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Perché l'economia monetizzata deve incorporare l'economia della natura

di Gianfranco Bologna - 17/09/2011


 

 

Dal 19 al 21 settembre avrà luogo, nella ben nota località montana svizzera di Davos, il secondo World Resources Forum, il Forum mondiale che fa il punto sullo stato e le prospettive dell'utilizzo delle risorse della Terra da parte delle nostre società (vedasi il sito www.worldresourcesforum.org) .

Al Forum precedente che ha avuto luogo nel 2009, abbiamo dedicato ampio spazio nella nostra rubrica per la grande importanza che le analisi, i dati, le prospettive e le soluzioni proposte in un'iniziativa simile hanno per tutti noi. Infatti il Forum è guidato dai maggiori esperti internazionali che si occupano da anni delle analisi dei flussi di materia che attraversano le nostre economie, come il  noto esperto Friederich Schmidt-Bleek (fondatore del Factor 10 Institute), e, non a caso, ha luogo a Davos, la località dove ogni anno si tiene il notissimo World Economic Forum che vede riuniti autorevoli leader e figure di spicco del mondo politico, economico e finanziario a discutere dello stato e delle prospettive delle nostre economie.

Gli studiosi che si occupano di quanto le nostre economie utilizzano risorse e materie prime, hanno giustamente ritenuto che le analisi e le prospettive di un World Economic Forum sono drammaticamente carenti senza avere un quadro corrispondente dello stato e delle prospettive dell'utilizzo delle risorse, ricordando la basilare verità che senza utilizzo di risorse non esiste neanche la possibilità di avviare uno sviluppo economico.

Il dibattito che, da anni, si è scatenato a livello internazionale sulla straordinaria pressione che le nostre economie esercitano sull'uso delle risorse, ricavate dai sistemi naturali, ha condotto numerosi esperti a discutere delle ipotesi di indicare dei tetti massimi pro capite per il consumo delle risorse. Infatti il gravissimo problema che non possiamo ormai più eludere è come cercare di armonizzare i metabolismi dei sistemi naturali con quelli dei nostri sistemi sociali. Gli attuali flussi di materia ed energia e di trasformazione fisica degli ambienti naturali richiesti dalle nostre economie sono chiaramente insostenibili ed è pura follia ritenere che si possa  proseguire su questa strada.

La necessità di un significativo cambio di rotta è sempre più evidente, anche a seguito della pesantissima situazione economica e finanziaria in cui si stanno trovando le nostre società e, non a caso, la Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile che avrà luogo nel giugno 2012 a Rio de Janeiro (vedasi il sito www.uncsd2012.org), venti anni dopo il famoso Earth Summit del 1992, dovrebbe convergere verso azioni urgenti e condivise che consentano finalmente di equilibrare l'attuale sistema economico rispetto al drammatico deficit ecologico che non possiamo più permetterci di avere e di aggravare.

Come ormai tutti, ci auguriamo, abbiamo imparato a comprendere, l'economia monetizzata non rappresenta affatto la nostra intera economia. I sistemi naturali e il capitale naturale è fondamentale ed indispensabile nel fornire numerosi servizi essenziali per la sopravvivenza ed il benessere del genere umano e delle nostre civiltà.

Fino a poco tempo fa, purtroppo, la teoria e la prassi dell'economia centrata sulla moneta avevano di fatto rimosso questo aspetto centrale e vitale per tutti noi. Esse si sono basate per quasi duecento anni sul presupposto che la natura sia a disposizione di tutti in un'abbondanza inesauribile. Si pensava che i servizi della natura sarebbero stati a disposizione senza scarseggiare e quindi si ritenevano i beni naturali gratuiti senza considerarli parte fondativa e integrante dell'economia.

Oggi, come ormai ci ricordano una quantità enorme di analisi e rapporti internazionali, le circostanze storiche che avevano indotto un tempo questa ipotesi sono completamente cambiate. Paradossalmente l'economia è cresciuta enormemente in questi ultimi secoli mentre la ricchezza e la varietà della natura si stanno riducendo in maniera drammatica. Oggi non ha più alcuna credibilità l'assunto secondo cui l'economia è governata dalla scarsità e la natura dall'abbondanza.

