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Si fa presto a dire "governo islamico". La “contestazione islamica” in Siria

di Enrico Galoppini - 01/12/2011

Fonte: europeanphoenix





A giudicare dalle manifestazioni oceaniche di sostegno al governo e al presidente Bashar al-Asad, si direbbe che un collasso interno del “regime siriano” non si verificherà in tempi brevi.

Ma abbiamo già detto qualcosa sulla “fisima della maggioranza”,  e non è il caso di ripetersi, pertanto invito a rileggere quell’articolo per giudicare quanto sia inopportuno fare affidamento solo sulle “maggioranze” vere o presunte, brandite da una parte o dall’altra.

Vi è infatti da dire che non sono propriamente quattro gatti i siriani che, in un modo o nell'altro (dalle “riforme interne” fino all’attacco coi bombardieri della Nato), vedrebbero di buon occhio un cambiamento epocale in Siria, con ovvia  fine del Ba'th, considerato troppo “socialista” ed “ateo”, nonché “dittatoriale” e da taluni anche “settario”. La maggioranza dei siriani delle varie associazioni islamiche in Europa, ad esempio, auspicano la fine del Ba'th siriano, anche se spero non giungano alla follia autolesionista, in stile “Radio Londra”, di desiderare le bombe sul loro paese d'origine, così come han fatto certi “ribelli libici” con base a Londra.

Ma prima di svolgere il ragionamento centrale di quest’articolo, vorrei condividere qualche ricordo sulla Siria; un Paese meraviglioso abitato da persone di una cordialità e di un’ospitalità senza pari. La Siria è, effettivamente, una “terra magica”, e tutti quelli che hanno avuto modo di soggiornarvi ne conservano un ricordo indimenticabile, più precisamente la sensazione che lì c’è qualcosa che sfugge alla comprensione razionale e che fa intuire chissà quali meraviglie. Non è un caso, difatti, che nell’escatologia islamica la Siria (Shâm) venga indicata come teatro di avvenimenti importantissimi nel quadro degli “ultimi eventi”.

La prima volta che mi recai in Siria da turista era il 1999... c'era la “campagna elettorale”, o meglio ‘plebiscitaria’, e mi trovavo a Hama. Ricordo che stavo mangiando in una specie di pizzeria, e commentavo coi proprietari delle foto ‘d’epoca’ lì appese, che ritraevano una parte della città che pare non esistesse più. Al suo posto era infatti sorto un hotel di lusso, dove avrei poi soggiornato in veste d'accompagnatore turistico... Insomma, era il quartiere della famosa “rivolta di Hama”, del 1982, repressa duramente dal regime siriano. Ricordo che ad un certo punto passò un camioncino con gli altoparlanti che sparavano inni patriottici, pieno di attivisti del Ba’th che inneggiavano ad Hafiz al-Asad: i due gestori della pizzeria, che già mi avevano espresso, a denti stretti, la loro contrarietà al governo, chiusero la porta e si misero ad imprecare. Un piccolo episodio che già mi fece riflettere sui limiti di un “consenso” apparentemente a senso unico…

Con questo non intendo dire che uno Stato non abbia il diritto, dal suo punto di vista, di difendersi dalle insurrezioni interne (che farebbe lo Stato italiano in caso di “secessione” unilaterale della “Padania”? Non manderebbe l’esercito?), in special modo  se si affidano a potenze esterne interessate a far man bassa delle ricchezze della nazione; ma quella frattura che origina dal 1982 forse non s'è più sanata e ora, con "l'occasione buona" che si presenta, chi ha meditato "vendetta" salirà, nell’ipotesi meno dignitosa, anche sui carri armati della Nato...

Chiusa la finestra dei ricordi, la questione siriana secondo me sta come segue. Almeno per quanto riguarda il punto di vista dei siriani stessi, i quali – bisogna sempre ricordarselo - sono l’irrinunciabile “leva” per chi, dall’esterno (Usa, Unione Europea, Lega Araba…), preme per un cambiamento: d’altra parte, senza i “ribelli”, entrati dal confine egiziano assieme alle truppe Nato (i cosiddetti “istruttori”), sarebbe stato piuttosto difficile presentare l’aggressione alla Libia sotto le insegne dell’”interventismo umanitario”, inaugurato con la guerra a Belgrado del 1999.

Partiamo con una constatazione generale. L’intera umanità è a tutt’oggi preda di una suggestione potentissima, quella della "libertà". Un concetto sano, se correttamente inteso, ma ormai frainteso e sfruttato da mestatori d’ogni sorta che abbindolano, abbindolando anche se stessi, una massa planetaria “desiderante” che sa solo andare in piazza per reclamare “diritti”. Tutti, ad ogni latitudine, pretendono di “liberarsi”, “le donne” (militanti) in prima linea, senza sapere esattamente cosa vogliono. Se si pensa alla valenza spirituale del termine “liberazione” (“dalla forma”, “dal ciclo delle rinascite” ecc.) e si considera la sua degenerazione odierna, passata per la sua accezione “politica” (l’Italia è appunto “liberata” dal 1945), si comprende come una “liberazione” individuale, modello ’68, sia l’ultimo livello dello sfaldamento di un concetto che di per sé, nel suo significato più elevato, resta sempre attuale e validissimo.

