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Tutto ha un limite (anche la Cina)

di Gianfranco Bologna - 11/07/2011


 

Le riflessioni di Serge Latouche che nell'essenza condivido in pieno, sulla situazione finanziaria ed economica dell'Europa e, più in generale, delle nostre società planetarie e globalizzate necessitano, a mio avviso, di ulteriori approfondimenti sul pesante e gravissimo deficit ecologico che incombe su tutti noi e che incomberà ancora di più sul nostro futuro se insistiamo a perseguire le stesse strade di prima.

Questo approfondimento non può non partire da una banale considerazione: l'establishment politico ed economico internazionale è ancora profondamente immerso in una visione del mondo basata sulla religione della crescita economica materiale e quantitativa. Questa visione del mondo si è straordinariamente rafforzata in questi ultimi decenni dove neoliberismo, finanziarizzazione, monetarismo e mercatismo hanno trionfato, senza limiti e controlli. Questa visione del mondo rende purtroppo l'establishment politico economico internazionale, perennemente accecato di fronte alle drammatiche evidenze poste dalle sempre più critiche interrelazioni tra economia, ambiente e società.

La cultura politica ed economica dominante è quindi cieca di fronte alle evidenze che sono sotto gli occhi di tutti e che costituiscono la realtà in cui vivono miliardi di persone. Come ci ricorda il grande analista interdisciplinare Lester Brown nel suo ultimo libro "World on the Edge" (di cui sto curando l'edizione italiana che uscirà per Edizioni Ambiente dopo l'estate) il mondo di oggi è ecologicamente ed economicamente interdipendente e quindi le crisi ambientali (come, ad esempio,la modificazione dei grandi cicli biogeochimici, quali quelli del carbonio, dell'azoto e del fosforo, le modificazioni del sistema climatico, la pesante perdita della biodiversità, la deforestazione e la continua erosione dei suoli, l'esaurimento delle falde acquifere e la modificazione dei cicli idrici, il drammatico calo delle riserve ittiche, ecc.) hanno una portata globale.

Lo sforzo che dobbiamo intraprendere per cambiare rotta è veramente monumentale e richiede la rapidità di uno impegno equivalente, paradossalmente, a quello di un periodo di guerra. Si tratta veramente di una situazione senza precedenti storici per il semplice fatto che le nostre società, nel loro insieme, non sono mai state così in pericolo.

Latouche, partendo dalle risposte che si sono date e che si vogliono dare alla grande crisi finanziaria ed economica scaturita dal 2008 proprio dall'establishment politico, economico e finanziario, si sofferma sulla crisi greca e sui tentativi dell'Unione Europea di mantenere un tassello del mosaico dell'assetto economico europeo per non farne cadere altri tasselli in una sorta di effetto domino.

Il prodotto globale lordo mondiale, secondo i dati dell'ultimo "World Economic Outlook 2011" del Fondo Monetario Internazionale uscito in aprile, ha registrato un decremento dello 0.5% nel 2009 a seguito della grave crisi partita nel 2008 ed ha poi ripreso con una crescita del 5.1% nel 2010, con previsioni di crescita per il 2011 di 4.3% e per il 2012 di 4.5% .

Tutti sappiamo che alcuni paesi di nuova industrializzazione, definiti economie emergenti, come la Cina e l'India, stanno avendo da qualche decennio incrementi annuali del prodotto interno lordo veramente significativi e sono considerati da tutti gli analisti i motori dell'economia mondiale, insieme ad altri paesi con economie emergenti in crescita. Ad esempio, nel 2009 l'anno dopo la crisi, Cina ed India hanno fatto registrare incrementi del proprio PIL rispettivamente del 9.1% e del 7.4%.

Ma ormai dovremmo sapere che la crescita economica continua entra inevitabilmente in rotta di collisione con la dimensione ecologica che è la base e l'essenza della nostra stessa economia. Come fa ad esistere un'economia se non utilizzando il capitale, le funzioni ed i servizi che mette a disposizione la natura ?

Vediamo di analizzare, per sommi capi, l'altra faccia della grande Cina, della grande economia in crescita che tutti osservano con ammirazione. Da qualche decennio proprio Lester Brown che è stato autore di un bellissimo volume nel 1995 "Who Will Feed China ? Wake-up for a Small Planet" edito da Norton, ha richiamato l'attenzione sui drammi ambientali cinesi rispetto alla forte crescita economica del paese, indicandoli come vero e proprio "campanello d'allarme" per l'intero pianeta ed ha poi pubblicato numerose analisi in merito ed anche nel suo ultimo libro dedica ampio spazio al mix dei problemi sociali ed ambientali cinesi.