Come abbiamo più volte ribadito in queste pagine, approfondendo l'argomento grazie a numerose analisi veramente molto ben fatte, come quelle del grande assessment internazionale, patrocinato dalle Nazioni Unite, definito The Economics of Ecosystems and Biodiversity (TEEB, vedasi www.teebweb.org) e diretto dall'economista indiano Pavan Sukhdev, del quale sono stati ormai pubblicati i volumi conclusivi, nell'economia tradizionale la natura non partecipa al mercato. Il suo contributo alla creazione di valore rimane sconosciuto ed ignorato.

Di conseguenza anche il nostro atteggiamento culturale dominante che investe tutti, dai politici ai decisori economici, è profondamente alterato perché il valore della natura non viene considerato.

Come ricorda l'ottimo rapporto del Wuppertal Institut per il Clima, l'Energia e l'Ambiente, coordinato da Wolfgang Sachs (pubblicato recentemente da Edizioni Ambiente con il titolo "Futuro sostenibile") questo esito è contraddetto solo in parte dal fatto che il rame e l'uranio, il pesce o il legno si vendono ovviamente sul mercato a certi prezzi. Questi prezzi infatti non riflettono il loro valore biosferico. Di solito si paga la quantità di lavoro e di capitale necessaria per poter disporre dei servizi della natura. Le perdite inflitte alla capacità produttiva di quest'ultima non compaiono in nessun bilancio, né nazionale né aziendale.

Questi servizi della natura non esistono sui mercati, e si sottraggono anche alla quantificazione monetaria.

Quindi è diventato ormai fondamentale un impegno chiaro e definito per dare valore concreto alla natura nell'economia e questo tema costituisce la base essenziale per costruire qualsiasi ipotesi attuativa della tanto declamata Green Economy, che costituirà uno dei due grandi temi centrali di discussione della Conferenza di Rio 2012 (l'altro riguarda le capacità di governance per attuare concretamente la sostenibilità) .

La corretta gestione dei beni comuni della Terra (aria, acqua, suolo, oceani, biodiversità, ecc.) esige che si limiti il volume dello scambio di materiali tra l'umanità e la biosfera in modo da non mandare in rovina l'economia della natura. Riuscire a tracciare un quadro organico che incorpori l'economia della natura all'economia monetizzata è diventato quindi un compito pubblico di prim'ordine. In linea di massima si tratta almeno di tre sfide: primo, stabilizzare il consumo delle materie prime su un livello con capacità di rinnovamento; secondo, mantenere le emissioni e gli scarti a livelli innocui o comunque sostenibili; terzo, lasciare la quantità di superficie utilizzata dagli esseri umani ad un livello compatibile con quella necessaria alle necessità degli altri esseri viventi.

Dal livello locale a quello globale della politica e soprattutto nel dibattito scientifico negli ultimi decenni, si è assistito ad una serie molto interessante di proposte di individuazione di valori limite, di quantitativi massimi, di obiettivi di riduzione, di valori soglia. Si sono anche iniziate a realizzare innovazioni giuridiche ed istituzionali, che abbozzano un nuovo compito dello stato, cioè regolamentare oltre a quelli tra le persone anche i rapporti tra le persone e la natura.

La limitazione del consumo e delle emissioni è da anni un tema fortemente controverso della politica nazionale e internazionale, dove intervengono tante difese dello status quo, ma è certamente un tema ineludibile per il nostro futuro, più che mai in un mondo così instabile come l'attuale nel quale stiamo raggiungendo i 7 miliardi di abitanti quest'anno, per poi sorpassare i 9 miliardi entro il 2050.

E' inevitabile prevedere che in futuro emergeranno prepotentemente le questioni della corretta distribuzione dello spazio ambientale pro capite ancora disponibile. Tema sul quale abbiamo dedicato diverse rubriche su greenreport.it ed al quale ne dedicheremo ancora molte altre: si tratta della vera sfida del futuro e della strada concreta verso la sostenibilità.