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Dalla retorica alla menzogna

di Martino Mora - 23/03/2011

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In sole ventiquattrore siamo passati dalla farsa alla tragedia. Dopo l'orgia di retorica del 17 marzo, centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia ,ci siamo ritrovati in una guerra che l'Italia subisce per colpa di Obama, Cameron e Sarkozy, ma alla quale si adegua in maniera servile e codarda.
Prima ci siamo sorbiti l'enfasi e la retorica sul Risorgimento, l'inno di Mameli e il Tricolore, poi, appena il giorno dopo, le bugie sulla guerra del presidente della Repubblica, del governo e delle opposizioni. Abbiamo avuto così occasione di constatare quello che già sapevamo: siamo un Paese ridicolo e immorale,  governato da un ceto politico e giornalistico altrettanto ridicolo e altrettanto immorale. E il fatto che altri Paesi occidentali siano come noi, o anche peggio, non mi solleva per niente.
Si è persa prima l'occasione di fare una riflessione storiografica chiarificatrice, o almeno un dibattito serio, sul Risorgimento, cioè  sul processo di unificazione nazionale; e poi, in un brevissimo lasso di tempo, quella di dimostrare che non siamo i servi di Obama, Cameron e Sarkozy.
Le televisioni e i quotidiani, dal noiosissimo anzi soporifero “Corriere della Sera”, alla faziosissima e radical-chic “La Repubblica”, ci hanno  affogato ( da mesi) in un mare di stucchevole retorica sull' Unità, sui padri della patria, sull'inno di Mameli, sul Tricolore, sul Risorgimento, senza affrontare mai alcun tema scomodo ( le balle sull'impresa dei Mille che i manuali di storia ancora raccontano, il cinico machiavellismo del conte di Cavour, la spietata repressione sterminazionista del legittimismo borbonico fatto passare per brigantaggio,  l'assenza di reale partecipazione popolare all'unificazione anche nelle regioni del Nord, il ruolo decisivo della massoneria inglese, l'odio anticattolico di Garbaldi e Mazzini,ecc.).
Subito dopo questa occasione perduta, sono iniziate le castronerie  sull'operazione dei bombaroli “atlantici” in Libia, e sull'interesse nazionale che in tal modo andremmo a salvaguardare. Si tratta ovviamente di balle, anzi di balle spaziali. E' del tutto evidente, solo per rimanere all'interesse nazionale, che erano proprio gli accordi con il satrapo Gheddafi a tutelare i nostri interessi, sia in ambito energetico che in quello del contrasto all'immigrazione. Mentre così andiamo a fare  gli interessi petroliferi di Usa, Gran Bretagna e Francia, che in nome dei diritti umani calpestati dal despota libico si assicureranno lo sfruttamento del petrolio libico lasciandone  a noi qualche goccia, nella migliore delle ipotesi.

Ovviamente, il conformismo l'ha fatta sempre da padrone. Prima si è criminalizzato indegnamente chi non ama il Tricolore e l'inno di Mameli, come se non fosse lecito essere critici verso una bandiera che testimonia simbolicamente l'adesione al modello giacobino francese, centralista, nemico delle libertà locali e laicista; o come se non si potessero nutrire delle legittime  riserve sull'ideologia mazziniana, nazionalista e massonica, di cui l'inno di Mameli è un fulgido esempio.
Poi si è criminalizzato, in modo altrettanto isterico, ogni prudenza e distinguo politico sull'adesione al conflitto libico, come se fosse obbligatorio, ogni santa volta, prostrarsi entusiasti agli interessi yankee.

 Con la fulminea adesione alla “guerra umanitaria” (che, come hanno capito anche i bambini, è guerra per il petrolio), la nostra sciagurata classe politico-mediatica ha dimostrato tutta la sua pochezza, politica e morale. Gli opinionisti più quotati (si fa per dire) non hanno perso tempo e da subito, anche in televisone (mi vengono in mente Vittorio Emanuele Parsi e Beppe Severgnini) hanno cercato di dimostrarci che ciò che è nero e bianco e ciò che è bianco è nero, e cioè che noi siamo in guerra per tutelare gli interessi dell'Italia, quando è invece del tutto evidente che abbiamo molto da perdere e nulla da guadagnare dalla caduta del satrapo Gheddafi, che, ripeto, ci tutelava sull'energia e sull'immigrazione. Questi autorevoli opinionisti (ripeto: si fa per dire), pur raccontando palle, non sbagliano mai, perché son sempre allineati. La loro carriera non ne risentirà.

