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"Nebbia di Guerra" - Due riflessioni sul caso Bin Laden

di Aldo Giannuli - 10/05/2011



osamafogVi proponiamo due articoli di Aldo Giannuli su Bin Laden 2011, l'oscura vicenda che oggi si presenta come un assurdo caso di morte senza corpo e di giornalismo senza domande.

Giannuli invece pone molte domande, e prova a collegare fili di vicende fra loro apparentemente lontane.

Forse alcune delle sue spiegazioni filerebbero con altre soluzioni, ma se non altro Giannuli pone quesiti intelligenti e cerca spiegazioni quanto mai necessarie, ora che sembrano spostarsi grandi equilibri geopolitici.

 

La morte di Osama Bin Laden: le pentole, i coperchi e la nebbia di guerra.

Cappuccino, brioche e intelligence n°26

Le stravaganze della versione ufficiale sulla morte di BinLaden sono tali e tante da far dubitare che il morto sia effettivamente lui, ma anche che la Cia non sia più in grado di fare un’operazione decente (se l’aggettivo si può usare in un contesto di questo tipo).
Va bene: il delitto perfetto non esiste e il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, ma qui si esagera: possibile che non fosse possibile ricomporre il cadavere e fare una foto presentabile? E perchè tanta fretta di ucciderlo e disperdere il corpo in mare? E poi tutte quelle versioni aggiustate, pasticciate, smentite, rabberciate!
Troppi errori in una volta sola.
A meno che il morto non sia lui e questa non sia una sceneggiata. Questo farebbe tornare i conti: la foto non c’è perchè si teme che un eventuale fotomontaggio possa essere svelato e così il corpo è stato fatto sparire per evitare esami imbarazzanti e c’è stata fretta di “ucciderlo” perchè, ovviamente, non si poteva portare davanti alle telecamere un sosia. Insomma tutto quadrerebbe. O quasi.
Ma questo comporta il rischio di una smentita di Osama, che magari tira fuori un altro video, con prove inoppugnabili della sua esistenza in vita; per cui o c’è un accordo fra le parti o il capo di Al Quaeda è già morto da tempo. E, in effetti, era la soluzione che abbiamo dato per maggiormente probabile nell’esame dell’articolo precedente.

Tutto a posto? Forse. Eppure un velo di inverosimiglianza rimane su questa versione (e, infatti, avevamo detto che ad un esame più approfondito le cose sarebbero potute cambiare): “fabbricare” una falsa morte di un personaggio così “celebre” non è cosa facile, neppure se il personaggio in questione è già morto da tempo. Se il personaggio è vivo c’è bisogno della sua complicità e si è sempre esposti al rischio di un suo ricatto (ve l’immaginate se fra due anni, Osama rispunta fuori e dice “mi credevate morto? Ma no, sono sempre qui fra voi!”). Dovrebbe essere d’accordo anche la sua organizzazione e ci sarebbe sempre il rischio di terzi che, scavando, possano scoprire come stanno le cose. Tutto sarebbe più semplice se il personaggio fosse già morto e la sua organizzazione lo avesse taciuto, per continuare a sfruttare la sua immagine e spingere l’avversario verso un falso obiettivo. Oggi non potrebbe più dire la verità per non smentirsi e sarebbe costretta a stare al gioco. Sino ad un certo punto, però, perchè Osama non compariva più da anni e sarebbe possibile sostenere una sua morte relativamente recente, di cui non si è data notizia per non fare un favore ai “crociati”.
Un po’ tirata, ma, se accompagnata da qualche riscontro, avrebbe comunque l’effetto di mettere fortemente in dubbio la versione americana.

Il problema più grosso sarebbe quello di non poter sapere se terzi sanno qualcosa della “prima” morte del capo di Al Quaeda. Immaginiamo cosa potrebbe accadere se i servizi russi, cinesi, iraniani o di chi vi pare, siano riusciti a sapere o, almeno, ad aver sentore, a suo tempo, della morte di Osama: per gli americani sarebbe un rischio troppo forte. E peggio ancora: se Osama è morto e questa è una sceneggiata, i servizi pakistani sanno tutto, per cui devono essere stati complici, ma, allora, sarebbe stato meglio farli partecipare alla “cattura ed uccisione” di Bin Laden e non esporli all’attuale situazione che li vede accusati di collusione con il terrorismo.

Insomma, come la si volta, fabbricare dal nulla una falsa morte è difficile e rischioso.
Peraltro, l’operazione continuerebbe ad avere una serie di “pecche” che la rendono pasticciata e poco credibile.
E va bene che la Cia ha avuto un processo di decadenza professionale molto serio, ma qui stiamo facendo gli straordinari: è una storia troppo sgangherata per quello che resta uno dei servizi segreti più potenti del Mondo e non è possibile che siano tutti rimbecilliti a questo punto. Troppi errori tutti insieme per essere credibile che si tratti di errori.

