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11 settembre: sinora nessun processo, nessuna verità. Noi ci proviamo

di Ferdinando Imposimato - Giulietto Chiesa - 03/11/2011

imposimato-pandoraIn una videointervista rilasciata a Giulietto Chiesa su PandoraTV.it, il Presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione, Ferdinando Imposimato, conferma l’intenzione di presentare una denuncia presso la Corte penale internazionale dell’Aja per far aprire un processo a carico delle istituzioni che hanno concorso nelle stragi dell’11 settembre 2001.  

Imposimato aveva già annunciato questo intento clamoroso, ma pochissimi media ne hanno dato notizia fino ad ora. Ne parlerà di nuovo in occasione di una conferenza stampa che ha convocato il 3 novembre assieme all’ex senatore USA Mike Gravel, il politico che svelò al Congresso i Pentagon Papers, una sorta di Wikileaks degli anni settanta che demolì i segreti della guerra del Vietnam. 

Il magistrato italiano, in veste di giudice istruttore ha avviato a suo tempo i processi sui più importanti casi di terrorismo in Italia, dal processo Aldo Moro a quello sull'attentato a Papa Wojtyła, scoperchiando le ramificate interferenze nel terrorismo italiano dei servizi segreti di vari paesi, compresi quelli israeliani e perfino il KGB.

Nell’intervista a Giulietto Chiesa, Imposimato sottolinea l’assoluta insufficienza delle indagini ufficiali fin qui condotte sulle stragi dell’11 settembre, senza gli standard minimi normalmente assicurati negli ordinamenti anglosassoni dal “due process”. Il magistrato cita il caso del crollo che ha totalmente disintegrato tre torri del World Trade Center, avvenuto in pochi secondi e fin qui analizzato in via ufficiale solo da agenzie di esperti legate al governo USA, come il NIST.

«In casi di questo genere – spiega Imposimato – in tutti i paesi del mondo innanzitutto c’è un processo pubblico contro i responsabili», ossia la vasta rete dei complici dei presunti attentatori. «In questo processo pubblico bisognerebbe dare la possibilità ai familiari delle vittime di portare un contributo di conoscenza attraverso i propri esperti, perché secondo le regole del “Due Process of Law” - che sono state definite proprio negli Stati Uniti e nei paesi di “Common law” - bisogna che questi accertamenti non siano fatti da una sola autorità, che è l’autorità che difende lo Stato, e che è possibile responsabile dei fatti, ma che siano fatti nel “contraddittorio delle parti”: cioè, da una parte c’è l’esperto del pubblico ministero, del prosecutor, e dall’altra l’esperto nominato dai familiari delle parti offese».

Chiesa chiede a Imposimato se non gli sembri strano che – a parte il processo a Moussaoui, che però non ha partecipato agli attentati perché l’11 settembre era in carcere – nessun processo sia stato celebrato sulle stragi. «È un indizio di una volontà di coprire gli attentati che non si è vista in nessuna parte del mondo», scandisce Imposimato, che aggiunge: «Noi non possiamo accettare una verità che ci viene dal NIST». Nel prosieguo dell’intervista, Imposimato fa a pezzi “in punta di diritto” i pezzi di inchiesta fin qui portati avanti, come le “confessioni” estorte sotto tortura alla presunta mente degli attentati, Khaled Sheikh Mohammed, del tutto inutilizzabili in un qualsiasi processo.

Il magistrato, che è anche autore del libro “Terrorismo internazionale, la verità nascosta” (Koiné, 2002), spiega che le regole della Corte penale internazionale vincolano anche i paesi che non hanno firmato la convenzione e formalmente non ne riconoscono la giurisdizione: è stato così per la Libia di Gheddafi, e giuridicamente vale lo stesso anche per l’amministrazione USA. La denuncia non potrà dunque essere presa sottogamba.