Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Al bivio

Al bivio

di Andrea Marcon - 06/07/2011

 




Image

Molti hanno visto nel risultato referendario uno spiraglio di speranza per questo disastrato Paese, qualcuno ha sostenuto che esso ha rappresentato la dimostrazione che esiste ancora una vasta capacità di mobilitazione civica a difesa del bene comune. Finalmente, si è detto, i cittadini hanno saputo reagire davanti agli interessi che volevano privarli, nel nome del profitto, di loro diritti essenziali. Non parlo poi di coloro che in questo quadro roseo hanno inserito le vittorie elettorali di De Magistris e Pisapia, perché in questo caso, più che di ottimismo, bisognerebbe parlare di deficit di realismo (termine politically correct in luogo del più pertinente “idiozia”).
Gli avvenimenti ci danno subito la possibilità di verificare se veramente la rondine referendaria ha rappresentato l’inizio di una nuova primavera. Però stavolta non basta percorrere il chilometro fino al seggio e mettere una croce su una scheda. Se veramente si vuole dimostrare che gli interessi economici dei soliti noti non devono trionfare, se si vuole dare uno schiaffo ai politicanti, tutti servi del potere finanziario, se davvero si ha a cuore la democrazia, quella vera, allora oggi bisogna prendere armi e bagagli e stare fisicamente in Val di Susa a fianco di coloro che queste battaglie le stanno combattendo sul campo.
Movimento Zero conta su Facebook più di 800 membri. Coloro che partecipano veramente alle sue iniziative sono poche decine. Paolo Barnard ha scritto parole tanto sferzanti quanto illuminanti sul valore dei ribelli da internet, ma lo stesso discorso potrebbe replicarsi anche per quelli che ogni tanto partecipano ad un tranquillo corteo o appunto vanno a votare ad un referendum. Credete, crediamo, di avere con questo fatto il nostro dovere? Credete, crediamo, di avere veramente dimostrato di non essere complici del Sistema che vorremmo combattere? Io dico di no, anzi dico che queste sono le armi "a salve" che lo stesso Sistema ci mette a disposizione per tacitare la nostra coscienza e nel contempo preservare sé stesso. Sono giochini virtuali, masturbazioni che come tali hanno una gittata limitatissima e non fecondano nulla.
In Val di Susa, invece, c’è la possibilità reale di dire "No": non solo alla TAV, ma anche e soprattutto al mostro sviluppista, tecnocratico e autoritario che vuole mangiarsi i nostri spazi, fisici e di libertà. Per farlo non basta premere un bottone, bisogna mettere in gioco anche la propria incolumità fisica. Il tutto sapendo che nessuno dall’alto ce ne renderà merito e che anzi saremo bollati come eversori, violenti, terroristi: qualcuno ha già resuscitato lo spauracchio dei black block, giurando di averli visti all’opera insieme ai manifestanti. Purtroppo gli americani hanno appena reclamizzato la fine di Bin Laden, altrimenti avrebbero potuto girare il suo prossimo video da una caverna della Val di Susa con il contorno di bandiere NO TAV.
In Val di Susa si gioca la stessa partita che, fatte le debite proporzioni, i Talebani stanno combattendo in Afghanistan. Il bivio è davanti a noi. Possiamo scegliere la strada dell’opposizione sterile e virtuale, ma, a cominciare dal titolo di questo blog, la parola “ribelle” sostituiamola con quella di “complice”.