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La crisi avanza, statali a rischio

di Eugenio Benetazzo - 04/10/2011

Fonte: cadoinpiedi




In Grecia 30 mila dipendenti pubblici licenziati. E' una misura che potrebbe colpire anche l'Italia, perché il debito accumulato negli anni stringe il collo ad un Paese ormai alle strette

Al momento attuale non bisogna essere né troppo ottimisti, né troppo pessimisti, ma semplicemente possibilisti. Le istanze che riceviamo dalle comunità finanziarie internazionali ormai non lasciano più nessuna ombra di dubbio su quale dovrebbe essere la strada che dovrebbe intraprendere il nostro esecutivo e soprattutto la politica italiana: quella di una profonda e severa revisione dei costi dell'amministrazione pubblica cominciando, al di là degli eccessi e degli enti inutili, soprattutto dal ridimensionamento dell'organico del personale amministrativo.

Quindi, per forza di cose, per dare credibilità e soprattutto rendere il paese se non competitivo almeno in grado di supportare meglio il periodo di turbolenza economica che ci aspetterà per i prossimi semestri, è doveroso intraprendere una strada che in molti altri stati è già stata intrapresa e che è stata volgarmente definita come manovre lacrime e sangue. Non so se quantitativamente con questo tipo di ingerenza, però è una strada obbligata anche per il paese Italia.

Non dimentichiamo comunque che la Grecia ha avuto negli ultimi cinque anni una situazione occupazionale nel settore pubblico particolarmente atipica. Sostanzialmente il partito ha foraggiato le amicizie interne e poi l'escalation politica attraverso l'assegnazione di posti nei dipartimenti di Stato, che hanno conseguentemente generato un aumento vistoso del personale che lavora per l'amministrazione pubblica.

Ma oggi, in Italia, è più a rischio un dipendente privato o un dipendente pubblico?

Questo è un quesito straordinario perché oggettivamente penso che non esista una risposta univoca. Chi è all'interno del settore privato sta già subendo in questi ultimi due anni una profonda revisione di quelle che sono le sue aspettative occupazionali e anche reddituali, per le ovvie conseguenze che tutti quanti conosciamo ormai. Sul piano invece dei dipartimenti delle amministrazioni pubbliche lì forse bisognerebbe individuare meglio quali potrebbero essere i gangli vitali del paese a cui si può dare una sforbiciata e quelli invece che probabilmente sono intoccabili o difficilmente, per ragioni sindacali, gestibili; mi riferisco per esempio alla difesa alla sanità che per ragioni strutturali in questo momento di mercato un Paese difficilmente si può permettere di ridimensionare.

Ci sono invece altri dipartimenti dell'amministrazione pubblica che potrebbero essere rivisitati dal punto di vista quantitativo sul gradiente occupazionale: mi riferisco nello specifico in quelle aree ministeriali che possono essere al momento oggetto di ridimensionamento dell'organico o diminuzione dell'organico, come per esempio l'apparato scolastico, la tutela dell'ambiente, la cultura e così via. Dipartimenti che, ben inteso, interessano la collettività e il ruolo che ha lo Stato nel preservare e tutelare determinate ricchezze e stili di vita di tutti quanti noi italiani. Purtroppo però adesso anche noi italiani dobbiamo renderci conto che non possiamo continuare a mantenere in piedi una macchina che produce costi superiori ai proventi. Ed è la legge del buon padre di famiglia così come si insegna all'inizio di ogni percorso di studi e discipline economiche: se una famiglia incassa 2 mila, sì ci sarà qualche mese che può spendere 2.100-2.200 ma non è che può spenderli ogni mese 2.100-2.200 altrimenti si arriva a un livello di indebitamento in cui non si è più in grado di sostenere l'attività stessa ed è quello che è stato causato a noi in Italia in questi ultimi dieci anni, in cui i governi che si sono succeduti non hanno fatto altro che creare debito pubblico per coprire il deficit di bilancio. Questa è una cosa gravissima, io l'ho detto in tantissimi altri contesti anche all'interno dei miei saggi economici, che il debito pubblico in sé dovrebbe essere diviso tra buono e cattivo: premesso che il debito è la radice di tutti i mali, se tuttavia esso fosse stato generato in questi ultimi dieci anni, in cui è passato da 1.500 ormai ai quasi 1.900 per un ammodernamento e un ampliamento delle infrastrutture del paese, ecco avrebbe significato un investimento che avrebbe arricchito e creato, indirettamente anche, riverbero occupazionale.

Nel momento in cui noi andiamo a emettere debito pubblico per coprire disavanzi di bilancio che anno dopo anno sono cronici e sistematici, è chiaro che prima o poi qualcuno deve pensare a mettere un tappo sulla barca che sta affondando. E poi l'acqua che è entrata bisogna prenderla e buttarla fuori, quindi azionare le pompe per ridare stabilità e slancio al "vascello Italia". Tutto questo, sommato, è quello che adesso si aspettano a livello internazionale i grandi interlocutori del mondo finanziario, quindi basta con questa facilità dei conti pubblici, basta con la mancanza di severità e soprattutto anche di contenimento della spesa, in quanto per ragioni strutturali adesso siamo obbligati a intraprendere questa strada, purtroppo. Un primo ministro oppure un capo dell'opposizione che possano essere considerati attendibili e credibili adesso dovrebbero iniziare a proporre al paese purtroppo la medicina amara e siccome per ragioni elettorali questo tipo di esternazioni sono particolarmente impopolari, sia a destra che a sinistra si guardano bene dal farle, lasciando il paese nel baratro, nell'oblio fino a quando, forse, verrà imposto dall'alto un governo tecnico. A quel punto il governo tecnico che riceverà consensi per il prestigio e la credibilità riceverà consenso, dovrà strutturare tagli e il dimensionamento della spesa pubblica che dovrebbero essere quanto prima implementati.