai, solo uno strumento di contatto, e di diffusione delle proprie idee. Il web è infatti diventato, nel corso del tempo, anche una sorta di gigantesco database universale, che vede e ricorda in tempo reale l’identità e le attività di masse sempre più estese di persone, la cui vita, i cui movimenti e attività, ed anche le cui idee si possono ricostruire con pochi click.
Questo sterminato materiale di controllo, che nessun servizio segreto ha mai avuto, non potrà essere distrutto da nessuna rivolta o colpo di Stato: i grandi motori di ricerca o le grande agenzie di informazione, possono sempre radunarlo attraverso le banche dati di aziende, Stati, ospedali, scuole, ricostruendo così i movimenti, le idee, e per certi versi i progetti, di qualsiasi individuo e gruppo.
Lo psicoterapeuta canadese che aveva descritto su una rivista scientifica un’esperienza con l’LSD fatta 40 anni prima, e che fermato per un controllo alla frontiera americana, si vide contestare dalla polizia l’episodio (il web aveva registrato l’articolo), e da allora inibire l’ingresso negli Usa, è solo un caso tra infiniti altri (lo racconta Viktor Mayer-Schonberger in: Delete. Princeton University Press).
Google conserva nelle sue memorie ogni richiesta di ricerca che gli viene fatta (e ne riceve un miliardo al giorno). “Negli Usa agenzie commerciali offrono dossier su milioni di persone, con più di mille dati per ognuno”. Lo stesso capo di Google, Eric Schmidt, in un’intervista a Friedman, giornalista del New York Times, ha notato che in tempo di Internet le persone devono diventare “molto più attente a come parlano, come interagiscono, e a cosa offrono di sé” agli altri.
In un Paese democratico, come gli Stati Uniti, i rischi (come dimostra il caso dello psicoterapeuta, e gli altri citati nel libro), sono più limitati, anche se non irrilevanti. Ma una dittatura può fare molto di più, sia nello schedare i sudditi che nel dissuaderli a interferire con un potere che sa tutto di loro.
Chissà se Internet aiuterà a rovesciare gli attuali dittatori. Di sicuro potrebbe aiutare i loro successori a schiacciare ogni opposizione.