C’è una soluzione più lineare e meno romanzesca: gli errori non sono errori, ma voluti depistaggi per confondere le acque. Per dirla con il gergo sei servizi: siamo di fronte ad una operazione di “nebbia di guerra”. E la partecipazione al tutto di una vecchia conoscenza come Pieczenik (Ciao Steve, Chi si rivede!), il vero regista del caso Moro ed uno dei massimi esperti di guerra psicologica, è una firma chiarissima sotto questa ipotesi.
Mi spiego meglio: diamo per buono che Bin Laden sia effettivamente morto qualche giorno fa, ucciso dagli americani. Naturalmente, questo non vuol dire che l’individuazione del suo covo e l’azione siano poi andate come ci si racconta. Anzi, probabilmente sono andate in modo assai diverso e con molti più pasticci di mezzo. Ed i depistaggi servono a distrarre la nostra attenzione da questo aspetto della vicenda. Avete presente la finta lepre di pezza che fa correre i cani al cinodromo? Ecco: stiamo correndo dietro ad una lepre di pezza mentre ci stanno distraendo dalle vere questioni da capire: come e quando hanno scoperto il covo e perchè questo accade ora.

Ne parliamo con il prossimo cappuccino, mi spiace per il nostro assiduo lettore Ugo Agnoletto, ma la Bibbia ci insegna che la pazienza rende forti gli uomini (Romani 5:3). O no?!

 

La morte di Osama Bin Laden: perchè ora?

Cappuccino, brioche e intelligence n°27

Partiamo da questo assunto: Bin Laden era effettivamente un nemico degli Usa e non un “agente della Cia”, come molti sospettano. Diversamente non si spiegherebbe una guerra durata 10 anni: se Osama era un agente americano, vuol dire che anche il Mullah Omar lo era, perchè sarebbe stato impensabile che uno ignorasse chi era l’altro. D’altra parte Al Quaeda ha combattuto in sintonia con i talebani. Ma, allora, se gli americani avessero avuto dalla loro Osama e magari anche Omar, la guerra sarebbe durata molto meno, sarebbe costata meno morti e, cosa più importante per gli americani, meno dollari, perchè ci avrebbero pensato i loro agenti a portare al disastro la guerriglia afghana.
Dunque, era effettivamente un nemico, ma un “nemico funzionale”.
Non sempre i nemici sono nemici assoluti e non sempre si combatte per debellarli: ad esempio, un nemico può avere la funzione di garantire una polarizzazione più gradita di altre e la sua eliminazione potrebbe portare ad una riaggregazione più pericolosa del fronte avversario. Oppure un nemico di oggi può diventare un alleato domani, o può legittimare una guerra che ha altri obiettivi oltre quelli dichiarati ecc.
Osama, per molti versi era esattamente questo:
- forniva un nuovo nemico (il terrorismo fondamentalista islamico) in sostituzione di quello sovietico, consentendo di mantenere unita l’alleanza Nato
- legittimava il “conflitto di civiltà” teorizzato da Huntington come nuovo principio base del sistema internazionale
- faceva identificare l’Islam come nemico principale, nello stesso tempo congelandolo in una dimensione fondamentalista che era il miglior vaccino contro pruriti democratici delle masse arabe, iraniane, pakistane, indonesiane ecc.
- dava anche un nemico più identificabile e “trattabile” che non la galassia dei gruppi salafiti e simili
- la sua esistenza in vita forniva la legittimazione per la permanenza delle truppe americane in Afghanistan, nel cuore dello spazio strategico sino-russo.

Dunque c’erano molti motivi che rendevano auspicabile la sua sopravvivenza, per cui è plausibile che gli americani sapessero perfettamente dove era, ma si guardassero bene dall’intervenire, lasciando al servizio pakistano l’incombenza di gestire questo rapporto assai ambiguo. E questo spiega anche perchè Osama –che non era scemo ed aveva capito perfettamente l’equilibrio di forze che si era stabilito- era così sicuro di sè, come si abbiamo detto.
Però non aveva capito che le cose avevano iniziato a cambiare dal 2008 ed erano precipitate nel 2010.

Lo schema di Huntington rispondeva ad un disegno imperiale americano (“Per un nuovo secolo americano”) basato sull’idea di un durevole ordine mondiale monopolare. Un divide et impera che aveva anche bisogno di “nemici funzionali” a far passare ogni velleità autonomistica agli europei ed, insieme, contenere durevolmente cinesi, russi, indiani la cui ascesa avrebbe dovuto essere ben più lenta.
Poi è venuto il 2008: la crisi finanziaria ha rivelato la debolezza dell’Impero che, peraltro, non aveva ancora concluso nè la guerra in Afghanistan nè quella in Iraq. La crisi georgiana rivelava una Russia molto più determinata del previsto e cresciuta assai più in fretta di quanto non si pensasse. E le Olimpiadi di Pechino rendevano evidente a tutti che la Cina era almeno 15 anni avanti sul ruolino di marcia.

