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Il futuro "solare" passerà dalle celle organiche?

di Pietro Greco - 19/04/2011


 

Il solare è considerata "la" fonte energetica del futuro. L'opzione strategica per alimentare l'economia, sostenibile, dell'uomo. La soluzione finale del problema energetico. Perché è una fonte rinnovabile, pulita e carbon free. Molti sostengono che il futuro dell'energia solare è già iniziato: lo dimostra, tra l'altro, il fatto che il mercato mondiale delle celle solari capaci di trasformare la luce in energia elettrica (celle fotovoltaiche) da dieci anni cresce al ritmo "booming" del 30% annuo.

Ci sono, tuttavia, due fattori che impediscono alle celle solari di essere già oggi dominanti nel settore della produzione di energia elettrica: la bassa efficienza e l'alto costo. L'efficienza massima delle celle fotovoltaiche finora messe a punto, infatti, non arriva al 20%: questo significa che solo un quinto dell'energia solare che le raggiunge viene trasformata in energia elettrica. Il costo per chilowattora del solare fotovoltaico, inoltre, è ancora sette o otto volte superiore a quello dei combustibili fossili tradizionali e ancora tre o quattro volte superiore a quello di altre fonti rinnovabili, pulite e carbon free  (idroelettrico, eolico).

Molti sostengono che questi due fattori non devono essere considerati frenanti: perché una maggiore diffusione commerciale, una maggiore intensità di ricerca scientifica e un maggiore sviluppo tecnologico consentiranno in futuro di abbattere i costi e aumentare l'efficienza. Non si tratta di puro ottimismo tecnoscientifico. Perché già oggi entrambi questi fattori puntano nella direzione giusta. L'efficienza energetica delle celle fotovoltaiche al silicio sta aumentando (ha raggiunto, appunto, il 20%) e, soprattutto, il costo per unità di energia prodotto sta rapidamente diminuendo.

Tuttavia, come rileva una recente analisi della rivista americana Science, molte industrie temono che  con la tecnologia al silicio più di tanto, in termini di costi, non si possa fare. E, infatti, stanno puntando su altre tecnologie: per esempio, su celle costruite con film sottili di rame, gallio, indio e selenio. Sono celle che costano meno, soprattutto in proiezione futura, rispetto a quelle al silicio. Ma anche questa opzione ha i suoi limiti: l'efficienza, al momento, non supera il 15% e l'indio non è un materiale molto abbondante in natura. Nella medesima situazione si trovano le tecnologie a base di cadmio e tellurio: quest'ultimo, infatti, è un elemento raro sulla Terra.

Esiste, tuttavia, un'altra opzione: quella basata su celle organiche. Ovvero celle fotovoltaiche realizzate con materiali polimerici, ricavabili dal petrolio. Finora a frenare la corsa di questa tecnologia basata su composti chimici di sintesi è stata la bassa efficienza: non superava il 5%. Ma pochi giorni fa, all'inizio di aprile, in piena crisi Fukushima, un'azienda giapponese, la Mitsubishi Chemical, ha annunciato di avere messo a punto celle fotovoltaiche polimeriche con un'efficienza del 9,2%. Anche altre aziende - come la tedesca Heliatek di Dresda, e le americane Konarka Technologies di Lowell, nel Massachusetts e Solarmer Energy di El Monte, in California - hanno annunciato nei mesi scorsi di aver messo a punto celle organiche con un'efficienza superiore all'8%. A luglio 2010 la Solarmer Energy ha dichiarato di possedere celle organiche con efficienza pari all'8,13%; a ottobre scorso la Heliatek ha dichiarato che le performance delle sue celle organiche hanno toccato il livello dell'8,30%, seguita a novembre dalla Konarka. Ora la Mitsubishi sostiene di aver toccato soglia 9,2%.

Perché tanta euforia? L'efficienza delle celle polimeriche sta rapidamente crescendo, ma risulta ancora la metà di quelle al silicio. Beh, la ragione è semplice: queste celle costano davvero poco. E quindi basta che raggiungano un minimo nel fattore rendimento - si spera che a breve tocchino una punta del 15% di efficienza - per diventare economicamente competitive. E abbattere, così, il costo per unità di energia prodotta.

Robert Service su Science documenta, inoltre, come, nei laboratori chimici, si stiano sperimentando nuovi materiali e nuove tecnologie molto promettenti. Sia dal mercato sia dai laboratori, dunque, giungono notizie che corroborano la tesi di chi sostiene che il futuro sarà delle celle fotovoltaiche organiche.

Ma attenzione, avvisa, in un editoriale pubblicato dalla rivista inglese Nature, il fisico Marty Hoffert, professore emerito della New York University: la storia ha dimostrato che il mercato da solo e i laboratori da soli non ce la fanno a produrre una "rivoluzione tecnologica". Occorre che a indirizzare il processo siano gli stati. Con lucidità e determinazione. E con finanziamenti adeguati. Il futuro sarà solare solo se il mondo ci crederà.