Notizie contraddittorie dalla «galassia adolescenti». Una minoranza in via di irrobustimento torna a studiare bene, impara le lingue, viene ammessa in prestigiose università internazionali. La grande maggioranza, però, fatica a fare qualsiasi cosa, arranca, e non è felice. Questo disagio arriva purtroppo a gesti tragicamente assurdi, come il suicidio di Domenika, 17 anni, che temeva di ingrassare, o il colpo in pancia che si è sparato un sedicenne salentino dopo il divieto di playstation.
È necessario chiederci il perché di questi gesti insensati, cercare di individuare le forme di questo disagio, di cosa è fatto, per poter aiutare questi ragazzi.
Il primo elemento che salta agli occhi è la banalità dei fatti che li spingono a farsi male, a volte uccidersi. Una pagella brutta (o meno bella di quanto la mamma voleva, come qualche settimana fa, a Milano), un ragazzo che ti lascia, il videogioco negato, un chilo in più, un pettegolezzo antipatico. E la vita diventa a rischio, o viene buttata come uno straccio usato.
Il livello di sopportazione della fatica, della difficoltà, in questi ragazzi è ormai sceso vicino allo zero. Ed insieme è precipitato il valore da essi attribuito alla vita, qui ed ora.
«Paradiso arrivo, finalmente è venerdì», ha scritto sulla sua pagina su Facebook Domenika prima di impiccarsi. Questo desiderio di liberazione dal corpo deve farci riflettere. Così come il colpo in pancia sparatosi dal sedicenne salentino.
La pancia, coi visceri, è il luogo delle emozioni profonde; è lì che nasce la sensazione di benessere, o il dolore. Spararsi lì esprime un malessere profondo, primario, un rifiuto della vita più pieno della pistola alla tempia.
Il rifiuto del corpo è protagonista in questi suicidi spietatamente eseguiti, o tentati. Come del resto conferma, nelle ragazze, la diffusione dell’anoressia, presente anche nella vicenda di Domenika. La fantasia della persona anoressica è quella di uscire dal corpo, di renderlo sempre più esile, una pura forma, un segno, di escarnarsi, lasciare la carne considerata orribile, impura e puzzolente. Nel Paradiso non c’è corpo.
Sui blog della costellazione anoressica le espressioni usate contro il corpo e la carne battono in crudezza e violenza gli aspetti più inquietanti delle varie sette spiritualiste che hanno attraversato la storia delle diverse religioni.
Abbassamento del livello di tolleranza al dolore, e rifiuto del corpo sono fenomeni legati nella formazione della personalità. È infatti attraverso l’educazione (fisica, cognitiva e spirituale) del corpo, che noi impariamo a dare un senso al dolore e diventiamo capaci di sopportarlo.
Nell’attuale sistema educativo il corpo ha perso qualsiasi importanza (spesso non si fa neppure più ginnastica, le palestre non vengono tenute in funzione), e, anche nella testa degli insegnanti, non è più collegato alla personalità, al sapere. Non ci ricordiamo più del fatto che tutte le principali informazioni sulla vita ci vengono dai sensi del corpo, che la mente poi riceve e organizza.
Il corpo è diventato «immagine», e non è più gestito da famiglia e scuola, ma dai media, che lo usano come veicolo pubblicitario. Una bellezza astratta, fatta di pixel e non incarnata, diventa contemporaneamente il massimo ideale e la sicura fonte di frustrazione, proprio perché irraggiungibile.
Dal punto di vista psicologico qui siamo già nel delirio, in quanto completamente fuori dalla realtà della vita quotidiana, che è, appunto, corporea, e non virtuale. Però nessuno lo dichiara. Spesso a partire dagli psicologi scolastici, che a volte non lo sanno neppure.