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Il diavolo veste Prada

di Giampaolo Guizzardi - 05/12/2011

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Stasera ho rivisto gran parte del film "Il diavolo veste Prada". Un annetto fa lo trovavo delizioso con tutto il sublime sbarluccichio di quegli abiti, di quel mondo di carta velina e lustrini che dietro di sè nasconde il marcio dei vicoli nascosti dietro le luminose facciate delle strade principali di New York, ma ora mi sono reso conto che in realtà davvero è "vanitas vanitatum et omnia vanitas", che tutto quello splendore condito di galante sprezzatura non è altro che oppio della verità.

 

Vivere una esistenza passata a rincorrere il volgere effimero delle mode è come correre dietro a quella bandiera del III Canto dell'Inferno dantesco, è passare attraverso la vita senza viverla pienamente ma solo come perfette (sino alla collezione successiva) porcellane senza valore... non voglio ora fare una lezione di pauperismo e sobrietà, il primo è un concetto che detesto, il secondo sarebbe ipocrisia dacchè trovo che la forma sia anche sostanza, ma provo a riflettere sul reale ordine delle cose.

 

Cosa rimane di noi una volta che siamo divenuti ciò che gli altri pretendono da noi? Cosa una volta che abbiamo reso perfetto il nostro volto?

 

Non voglio vivere una esistenza come quella. certo, se la bellezza di ciò che mi circonda mi compiace certo non me ne privo, ed anzi continuo nella ricerca di quelle opere (libri, gioielli, soprammobili, penne, quadri, sculture, argenti, porcellane) che mi allietano colla loro bellezza, ma questo perchè riconduco alla bellezza un valore accessorio, una qualità lenitiva alle quotidiane infelicità che però non nella bellezza hanno il loro perire.

 

Dietro ogni cosa si cela un senso, se le cose non hanno un senso trascendente o non riconducibile al trascendente (anche nella considerazione del più meramente e schiettamente umano), sono cose prive d'ogni valore.

 

Oggidì siamo divenuti schiavi delle res nullius, non già perchè cose di nessuno siano i nostri padroni, ma perchè noi -operando similmente a quanto si afferma nel Leviatano di Tommaso Hobbes- abbiamo scelto di limitare noi stessi, di delegare tutta la nostra esistenza senza facoltà di revoca a cose effimere ed inconsistenti e divenir schaivi di nostra figlia superficialità.

 

L'Amore è divenuto sesso, la Bellezza è divenuta glamour, l'Arte è divenuto passatempo, la Verità oggetto inconoscibile e persino Dio, quel Dio che è Amore, che è Genio increato, che è perfezione delle Perfezioni e culmine della Verità, l'abbiamo ricondotto al soggettivo pret-à-porter e al relativo e al relativistico.

 

Tutto ciò per colpa di quel film grazioso con madame Streep e madame Hathaway?

No. Le due attrici (colla loro magistrale interpretazione) hanno rilevato il fatto nella cornice wildiana della provocazione e della falsa verità. hanno finto di difendere l'assurdo per mostrarne l'inconsistenza.

 

Non faccio un biasimo al film che anzi, ci mostra i pericoli di Circe e della ninfa Calipso, ma all'uomo che è giunto così lontano da sè.