Come vedremo erosione dei suoli, penuria di risorse idriche e contaminazione chimica dell'ambiente sono solo alcuni dei gravi aspetti che la Cina oggi si trova a dover affrontare e risolvere. E si tratta della sfida più gravosa e impegnativa che però non viene palesata da indicatori come la crescita del PIL.

Dopo le riforme economiche che trasferirono la responsabilità dell'agricoltura dalle grandi squadre di produzione a organizzazione statale alle singole famiglie di agricoltori, la popolazione cinese di bovini, pecore e capre ha subito una crescita impressionante. Gli Stati Uniti, che hanno una superficie a pascolo di dimensioni equivalenti, registrano 94 milioni di capi di bestiame contro i 92 milioni di capi della Cina, ma se si parla di pecore e capre gli Stati Uniti hanno una popolazione totale di solo 9 milioni mentre la Cina ne conta 281 milioni. Questi animali, concentrati nelle province cinesi occidentali e settentrionali, stanno privando il suolo della vegetazione che lo protegge. Il vento fa il resto, rimuovendo il suolo e trasformando i pascoli in deserto.

Wang Tao, ritenuto uno dei maggiori studiosi di deserti al mondo, riporta che nel periodo dal 1950 al 1975 ogni anno si trasformava in deserto una superficie di circa 1.550 chilometri quadrati. Da allora alla fine del secolo il numero è salito a 3.600 chilometri quadrati ogni anno e nella seconda metà dell'ultimo secolo circa 24.000 villaggi nella Cina settentrionale e occidentale sono stati abbandonati interamente o parzialmente a causa dell'avanzamento del deserto. L'Agenzia per la Protezione Ambientale cinese riferisce che dal 1994 al 1999 la superficie del Deserto dei Gobi è cresciuta di 32.500 chilometri quadrati, un'area grande quanto metà della Pennsylvania. Grazie all'avanzamento del Deserto dei Gobi, che ormai si trova a 240 chilometri da Beijing, i leader cinesi iniziano a cogliere la gravità della situazione.

Il fenomeno della Dust Bowl (il cosidetto catino o conca di polvere) americana degli anni '30, causato da un modello agricolo che faceva un uso massiccio dell'aratura e scatenato dalla siccità, costrinse più di due milioni di abitanti di Oklahoma, dal Texas e dal Kansas (i così detti ‘Okies') a spostarsi verso ovest, spesso in California.

Ma la dust bowl che si sta formando in Cina è molto più grande e così è il numero degli abitanti del paese: negli anni '30 la popolazione americana era di solamente 150 milioni, mentre oggi la Cina conta 1 miliardo e 300 mila abitanti. Se la migrazione in America riguardò milioni di persone, in Cina potrebbe coinvolgerne decine di milioni. Un rapporto dell'Ambasciata americana dal titolo Grapes of Wrath in Inner Mongolia osserva: "sfortunatamente gli "Okies" cinesi del ventunesimo secolo non hanno nessuna California verso la quale fuggire, quantomeno non in Cina".

Brown ci ricorda quindi che la Cina è in guerra, ma a reclamare il suo territorio non sono eserciti invasori, bensì i deserti in espansione. I vecchi deserti avanzano e se ne formano di nuovi, come attacchi guerriglieri che colpiscono all'improvviso costringendo Beijing a combattere su più fronti.
Il deficit globale di acqua è un prodotto del triplicarsi della domanda nella seconda metà del secolo, a cui si è unita la rapida diffusione in tutto il mondo di potenti pompe alimentate a carburante diesel o elettriche. Solo grazie all'avvento di queste pompe i contadini sono stati in grado di prelevare acqua dalle falde più rapidamente della capacità di alimentazione delle piogge.