Poi ci sono i politici, come il catto-guerrafondaio Casini che si straccia le vesti perchè la Lega Nord ha preso le distanze dall'interventismo bellico di Don Abbondio-Berlusconi. Mi sembra che il vero scandalo sia il suo catto-bellicismo. Benedirà le bombe prima che cadano sulla testa dei libici?

C'è il caso umano di Di Pietro, che in meno di  ventiquattrore è passato dal no alla missione militare al sì alla missione militare senza alcuna riserva, dimostrando ancora una volta (ma ce n'era bisogno?) la sua nullità umana e politica.

C'è l'indecenza degli ex comunisti del Partito Democratico, che con Bersani, con l'indigeribile  buonista Veltroni, e con il cinico baffetto bombardatore D'Alema (ricordate Belgrado 1999?) sono divenuti i più fidi sostenitori di Washington dopo esserlo stati di Mosca.

Ci sono poi gli ex fascisti, anche loro folgorati sulla via di Washington (e Gerusalemme). Spiccano su tutti, per entusiasmo bellico, Gianfranco Fini e il suo ex sodale La Russa, che nelle vesti di ministro delle Difesa non vede l'ora di far partecipare ai bombardamenti anche i nostri aerei, come si evince dalle sue dichiarazioni. E' proprio vero che il lupo perde il pelo ma non il vizio: quando gli ex fascisti sentono odor di guerra non stanno più nella pelle!

Poi c'è, naturalmente, Silvio Berlusconi, che vede con questa guerra sfumare tutto il lungo e faticoso lavoro che ha fatto con Gheddafi per tutelare intelligentemente i nostri interessi. E' evidente che Berlusca la guerra non la desidera affatto, ma la subisce. Certo, poteva rimanere neutrale come la Germania o la piccola Malta, che non concederà le sue basi. Del resto, è proprio quello che Bossi gli aveva suggerito di fare. Perchè non ha ascoltato il consiglio? Perché aveva ragione Don Abbondio: chi non ha il coraggio non se lo può dare. E avevano anche ragione tutti coloro che, almeno dalla Prima guerra mondiale ad oggi, ci hanno rinfacciato di non essere mai stati fedeli alle nostre alleanze. E ai nostri baciamano.

Se però l'Oscar mondiale dell'improntitudine se lo merita Barak Obama (si è mai visto un premio Nobel per la Pace fare le guerre per il petrolio?), quello italiano spetta di diritto al presidente Giorgio Napolitano. Infatti questo anziano signore, esaltato ed adulato dalle forze politiche ed i mass media come se fosse un esempio di virtù e di saggezza, è colui che, da esponente  del PCI, prese posizione a favore dei  carri armati sovietici contro i popoli ungherese (1956) e cecoslovacco (1968). Si permise persino di accusare una figura tanto più grande e nobile della sua, come quella di Alexander Solzenycin (l'indimenticato autore di “Una giornata di Ivan Denisovic” e  di “Arcipelago Gulag”), di essere un individuo pericoloso perchè non riconosceva “l'immensa portata liberatrice della Rivoluzione d'Ottobre”. Chi tra Breznev e Solzenycin scelse Breznev. è veramente capace di tutto.
E infatti oggi, come tutto quel che rimane del suo ex partito, sta sempre e comunque con gli Usa. Da un padrone (L'Unione sovietica) ad un altro (gli Stati Uniti). La maschera che si addice a Napolitano è quella di Arlecchino. Arlecchino servitore di due padroni.
Questo signore, che non riconosco assolutamente come il mio presidente,  ha detto in questi giorni che “non siamo in guerra”.E che le operazioni militari  in Libia “sono rivolte a reprimere le violazioni della pace”. Quindi si bombarda per la pace. E io che pensavo ci fosse di mezzo il petrolio!
Riflettendo però  su queste balle spaziali, ha cominciato a frullarmi in testa l'idea di aver già letto  qualche dichiarazione, davvero molto simile, dello stesso Napolitano. Si sa che il lupo perde il pelo ma non il vizio. Ho fatto una breve ricerca e cosa ho trovato?
“L'Intervento sovietico in Ungheria ha contribuito in maniera decisiva non già a difendere solo gli interessi militari e strategici dell'Urss, ma a salvare la pace nel mondo”. Firmato Giogio Napolitano, novembre 1956.
Arlecchino servitore di due padroni non è il mio presidente.