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Dal duce a Lenin, Angelica Balabanoff

di Bruno Gravagnuolo - 06/03/2011


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Libertaria senza compromessi Così era la rivoluzionaria venuta dall’Ucraina che, in nome dei suoi principi, finì per mettersi al servizio dei despoti. Dal 1880 al 1965 una vita straordinaria. Una biografia ce la narra


Destino tragico e paradossale quello di Angelica Balabanov, la rivoluzionaria ucraina figlia di un ricco proprietario terriero ebreo, fuggita da Cernigov giovanissima alla ricerca di sé, e divenuta un’icona del socialismo rivoluzionario europeo a cavallo dei due secoli. Una vicenda che Amedeo La Mattina, giornalista de la Stampa ci racconta con rigore e minuzia esemplari nel suo Mai sono stata tranquilla. La vita di Angelica Balabanoff. La donna che ruppe con Mussolini e Lenin (Einaudi, pp. 314, euro 20). E il senso amaro di quel destino sta proprio in questo: aver creduto nei despoti nel segno di un’utopia libertaria e senza compromessi. Per poi restarne delusa e tradita, fino a consegnare quella sua utopia a ciò che da giovane massimamente detestava: il riformismo ministeriale (quello di Saragat). Maledicendo inerme e dimenticata quell’epilogo finale, pur senza nulla rinnegare delle sue scelte (a parte l’invocazione struggente in punto di morte alla madre dalla quale s’era strappata per vivere la sua vita).
DALL’OTTOBRE A SARAGAT
E però tra la sua nascita in Ucraina attorno al 1880 e la sua morte solitaria a Roma nel 1965 si consuma una vicenda straordinaria. Quella che ci racconta con finezza La Mattina. E dentro ci sono il socialismo nascente in Europa, le origini del fascismo, l’Ottobre 1917, e poi il fascismo la guerra, l’antifascismo. E un corteo di donne eccezionali che furono amiche di Angelica. L’anarchica Emma Goldmann, Rosa Luxemburg, Anna Kulisciov, Clara Zetkin. Fascino non secondario di queste pagine, filo d’Arianna tra le tragedie di un secolo.
Tra i pregi più importanti del libro ve ne è uno speciale: la capacità di illuminare il rapporto di Angelica coi despoti. E di raccontare la loro mente. Prima di tutto quella di Mussolini, che Angelica letteralmente tiene a battesimo a Zurigo attorno al 1902, tra emigrati e fuorusciti sovversivi d’Europa. A lei che già conosce i grandi del socialismo Turati, Labriola, Kautski Benito si presenta come un derelitto che si autocompiange. Spiantato senza arte né parte, rabbioso e disperato. Angelica non solo lo educa alla filosofia e al socialismo, ma lo persuade di valere qualcosa. E se ne innamora, divenendone presumibilmente l’amante. Potenziandone l’ego ferito. Vellicandone la mania di grandezza frustrata. Mussolini stesso lo riconoscerà parlandone da «Duce» con Yvonne De Begnac: «Senza la Balabanov sarei rimasto un piccolo fuzionario, un rivoluzionario della domenica». Angelica spinge via via Benito al successo. Alla vittoria massimalista nel congresso socialista di Reggio Emilia del 1912. E l’anno prima a un ruolo di primo piano contro la guerra in Libia. Fino alla direzione de l’Avanti! Ma nell’ottobre 1914 si consuma il tradimento: Mussolini passa alla «neutralità attiva» sulla guerra, e subito dopo all’interventismo. In più, nella vita di Benito, già sposato con Rachele, compare un’altra donna decisiva: Margherita Sarfatti. Altoborghese ebrea e «modernista»: sarà lei, a sua volta ripudiata dal Duce antisemita, a forgiare il Mussolini «novecentista» in arte, a fargli amare i futuristi e poi il «ritorno all’ordine» estetico. Sicché il risentito Benito può convertire l’irruenza plebea nel rivoluzionarismo conservatore e populista. Nel fascismo. Strana mescolanza di sovversivismo dall’alto e dal basso, per opera di un uomo marginale che ha di mira il potere, nella crisi dell’Italia liberale. Mussolini sommerso e salvato, fatto uomo e despota dalle donne. Potrebbe essere (anche) questa una delle chiavi del libro di Mattina sulla Balabanov, fonte più vera di tante altre sulla vera indole del Duce di Predappio: il trasformismo d’assalto e il mimetismo psicologico da zelig sovversivo.
IL RUSSOCENTRISMO
Quanto a Lenin, la vicenda è diversa. Angelica lo ammira e ne diffida: è probo, ascetico e tranquillamente feroce. Aderisce da socialista alla sue tesi comuniste, ma se ne dissocia nel 1921. Quando vede che quello bolscevico è un dispotismo russo-centrico, cinico e anche terroristico. Ostile ad ogni umanitarismo etico. Nondimeno Angelica resterà marxista e socialista, intransigente oltremisura (si oppone a Nenni e all’unità coi comunisti italiani). Assediata da spie di Mussolini (che ancora la temeva) emigra in America, e lì diviene testimone del socialismo libertario antiriformista. Al ritorno in Italia uscirà dal Psi per andare nel Psdi, da sinistra! Ennesima delusione e grande lezione «impolitica». Ma soprattutto grande testimonianza sulla scuola e la psicologia dei dittatori.