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Psicofarmaci: dal 1998 al 2008 il consumo è cresciuto del 400% negli Usa e del 76% in Italia

di Elena Dusi - 24/10/2011


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Uno studio rivela che l´11% degli americani fa uso di psicofarmaci. Addirittura il 25% delle donne fra i 40 e i 60 anni Eppure l´Oms ha avvertito: "Il 60% di chi li assume potrebbe farne a meno".

Guardandosi intorno per strada negli Usa si incontrerà più di una persona su dieci (l´11%) sottoposta a cura con antidepressivi. La proporzione sale a quasi una su 4 fra le donne tra 40 e 60 anni. E se di fronte abbiamo un adulto tra i 18 e i 44 anni, sapremo che le pillole più presenti nel suo armadietto sono proprio gli psicofarmaci per il tono dell´umore. Eppure raccontano gli ultimi dati del National Center for Health Statistics i due terzi degli individui veramente colpiti dal male di vivere se ne restano rintanati nella caverna, rifuggendo da ogni cura.
Medicine ingoiate in quantità da chi non ne ha bisogno e veri malati che restano orfani: gli antidepressivi negli Stati Uniti sembrano più utili a curare la depressione economica delle case farmaceutiche che non quella mentale. Dal 1998 al 2008 il consumo di questi medicinali è cresciuto del 400% in America e del 76% in Italia, dove la media di circa tre pillole al giorno ogni cento abitanti resta ancora ben lontana dal record Usa.
Che la moda degli psicofarmaci poco appropriati raggiunga anche il nostro Paese è però la preoccupazione dell´Istituto farmacologico Mario Negri, che oggi organizza un convegno per i suoi 50 anni il cui sottotitolo non lascia adito a dubbi di interpretazione: "Le prescrizioni di psicofarmaci rappresentano uno dei più grandi successi di marketing industriale degli ultimi anni, nonostante la consapevolezza dell´efficacia solo parziale degli stessi".
Due anni fa l´Organizzazione mondiale della sanità scrisse che solo 6 pazienti su 10 fra quelli che assumono regolarmente antidepressivi ne traggono beneficio. E che in un caso su due il miglioramento era dovuto all´effetto placebo. «Sono praticamente trent´anni che usiamo più o meno gli stessi principi attivi» spiega Gianluigi Forloni, direttore del dipartimento di neuroscienze del Mario Negri. «L´efficacia non è migliorata di molto, ma in compenso si sono ridotti gli effetti collaterali. Ecco perché molto spesso le prescrizioni arrivano dai medici di famiglia».
Negli Usa una pasticca su tre è ingoiata da un sedicente depresso che negli ultimi 12 mesi non si è rivolto a uno specialista. Mandar giù una "pillola della felicità" ha iniziato a diventare pratica comune dopo l´arrivo, nel 1987 negli Usa, di una nuova classe di farmaci, detti "Ssri" o "inibitori della ricaptazione della serotonina", considerati più benigni dal punto di vista degli effetti collaterali. Per quanto riguarda la durata della cura, 14 consumatori su 100 hanno iniziato a usare antidepressivi oltre 10 fa anni, contrariamente a ogni regola della psichiatria. «In caso di recidiva, arriviamo a 18 mesi» spiega Barbara D´Avanzo, ricercatrice del Mario Negri. «Sospendere questi farmaci è un´operazione delicata. Bisogna scalarne le dosi restando sotto agli occhi del medico».
Il marketing cui fa riferimento il convegno milanese agisce sui pazienti attraverso pubblicità (negli Usa, non in Italia), sconti e tam tam. E sui camici bianchi attraverso gli informatori sanitari. «Per un medico non specialista conferma Forloni ci sono stati d´animo che possono essere confusi con la depressione. E non a caso sono proprio i pazienti non gravi ad alimentare il boom del mercato». Secondo i dati Usa solo una persona su tre, fra chi assume antidepressivi, ha una diagnosi di malattia severa, e l´uso di questi farmaci è quasi esclusivamente riservato ai bianchi non ispanici (i neri non arrivano al 4% e gli ispanici al 3). Eppure la malattia ha sempre dimostrato di non fare preferenze fra le etnie. E a volte le medicine vengono usate anche per disturbi che con la depressione hanno poco a che fare (8 casi su 100), come dolore cronico, anoressia o bulimia, insonnia, disturbi d´ansia e nei tentativi di smettere di fumare (in questi ultimi due casi non si sono dimostrati nemmeno del tutto inefficaci). Di quel 40% di persone che secondo l´Oms non traggono benefici dalle pillole, la maggior parte sono proprio i malati più lievi. «È come se depressione lieve e depressione grave fossero due malattie diverse. Nel primo caso abbiamo un´efficacia limitata e un grosso effetto placebo. Nel secondo invece non si può assolutamente negare l´importanza di questi medicinali».