Adesso pretendono la “libertà” anche nei paesi islamici... E non ci si può fare nulla, e nessun ragionamento o analisi può fermare questo desiderio irrazionale che porta gi essere umani, in questa fase crepuscolare del loro ciclo, a desiderare per se stessi sempre di più, in uno stato di perenne insoddisfazione. C’è chi lo chiama “individualismo”: personalmente tendo ad interpretare tutto ciò come una “dispersione”, un “decentramento” degli esseri, che illusi dalle sirene del “mondo” dimenticano quale sia il loro compito improrogabile e si rivolgono - “di-vergendo” e non più “con-vergendo” verso il loro “centro” - a tutti gli ‘specchietti’ illusori di questo mondo di “ombre cinesi” e di “spettri” che escono da una falla sempre più ampia creatasi in quel ‘muro’ che teneva a freno le tendenze inferiori e dissolutive.

Quella della "libertà" è una fisima, che s'è allargata all'intero genere umano, e non c'è scampo, perché è il riflesso di una scissione che è sempre più dilaniante a livello interiore; la stessa – sia detto per inciso - che produce tutti gli altri disastri, tra cui anche quelli "ambientali", perché l’uomo può devastare la Terra solo se è devastato dentro di sé (si pensi al fatto che per due terzi siamo composti d’acqua e che le terre emerse sono… un terzo (quindi vi sono due terzi di oceani): incredibile ma non troppo, perché tra noi e la Terra, tra gli esseri umani e il Tutto, vi è sempre regolare corrispondenza, essendo l’uomo un microcosmo che nella sua proporzione contiene praticamente tutto (si è fatto caso alla forma di certi frutti? Se vai a vedere, quello che sembra un cervello fa bene proprio al cervello, e così via). Il Corano, del resto, non fa sconti in merito, e in più passi ricorda che la Terra “testimonierà” contro l’essere umano per quel che ha commesso… (da cui si capisce che l’”ambientalismo” ateo parte da una constatazione corretta, lo stato miserevole dell’ambiente, ma non trova il bandolo della matassa perché non si può pretendere un “rispetto per la natura” di carattere solo moralistico o pedagogico).

Essendo il potere di queste suggestioni così forte, non sorprende che anche molti musulmani, esseri umani che praticano la religione dell’Islam ed aderiscono al suo credo, pretendano la “libertà” e la sua necessaria appendice, la “democrazia”, e che pensino di ottenerla in salsa di "democrazia islamica"; il che è un vero non senso, tra l'altro alimentato da una campagna "culturale" alla moda nelle università europee, dove vi sono cattedre su "democrazia e Islam" e si dà un'importanza esagerata al "modernismo islamico". Il quale è una “ideologia islamica”, o meglio un’interpretazione ideologica della religione dell’Islam – ovvero dell’ “abbandono fiducioso” al volere divino, che non implica alcuna ideologia o “modernismo”!

Tra l'altro, se uno vuole "vivere l'Islam" (praticare, studiare in "università islamiche", frequentare autorità spirituali, visitare santuari eccetera), in Siria – “terra di santi" - può farlo senza impedimenti. Non è la Tunisia di Ben 'Ali, dove si veniva segnalati per il solo fatto di recarsi in moschea e dove le studentesse che pregavano, mettendosi perciò durante la preghiera il foulard sul capo, erano segnalate alla direzione dei dormitori universitari. L'importante però, dal punto di vista dello Stato siriano, è che non ci si metta di traverso alla “sicurezza dello Stato” in quanto ‘musulmani politicizzati’. Ed è quello che vogliono fare molti “contestatori islamici” del governo di Damasco, i quali hanno un progetto politico chiaro, che è quello di governare tramite un “ordinamento islamico” che essi oggi presentano come “democrazia islamica”.

Ora, di per sé, islamicamente parlando, non è insensato il voler edificare uno "Stato islamico": quello siriano attuale non lo è, ma comunque non è nemmeno uno "Stato laico" come s'intende qua. Cioè, si tratta di una rivendicazione legittima, che ha un senso per come viene formulata, ed è coerente dal punto di vista dei suoi fautori, poiché anche l’ordinamento di uno Stato ha la sua importanza nel coadiuvare lo sviluppo della persona dal punto di vista spirituale (si pensi al caso limite di uno Stato che scheda chi va a pregare in moschea). Lo “Stato laico”, infatti, più che essere quello che “rispetta le differenze” (politiche, religiose ecc.), è quello che espunge la religione, il sacro, dal vivere sociale, economico e politico, col risultato che questo vuoto viene riempito con degli pseudo-valori, anticamera della “disperazione” (e dispersione) dei moderni… E il "laicismo", come il "materialismo" puro, alla fine non esiste...