Mentre la domanda mondiale di cibo cresceva rapidamente, milioni di contadini hanno trivellato pozzi di irrigazione per aumentare i propri raccolti, e in assenza di controllo da parte dei governi sono stati trivellati troppi pozzi. Il risultato è che le il livello delle falde si sta abbassando rapidamente e i pozzi si stanno prosciugando in almeno 20 paesi tra cui l'India, la Cina e gli Stati Uniti, i tre paesi a cui si deve la metà della produzione mondiale di cereali. Nel 2010 questi tre paesi erano i più popolosi al mondo, nell'ordine 1° Cina con un miliardo e 338 milioni, 2° India con un miliardo e 189 milioni, 3° USA con 310 milioni di abitanti e nel 2050, questi tre paesi saranno, sempre secondo le previsioni delle Nazioni Unite, ancora i tre più popolosi paesi al mondo con il seguente ordine 1° India con un miliardo e 748 milioni, 2° Cina con un miliardo e 437 milioni e 3° USA con 423 milioni.

Il prelievo eccessivo dagli acquiferi per l'irrigazione aumenta temporaneamente la produzione di cibo creando però una bolla di produzione destinata ad esplodere all'esaurimento della falda.
Brown ci ricorda quindi che essendo il 40% del raccolto di grano mondiale proveniente da terreni irrigati artificialmente, il potenziale calo della disponibilità di acque irrigue è fonte di grande preoccupazione. Per quanto riguarda i tre principali paesi produttori di cereali, negli Stati Uniti proviene da terre irrigate circa un quinto della produzione, per l'India la proporzione è di tre quinti e per la Cina di circa quattro quinti.

Ci sono due fonti di acqua per l'irrigazione e cioè le acque sotterranee e le acque superficiali. La maggior parte delle acque sotterranee proviene da acquiferi che vengono regolarmente alimentati dall'acqua piovana: da questi è possibile prelevare, purché la quantità d'acqua che viene prelevata non ecceda la quantità che viene immessa dalle piogge. Vi è però una distinta minoranza di falde fossili, che contengono acqua che vi si è depositata in tempi immemori. Poiché queste non possono essere rialimentate, l'irrigazione ha termine quando si prosciugano. Tra i più importanti acquiferi fossili vi è quello di Ogallala sotto le Grandi Pianure degli Stati Uniti, quello in Arabia Saudita e il profondo acquifero situato sotto la Pianura del Nord della Cina.

E, dopo aver trattato brevemente di suolo ed acqua due parole sull'inquinamento in Cina. Le autorità cinesi a causa della presenza di sostanze inquinanti dannose alla salute hanno identificato già 459 "villaggi del cancro" con il suggerimento di evacuarli. Le statistiche del Ministero della Sanità cinese mostrano che il cancro è ora la principale causa di morte nel paese. Il tasso di mortalità causato dal cancro ai polmoni, alimentato anche dall'abitudine al fumo, è aumentato di circa 5 volte negli ultimi 30 anni.

A causa di uno scarso controllo dell'inquinamento, presso intere comunità risiedenti nei pressi delle industrie chimiche si registrano tassi di cancro senza precedenti. La Banca Mondiale dichiara che i tassi di mortalità per cancro al fegato della popolazione rurale cinese cono quattro volte superiori alla media globale. Il tasso di mortalità per cancro allo stomaco è doppio rispetto al resto del mondo. Gli industriali cinesi costruiscono fabbriche in aree rurali dove trovano manodopera a basso costo, e i controlli sul rispetto delle norme sull'inquinamento scarseggiano o sono del tutto assenti.I giovani abbandonano le campagne in gran numero per cercare un lavoro e la possibilità di godere di una salute migliore, ma molti sono troppo malati o poveri per potersene andare.

Come abbiamo visto da queste brevi note sulla situazione ambientale della grande economia cinese non possiamo non renderci conto, ancora una volta, come il modello di sviluppo che persegue la crescita economica indefinita sia veramente al capolinea, come cerco di dimostrare in tutti gli articoli di questa rubrica, ogni settimana.

Sappiamo anche che le soluzioni ci sono e sono tutte praticabili. Ve ne sono molte. Personalmente, come ho più volte scritto in queste pagine, condivido quanto prodotto da molti autorevoli economisti ecologici, come Tim Jackson del quale ho avuto il grande piacere di curare l'edizione del suo splendido volume "Prosperità senza crescita" (Edizioni Ambiente, uscito agli inizi dell'anno).
L'unica cosa che non dobbiamo fare è attendere, far finta di niente, adottare mentalità da scenari Business As Usual. Il compito che ci aspetta è veramente impegnativo.