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La crisi e il compito più duro: far nascere un mondo diverso

di Francesco Alberoni - 07/07/2011

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Gli artisti spesso intuiscono lo spirito dei tempi. Lo ha fatto Edoardo De Angelis, un allievo del Centro sperimentale di cinematografia che ha appena finito un bellissimo e divertente film, Mozzarella stories. Il protagonista, don Ciccio, è un bravissimo produttore di mozzarelle ricattato dalla Camorra e che, improvvisamente, si trova come concorrenti i cinesi con una perfetta organizzazione: camici bianchi, confezionamento, distribuzione mondiale.
La storia si conclude quando la figlia di don Ciccio va dalla concorrente cinese (anch'essa una donna) che le dice che loro non facevano mozzarelle ma comperavano quelle di don Ciccio vendute da un traditore. Le due donne allora si accordano: gli italiani faranno la mozzarella e i cinesi la venderanno. Ma il messaggio del film è più profondo, dice che gli italiani fanno bene i prodotti ma il mercato, la modernità, ormai è internazionale. E riflettendo su questo esempio mi domando se quella che stiamo vivendo sia una recessione destinata a scomparire per lasciare il posto ad una nuova espansione o non sia invece un degrado politico-economico dell'Europa che non sa affrontare le nuove potenze economiche: Cina, India e gli immensi gruppi finanziari che saccheggiano l'economia mondiale.

Un degrado che, nei Paesi con una struttura industriale debole come la Grecia, l'Irlanda, il Portogallo, la Spagna, la stessa Italia, si presenta come crisi finanziaria degli Stati che spendono più di quanto incassano. Ma non è affatto detto che, una volta ricevuti i prestiti, possano poi restituirli perché non hanno la struttura produttiva sufficiente a creare ricchezza in un mercato globale. Cosa che sanno fare India e Cina con una manodopera a buon mercato, banche, tecnologia e una capacità organizzativa che noi non possediamo più.

Mozzarella stories ci fa sentire un Paese del terzo mondo che ha una straordinaria cultura del prodotto, ma dove imperversano bande criminali e che viene schiacciato da un mondo tecnologico globalizzato in cui dobbiamo imparare a vivere, ad operare. Io sono convinto che in tutto l'Occidente ed in particolare in Italia ci siano risorse culturali per evitare il sottosviluppo, ma certo bisogna che tutti si rendano conto del pericolo, evitino azioni dissennate e cambino mentalità. No, questa non è una recessione, è una svolta storica che richiede di inventare nuove istituzioni e nuove imprese e di lottare con grande coraggio sapendo di dover affrontare le prove più dure.