Ma qui viene il bello di tutta questa faccenda dello “Stato islamico” da edificare una volta abbattuti i sistemi “atei”. Non basta dire "ora applichiamo la sharî‘a" per avere lo "Stato islamico" panacea di tutti i mali, con tutti i musulmani del mondo che vissero felici e contenti! Esempi di "Stato islamico" ve ne sono, eppure queste realtà – che ovviamente terrorizzano i “laicisti” - sono fortemente contestate, nella loro legittimità “tradizionale”, da numerosi musulmani nel mondo, tra cui quelli ultimi arrivati nella “comunità dei credenti”, ovvero quelli europei d’origine. Ma i sauditi, i kuwaitiani, gli imaratensi ecc. sono convinti che il loro sia uno "Stato islamico"... Certo, non è uno “Stato buddista”, ma in realtà si tratta di un Islam che privilegia la "lettera" a scapito dello “spirito”. Perché, altrimenti, si cerca di ostacolare addirittura la preghiera sulla tomba del Profeta che molti pellegrini alla Ka‘ba intendono svolgere a Medina? Perché tutti questi Stati sono in intimi ed inscindibili rapporti con l’America e l’Inghilterra? Non sono forse quelle le punte avanzate del mondo dei “miscredenti”? E allora perché tutto questo scambio di effusioni?

Certo, uno Stato che prova ad applicare integralmente, in ogni ambito (poiché la vita non è “a compartimenti stagni”), la "legge di Dio", è pur sempre uno Stato che “ci prova” ad uscire dalle secche del “laicismo” e della sua visione disperante. Ma la sharî‘a non è un manuale d’istruzioni, un ‘kit di montaggio’... bensì la “legge” desunta in primis dal Corano e dalla Sunna (comportamento virtuoso) dell'Inviato di Allah e dalla loro interpretazione per trarne la norma.
Ma chi può incaricarsi d’un simile compito, per poi garantire la sua applicazione da parte dei giudici, se non un "santo", un "ispirato" da Dio? La “legge divina” non può essere lasciata certo nelle mani degli “esperti di diritto”, i quali possono anche sapere tutto a memoria per filo e per segno: la differenza la fa solo la presenza, a capo della comunità che intende erigere uno “Stato islamico”, di un uomo “universale” che effettivamente ha realizzato la “connessione” col divino.

Quindi, se i “modernisti” affermando "applichiamo la sharî'a e facciamo lo Stato islamico" rigettano al tempo stesso la "santità", il fatto che alcuni abbiano effettivamente una "connessione" col divino, con l'Essere... costoro non faranno che erigere uno "Stato islamico" di facciata, tutto "lettera" e poco o niente "spirito". Magari pieno di “prestigiose università islamiche” e con Corani stampati in rotative a getto continuo, ma privo di quel ‘gusto’ che promana solo dalla presenza attiva di chi è “prossimo” al Centro.

C’è davvero da disperarsi se nell’idea di "Stato islamico" che alberga nelle menti dei “modernisti” è più importante la misura dei baffi, o dei pantaloni, della sovranità… Saranno finalmente fieri di dimostrare (complesso d'inferiorità) che "l'Islam è compatibile con la democrazia"!

E chi c'è bell’e pronto ad elargire tonnellate di "libertà" e "democrazia"? L'Occidente, al quale va benissimo tutto il "folclore islamico" dei vari emirati o “democrazie islamiche”, purché il "business" vada avanti... Certo, il discorso – come ho accennato - è molto più "sottile", e ai pupari dell'Occidente sta bene che l'Islam si "letteralizzi" sempre di più... Perché quella è l'anticamera dell'abbandono, nell’intimità, della religione, che a quel punto è tutto fumo e niente arrosto. Quando non c'è più 'gusto', uno si stufa, si distrae, e si volge verso la "dispersione", il contrario dell'unità" e della "concentrazione".

Spero sinceramente di sbagliarmi, ma a volte sembra che pur di arrivare al loro obiettivo i sostenitori dell’”Islam politico” siano disposti a buttare a mare anche quella sovranità che esiste nei loro paesi d’origine, non ultima quella monetaria, assieme allo “Stato sociale”... Com’era nella Libia che ora, sotto l’egida della Nato e delle istituzioni finanziarie “globali”, s’appresta a diventare uno “Stato islamico retto dalla sharî‘a”… Nella migliore delle ipotesi, se non diventerà una specie di Somalia in preda alla guerra per bande…

Se almeno questi “ribelli” e “contestatori islamici” avessero le idee chiare, e soprattutto avessero delle guide “ispirate”, lavorerebbero non alla costruzione di “democrazie islamiche” nell’alveo degli Stati-nazione prodotti perlopiù da ingerenze esterne, ma all’abolizione dei loro confini, dimostrando, almeno in questo, di avere più acume dei “laici” che non sono mai riusciti ad unificarsi sebbene avessero proclamato “l’unità degli arabi” in nome del Panarabsimo. Questa “primavera araba” o “risveglio islamico” potrà avere un risvolto positivo solo se dalla “contestazione” nascerà un superamento di divisioni geografiche e ideologico-religiose che sin qui hanno provocato solo disastri. Ma chi saprà ricomporre tali divisioni?