L’elezione di Obama portava ad abbandonare -almeno momentaneamente- il disegno monopolare, ridimensionandolo e, da questo, veniva fuori la proposta del “G2”, un asse strategico sino-americano che avrebbe reso tutti gli altri ininfluenti sia sul piano economico che su quello politico ed ancor più militare.
Ma la Cina ha orientamenti diversi di politica internazionale e punta ad un ordine mondiale pluralistico e policentrico. I cinesi sanno bene che il socio che ha il 49% delle azioni, in una società in cui l’altro ha il 51% non conta molto; mentre lo stesso soggetto, con il 20% delle azioni, ha ben altra possibilità di manovra in una società in cui ci siano 20 soci e nessuno superi il 25%. Non meraviglierebbe affatto sapere che i dirigenti di Pechino abbiano a lungo studiato la politica estera iniziale di Bismarck. Comunque, è evidente che il G20 interessa alla Cina molto di più del G2. Anche perchè l’altro socio del potenziale sodalizio a due non manifestava alcuna ragionevolezza in materia valutaria e commerciale.

L’idillio sino americano (se mai è fiorito davvero, del che dubitiamo) è rapidamente sfiorito ed è tramontato nel 2010 ed il segnale inequivocabile è stato la brusca contrazione cinese nell’esportazione delle terre rare.
Dal 2011 le due grandi potenze sono apertamente in rotta di collisione. Dunque mutano radicalmente le coordinate della politica internazionale: il nemico principale non è più il terrorismo fondamentalista islamico ma un nuovo ben più temibile nemico inizia ad esserci. Ora il problema è quello di orientare europei, giapponesi dalla propria parte e, possibilmente mantenere neutrali indiani e russi. Oppure, in alternativa, creare un nemico potente ed attuale alla Cina per tenerla impegnata. Per esempio l’India.

Nello stesso tempo è arrivata la rivolta araba che ha stravolto il quadro.
Se la rivolta dovesse prender piede in Arabia Saudita, gli Usa sarebbero costretti a lasciar perdere ogni altra cosa ed a correre lì dove sono i maggiori pozzi petroliferi del Mondo, perchè il barile di petrolio potrebbe schizzare ben oltre i 200 dollari con conseguenze imprevedibili sull’economia mondiale. D’altra parte, la crisi finanziaria non è finita e brutte nubi si addensano all’orizzonte.
Dunque, urge avere le mani libere, non dimentichiamo che nei confronti dell’Iran gli Usa non sono stati in grado di fare altro che minacce e ultimatum a cui si sono ben guardati di dare seguito, per non trovarsi impantanati in un terzo conflitto che non si sa come avrebbero retto finanziariamente.

D’altro canto, l’Afghanistan può essere utile diversamente. Prendete una cartina geografica: vedrete che l’Afghanistan orientale termina con una stretta e lunga striscia di terra, il corridoio di Vacan (o Wakhan che dir si voglia) sulle alture del Pamir, che arriva al confine con la regione cinese dello Xinijang abitata dagli uiguri, etnia turcofona di religione islamica in forte contrasto con Pechino. E magari possiamo anche pensare di scaricare i talebani sulla Cina. Ad esempio, potrebbe sorgere una guerriglia uigura che i talebani potrebbero sostenere e rifornire. I talebani? Gli alleati di domani. Vedete che fa anche rima?

Dunque, per gli americani occorre porre rapidamente termine al conflitto afghano, magari tenendosi un po’ di basi. Ma non possono ritirarsi senza qualche risultato almeno simbolico. In questo quadro Bin Laden non è più un “nemico funzionale”, anzi è di impaccio e va tolto di mezzo rapidamente,
Solo che non si può raccontare al mondo che si sapeva dove stesse da chissà quanto tempo e che l’azione la si fa oggi perchè è cambiato il clima. Ed allora torna utile spandere intorno un bel po’ di “nebbia di guerra, così tutti si stanno ad interrogare sulla foto, il corpo buttato in mare, le diverse versioni ecc. e tutto il resto passa inosservato.
O quasi: i cinesi si sono congratulati per la brillante operazione ma non hanno omesso di ricordare che Bin Laden era cattivo anche perchè fomentava il secessionismo uiguro, mentre lo Xinijang è cinese e chi non è d’accordo è amico dei terroristi. E non hanno neppure trascurato di sottolineare il grande impegno di Islamabad contro il terrorismo, ricordando che la Cina ha sempre appoggiato il Pakistan che ritiene il suo più importante alleato. Chi deve capire capisca.

Sbaglierò, ma mi sembra che così tutto quadri meglio.