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È arrivata l’ora del Sud

di Carlos Pereyra Mele - 05/12/2011


È arrivata l’ora del Sud
Durante gli ultimi 10 anni, almeno per quanto concerne l’Argentina, si è cercato d’imporre alla società civile l’opinione che il paese si trovasse fuori dall’agenda USA, addirittura, che l’America latina e, fondamentalmente l’America meridionale, fossero escluse dall’agenda degli interessi strategici nordamericani, i quali continuano ad essere presenti solo nei particolari casi di continuità alla lotta contro il terrorismo internazionale e l’insicurezza che porta con sé, contro il rinvigorimento armato dei cartelli della droga e la corruzione che li accompagna e contro i “regimi” che non sono graditi dagli americani, verbigratia: Chávez, Castro, Correa e Morales. A ciò si riduce la politica estera nordamericana nei confronti del Sud. 

Ma i rapporti economici e internazionali hanno sperimentato una svolta trascendentale negli ultimi dieci anni, insieme alla crisi del cosiddetto “blocco occidentale USA e UE”, l’irruzione della Cina nel suo “cortile posteriore”, così come quello dell’India e della Russia, i quali dopo 200 anni li hanno spiazzati come principali soci commerciali nella regione, e questo non è un semplice dato e tantomeno qualcosa di contingente.
Per secoli i rapporti internazionali si sono concentrati nell’emisfero Nord, al Sud gli si assegnò solo il ruolo di fornitore per sostenere economicamente il benessere del Nord, ricordiamo che il primo obiettivo della geopolitica è quello dell’accesso alle risorse, di cui l’America del Sud ne ha in abbondanza.

In questo scenario, contraddistinto da un mondo che si dimena in mezzo a forti turbolenze, che agitano soprattutto l’Eurasia e l’Africa e, nello specifico, il tema energetico, il quale per le principali potenze tradizionali ed emergenti (tranne il caso della Russia), costituisce un tallone d’Achille, e sottolinea l’importanza della nostra America (grandi scoperte di petrolio nell’Artico, Canada, sacche di gas negli USA, nei Caraibi, ampliamento delle riserve in Venezuela, Brasile e Argentina). Tutto ciò offre allo spazio americano la capacità d’indipendenza energetica che è fondamentale nel momento in cui si presenta come regione rilevante, giacché possiede uno degli strumenti fondamentali per il suo potenziamento e a ciò aggiungiamo che la nostra America del Sud concentra il 30% della biocapacità totale del mondo. Inoltre, il continente costituisce anche il granaio del mondo.

La maggior parte dell’offerta mondiale di banane, zucchero, arance, caffe, soia e salmone, così come una parte considerevole di carne ovina e di maiale, proviene dall’America meridionale. La quale possiede, oltre a ciò, immense riserve di minerali: argento, rame, piombo, stagno, zinco, minerale di ferro e litio, che sono essenziali per le potenze mondiali al momento di definire le loro alleanze.

Per questa ragione noi latinoamericani e sudamericani dobbiamo fissare opportune strategie con le potenze tradizionali e con quelle emergenti per il raggiungimento della nostra autosufficienza energetica e alimentare. Signori, non stiamo fuori da nessuna agenda come ci hanno voluto far credere.
Per questa ragione, la costruzione di un’economia su scala continentale è fondamentale affinché all’indipendenza energetica si possa aggiungere lo sviluppo di un’industria specializzata con tecnologia e sviluppo autonomi che ci consenta di irrobustirci. I latinoamericani siamo il 12% della popolazione mondiale, rappresentiamo un’economia di US$6 miliardi –con una grandezza uguale a quella cinese-. L’America latina è più giovane ed è più urbanizzata dell’Asia, è arrivato il momento con il quale per mezzo degli organismi creati dai sudamericani iniziamo a consolidare questi vantaggi e stabiliamo vincoli di negoziazione con il mondo in ricostruzione, verso il quale stiamo assistendo non più come spettatori, bensì come parti di quella ristrutturazione.

La Cina rappresenta un socio strategico nella nostra regione (il quale ha consentito lo staccamento dal vecchio sistema basato sugli acquisti di materie prime), ma ha anche inondato i mercati della regione con praticamente tutto, dalla biancheria ai telefoni cellulari, minacciando il 90% delle esportazioni manifatturiere dell’America latina (che rappresenta il 40% delle sue esportazioni) e questo fatto obbliga i nostri dirigenti politici, economici e sociali ad un ampliamento dei criteri e alla cancellazione di vecchi schemi che non funzionano più (in politica economica mondiale e rapporti internazionali) per stabilire nuovi accordi che consentano alla nostra America di non cambiare di padrone, ma d’imporsi come un nuovo spazio continentale industriale, che consenta di negoziare con tutti a condizioni utili e favorevoli per i suoi abitanti.

Attualmente, centinaia di multinazionali europee e nordamericane ridisegnano i propri obiettivi quando vedono minacciata la loro posizione per così controbilanciare la presenza del mondo asiatico. Sono da considerare dei giocatori forti con i quali dobbiamo anche negoziare e stabilire dei vincoli strategici per controbilanciare la tendenza.

È arrivata l’ora del Sud, adesso tutto dipende da noi latinoamericani se vogliamo forgiare i sogni dei nostri padri fondatori, l’Integrazione è la nostra arma strategica, la negoziazione a parità di condizioni con i poteri mondiali la nostra arma per raggiunger l’obiettivo finale, che altro non è che quello della felicità dei nostri popoli, tante volte rimandata.

Fonte: Análisis Geopolítico desde Suramérica www.DossierGeopolitico.com

(trad. di V. Paglione)