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Egitto in fiamme e il gasdotto esploso nel Sinai

di Magdy Abd El Aziz - Enrico Oliari - 07/02/2011

Fonte: italiasociale



Continua la rivolta del popolo egiziano contro il presidente-dittatore Hosni Mubarak, il quale guida il paese nordafricano ininterrottamente dal 14 ottobre 1981. Gli scontri di piazza, che seguono l’onda delle proteste che in Tunisia hanno portato alla cacciata di Ben Alì, hanno già visto decine di morti e centinaia di feriti e suonano come la ribellione ad un sistema amministrativo che si è cronicizzato in un divario crescente fra i pochi ricchi, sempre più ricchi, e i molti poveri, sempre più poveri. Il reddito medio pro capite del paese si colloca al 116° posto con meno di 4.500 euro all’anno, in realtà distribuito in modo non omogeneo, tanto che da Alessandria a Berenice il grido è uno solo: “pane e libertà”.

Per capire meglio la situazione, ItaliaSociale ha intervistato Magdy Abd El Aziz, egiziano di Tanta e conoscitore della politica interna, il quale ha spiegato che- il primo aspetto che emerge dalla protesta è l’assoluta spontaneità, tanto che, come è successo in Tunisia, la rivolta è partita dai giovani utenti di internet e dei social network e poi si è allargata al resto della popolazioneIl fatto è che le ingiustizie sociali e la corruzione delle istituzioni hanno raggiunto livelli macroscopici, ormai insostenibili. Si pensi che Mubarak e il suo apparato sono a capo dell’Egitto da più di trent’anni, nonostante il loro sia un ‘governo d’emergenza’. Teoricamente la Costituzione prevede un sistema semi-presidenziale e multi-partitico, ma in realtà il Partito Nazionale Democratico ha governato fino ad ora come vi fosse un monocolore:  solo a tre giorni dall’inizio degli scontri, il 29 gennaio, Ahmad ‘Ezz si è dimesso dall’incarico di segretario generale del PND, mentre è notizia di poco fa delle dimissioni di Mubarak da presidente del partito.

L’Egitto conta quasi ottanta milioni di abitanti: come ha fatto Mubarak a rimanere al governo per così tanto tempo?

-Vi sono due aspetti alla base della durata al potere di Mubarak, ovvero il fatto che egli stesso si è voluto circondare di personaggi del mondo politico ed economico che gli sono sempre stati fedeli in quanto, grazie a lui, si sono potuti arricchire spropositatamente e il fatto che fino ad oggi Hosni Mubarak è stato una pedina nelle mani degli Stati Uniti e di Israele.

Perché è venuta meno la fiducia degli USA?

-Obama, che come ha ben spiegato in questi giorni Al Jazeera, è piuttosto adirato per il fatto che i suoi servizi segreti non sono stati in grado di prevedere quanto sta accadendo lungo tutto in Nord Africa, sa benissimo che Mubarak non è più in grado di offrire nulla di interessante ne’ agli USA, ne’ ad Israele. Ad esempio, proprio oggi (il 5 febbraio, ndr) è stato fatta saltare la conduttura che porta gli approvvigionamenti di gas a Israele attraverso il Sinai. Subito i media dell’Occidente hanno parlato di ‘attacco terroristico’, ma in realtà le cose stanno diversamente: grazie a Mubarak, Israele pagava il gas egiziano 164 milioni di dollari all’anno, quando il valore di mercato supera i 3 miliardi di dollari.

Vi è poi un altro aspetto: Barak Obama parla di ‘pregare per la pace in Egitto’, ma tutti sanno che gli USA non possono permettersi di lasciarsi scappare il controllo su un’area che si colloca nel cuore del mondo arabo, ai confini con Israele. E’ ovvio infatti che se il potere passa al popolo, esso diviene, per gli USA, del tutto incontrollabile.

Israele inoltre teme più di tutto che saltino gli accordi di Camp David del 1978, specialmente la parte riguardante la Penisola del Sinai. Si pensi, ad esempio, a che fine potrebbe fare il muro d’acciaio che scende fino a 20 – 30 metri di profondità voluto da Israele e dallo stesso Egitto per contrastare i traffici sotterranei verso la Striscia di Gaza: si trova in territorio egiziano!

In piazza vi sono i ‘Fratelli musulmani’, in odore di fondamentalismo…

No, i ‘Fratelli musulmani’ non sono in odore di fondamentalismo e non c’entrano nulla con Al Qaeda. Vi sono loro, ma vi è la gente comune, stanca di essere soggiogata ad una classe dirigente corrotta e che per di più svende le risorse del paese. Vi è anche chi non ha interesse per la politica e vi sono pure cristiani copti.

Tuttavia la protesta ha conosciuto eccessi come l’assalto al Museo del Cairo…

-L’assalto al Museo del Cairo non è stato fatto dagli oppositori di Mubarak, bensì è stato organizzato dai sostenitori del governo. Si tratta di uno dei simboli dell’Egitto e difatti il duplice intento di Mubarak era quello di indirizzare l’opinione pubblica internazionale contro gli insorti e di tenere alta la tensione. In realtà le proteste sono partite in modo assolutamente pacifico, mentre la reazione del governo ha oltrepassato il limite della non osservanza dei diritti umani.

Si riferisce ai cecchini che dai palazzi sparavano sulla folla?

-Mi riferisco a quello, come pure ai veri e propri assalti mossi contro la folla. Il primo febbraio, ad esempio, circa 200 persone che montavano cavalli e cammelli hanno assalito con fruste, bastoni e spade, circa 30.000 manifestanti pacifici in piazza. Cavalli e cammelli sono ad uso dei turisti a ben 18 km. dal Cairo e, nonostante questo, gli assalitori si sono avvicinati a quella piazza in modo del tutto indisturbato. Una sessantina di loro sono stati atterrati e si è scoperto che si trattava di poliziotti e di carcerati i quali, dietro la minaccia del linciaggio, hanno confessato di aver ricevuto dal governo circa 50 euro per prendere parte a quella spedizione. Con l’intento di non far conoscere all’opinione pubblica mondiale la reazione del governo alla piazza è stato causato un blackout di internet e delle comunicazioni e proprio oggi è stato arrestato il direttore della sede del Cairo di Al Jazeera, tv che, a differenza di quelle occidentali, non si è fatta scrupoli nel raccontare le cose come stanno.

Mubarak dice di non volersi più ricandidare, ma intanto non cede il potere…

-Il presidente Mubarak continua a ribadire di voler restare almeno fino a conclusione delle proteste, in modo di garantire stabilità al paese, tuttavia sarebbe meglio che se ne andasse già da ora, perché è proprio lui la causa della situazione instabile. Lui e la sua famiglia si sono arricchiti enormemente alle spalle degli egiziani e più passa il tempo, più c’è la possibilità che documenti che scottano e fortune economiche vengano fatte sparire. In Egitto Mubarak ha sempre fatto quello che ha voluto, compreso il cambiare la Costituzione che, altrimenti, avrebbe limitato i suoi mandati. Il popolo chiede il rispetto degli articoli 63 e 88 della Costituzione, con i quali Mubarak e i suoi potrebbero essere fermati e processati proprio per crimini contro l’umanità.