Dopo lunga assenza, si riaffaccia tra le persone l’interesse per il sociale, la condivisione, la ricerca di percorsi e simboli unificanti. I milioni di partecipanti diretti e indiretti a vicende tra loro diverse, come il matrimonio reale e la beatificazione del grande Papa, provano anch’essi, in campi differenti, questo attuale bisogno. La nostra epoca sembra aver esaurito la passione esclusiva per l’individualismo; i cittadini riscoprono il fascino della partecipazione e condivisione.
Perfino nell’ambito più intimo delle persone infatti, nei loro sogni, erano già ricomparsi i riti, le comunità, gli altri; prima di queste celebrazioni anche televisive. D’altra parte anche le tecniche aziendali di gestione delle risorse umane avevano previsto il deperimento dell’individualismo ad ogni costo. Da tempo le aziende hanno notato il bisogno di apertura verso gli altri manifestato dai dipendenti, che rischiano depressioni e cali di motivazioni se vengono chiusi tra i due esclusivi obiettivi della competizione e del guadagno.
Sembra quasi che dopo il lungo ciclo di costruzione collettiva della ricchezza nazionale, iniziato subito dopo la fine della seconda guerra mondiale e ormai esaurita anche la successiva smania di ostentazione individuale, si stia manifestando un bisogno di “società degli individui”, di aggregazioni collettive, di riconoscimento delle diverse e nuove culture dei vari gruppi che si sono nel frattempo andati formando.
Come è naturale, quel laboratorio di comunicazione e di formazione che è la rete Internet ha il suo ruolo in questo processo.
I diversi gruppi giovanili, ad esempio, hanno imparato a riconoscersi e a comunicare intensamente tra di loro anche grazie alla rete, che suscita poi aspettative di aggregazioni più continuative: incontri, scambi, battaglie comuni.
Qualcosa del genere accade però anche in altri gruppi: minoranze sessuali, orientamenti religiosi, etnici, culturali. Qualche volta tutto si esaurisce in una frenetica messaggistica virtuale; ma più spesso, nel medio periodo, questi contatti suggeriscono l’opportunità di aggregazioni e azioni più concrete. Nascono così collegamenti, programmi, interessi riconosciuti come comuni.
La stessa cosa accade d’altra parte nella vita economica: la comunicazione e collaborazione tra piccole e medie imprese commerciali e industriali dà luogo a nuove opportunità e a un modo di muoversi più coordinato, come accade nelle aziende riunite nell’ormai estesissimo network della Rete Imprese Italia.
Dopo il processo di distruzione delle culture tradizionali, quella contadina, quella operaia, e quella familiare, sconvolte dal caotico sviluppo economico e del sistema di comunicazioni, si ha quasi l’impressione di assistere alla nascita di nuove culture di gruppo. Queste sono certo più limitate, parziali, ed in continuo mutamento rispetto ai grandi modelli di comportamento tradizionali. Però potrebbero gradualmente riempire quel vuoto che è stato il retroterra di tutti i malesseri sociali e i comportamenti devianti e distruttivi che hanno occupato le cronache degli ultimi anni.
È possibile che nascano nuovi gruppi di interesse, nuovi codici di riferimento, e forse anche nuove aggregazioni e nuovi modi di far politica. Non è neppure escluso che qualcosa del genere si stia già manifestando nell’intenso lavorio presente anche nella preparazione, in molte città d’Italia, delle prossime elezioni amministrative.
Cultura ed esigenze del territorio sono infatti tra le anime principali di questo processo di riorganizzazione sociale. Ancora sottotraccia, e tuttavia in azione.