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La crisi greca? Manna per gli usurai…

di Angelo Spaziano - 03/05/2011


E per la Grecia è sempre sala di rianimazione. Secondo gli ultimi dati diffusi da Eurostat, infatti, il deficit di Atene è salito nel 2010 al 10,5% del pil, smentendo clamorosamente le ottimistiche previsioni dell’esecutivo Papandreou che lo davano al 9,4%. Il governo ellenico però non fa una grinza e ce la sta mettendo tutta per convincere gli scettici mercati internazionali che non c’è nulla da temere e che la situazione è sotto controllo.

Qualche giorno fa, le teste d’uovo dell’agonizzante economia balcanica hanno annunciato che gli sforzi per contenere il deficit saranno ulteriormente incrementati. Infatti, sarebbe in dirittura d’arrivo un altro consistente salasso per spremere almeno tre miliardi – l’1,5% del pil – da una spesa pubblica e dalle tasche di un popolo di contribuenti già da tempo messi a stecchetto. Si tratta di una cifra che s’intende recuperare anche attraverso la lotta all’evasione fiscale, che da quelle parti è assai diffusa.

Ma il panorama tutto rose e fiori dipinto dalle fatine olimpiche viene giornalmente scompaginato dalla fredda realtà dei numeri. I quali emettono una diagnosi assai più inquietante di quella tracciata dagli euzoni. Il fatto è che, oltre al deficit fuori controllo, dalle parti di Zorba c’è da fare i conti con un debito pubblico che è arrivato a lambire quota 142,8%. Una zavorra difficile da sostenere anche con i 110 miliardi di cash elargiti da Ue e Fmi e un ulteriore elemento in grado di suscitare montagne di dubbi sulla capacità della Grecia di finanziarsi coi propri mezzi l’anno venturo.

C’è chi dice che per turare questa nuova falla apertasi nel malridotto vascello egeo possano arrivare a servire 40 miliardi in più dei 110 già stanziati in precedenza. Insomma, lo scenario prossimo venturo per il paese delle Termopili si annuncia a tinte fosche, non essendoci, per giunta, nessun Leonida all’orizzonte.

Malgrado l’aplomb mostrato dai responsabili economici di Atene e dalle autorità comunitarie, quindi, l’ipotesi di una ristrutturazione del debito si fa sempre più inevitabile. Il fatto è che, a sentire José Manuel Gonzales-Paramo, funzionario della Bce, questa manovra, pur fornendo un po’ d’ossigeno ai tartassati contribuenti d’Oltreionio provocherebbe per l’Europa conseguenze ancora più devastanti di quelle provocate in America dal fallimento di Lehman Brothers.

Intanto, grazie a questi boatos, i rendimenti dei “sirtaki bond” continuano vertiginosamente a lievitare: il titolo decennale ha infatti superato la soglia del 15% mentre quello a 2 anni ormai viaggia sul 23,65%. Un’autentica manna per gli speculatori. Ma anche un terreno minato per i piccoli investitori. Nel frattempo il Cds, ovvero l’assicurazione contro il rischio default del titolo di debito a 5 anni è schizzato a 1.340 punti base, mentre la forbice tra il bond greco a 10 anni e il corrispettivo bund tedesco, analogamente, s’è divaricata fino a toccare 1.191 punti base.

Insomma, per avere un’idea del timore suscitato nei mercati dai titoli emessi dalla “Trapeza”, basti considerare che per “assicurare” 10 milioni di disavanzo greco dalla possibilità di crak servono oggi oltre un milione e 300 mila euro. Lampante esempio di eurostrozzinaggio legalizzato.

Il peggio è che la pandemia è in agguato e può esplodere da un istante all’altro. Segnali di tensione già si avvertono in molti dei paesi dell’Eurozona considerati più a rischio. A cominciare dalla Spagna, che recentemente, nell’ultima asta, per piazzare 6 miliardi di euro in titoli a tre e sei mesi ha dovuto raddoppiare i rendimenti. E per finire coi periclitanti Irlanda e Portogallo, i cui titoli vengono guardati con sospetto se non apertamente sconsigliati dagli esperti.

Anche per l’Italia, coi bot tornati sopra  l’1% netto (1,66 lordo) d’interesse, la situazione a breve potrebbe farsi delicata. Infatti, al di là della disperata congiuntura ellenica e malgrado un leggero recupero, i deficit dei Paesi dell’Eurozona restano elevatissimi, con una media del 6%, mentre i debiti sono saliti all’85% rispetto al 79% del 2009. Nel desolante panorama offerto dalle sconquassate economie europee spicca tuttavia il trend “virtuoso” dell’Italia, che per merito di Tremonti si è ben guardata dal contrarre ulteriore indebitamento. Il nostro 4,6% di deficit/pil, infatti, pur al netto dell’abnorme debito pubblico, è alquanto “consolante” se paragonato al 10,4 della Gran Bretagna, al 9,2 della Spagna e al 7 della Francia. Alla faccia dell’asse Carolingio…