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Asset naturali per ridurre il deficit ecologico

di Gianfranco Bologna - 27/12/2011


 

L'ultimo numero dell'interessante rivista online "Solutions. For a sustainable and desirable future" (vedasi il sito www.thesolutionsjournal.com ), voluta da un team di studiosi capeggiati dal noto Bob Costanza (Nella foto), uno dei fondatori dell'Ecological Economics, è dedicato ai servizi degli ecosistemi e l'editoriale di Costanza si intitola "Changing the Way We View Humanity and the Rest of Nature".

Questo titolo rappresenta un po' la sfida culturale che abbiamo tutti nell'affrontare e risolvere la gravissima situazione di deficit ecologico in cui ci troviamo e nella necessità di cambiare le impostazioni di base di un sistema economico basato sulla continua crescita materiale e quantitativa che ormai è giunto veramente al capolinea.

Solo cambiando il modo con cui vediamo l'umanità e il resto della natura possiamo realmente riuscire ad imparare a vivere nei limiti biofisici del nostro pianeta. L'obiettivo fondamentale della sostenibilità è infatti, come abbiamo ripetutamente scritto nelle pagine di questa rubrica, riuscire ad armonizzare la relazione tra sistemi naturali e sistemi sociali e quindi le relazioni tra i metabolismi naturali e quelli sociali.

La ricchezza della vita sulla Terra costituisce lo straordinario capitale naturale sul quale poggia la possibilità per i sistemi sociali di perseguire, anche in futuro, lo sviluppo, il benessere e i processi economici.

In quest'ottica diventa sempre più significativo il dibattito, l'indagine, l'approfondimento, le ricadute pratiche, analizzate su basi qualificate e serie e non sloganistiche, relative al valore ed all'utilizzo dei servizi ecosistemici, come base essenziale delle nostre economie.

Un importante fulcro della tanto declamata Green Economy è costituito proprio dal grande valore dei servizi che la natura, la struttura, le funzioni ed i processi degli ecosistemi, offrono alle nostre società. Questo "tassello" costituirà un importante elemento di contenuto per la Conferenza ONU sullo Sviluppo Sostenibile prevista per il giugno 2012 a Rio de Janeiro.

Dal 15 al 16 dicembre si è tenuta a New York, presso la sede ONU, il secondo meeting intersessionale per la preparazione di questa Conferenza (vedasi il sito dedicato www.uncsd2012.org) .

In questa riunione si è discusso molto del testo della Conferenza stessa che, una volta approvato da parte delle delegazioni governative di tutti i paesi del mondo, costituirà un importante punto di riferimento per le politiche e le azioni che si dovranno intraprendere per avviare concretamente una nuova economia, la Green Economy.

Dal 16 al 18 gennaio 2012 è infatti prevista, sempre presso la sede ONU a New York, la discussione iniziale sulla prima bozza di documento della conferenza che sarà pronta per quell'occasione (il cosidetto Zero Draft ).

Prima di quella data, il 12 gennaio, sarà lanciato a New York il rapporto finale dell'High Level Panel on Global Sustainability, il Panel di alto livello voluto dal Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon (si tratta di un Panel del quale mi sono già occupato nelle pagine di questa rubrica, istituito nel 2009 e copresieduto dal presidente della Finlandia, Tarja Halonen e dal presidente del Sud Africa, Jacob Zuma, vedasi il sito www.un.org/wcm/content/site/climatechange/pages/gsp).

Il rapporto costituirà un altro importante contributo al processo verso Rio+20 (come viene definita comunemente la conferenza di Rio del 2012 che avrà luogo venti anni dopo il famoso Earth Summit del giugno 1992 tenutosi sempre a Rio de Janeiro) e contribuirà significativamente al ruolo del sistema delle Nazioni Unite per l'impostazione e l'attuazione di concrete politiche di sostenibilità per a venire.

Come ho già scritto in queste pagine gli obiettivi di Rio+20 riguardano il rinnovato impegno politico in favore dello sviluppo sostenibile, la valutazione di ciò che è stato fatto, l'attuazione degli impegni già presi e sinora non ottemperati e come affrontare le nuove sfide emergenti ma sarà centrata soprattutto su due tematiche oggi centrali per il futuro di noi tutti: la concretizzazione di una "Green Economy" nell'ambito dello sviluppo sostenibile e della lotta alla povertà e il quadro istituzionale della governance per dare attuazione significativa allo sviluppo sostenibile.

Si tratta di due temi molto significativi, più che mai nella complessa situazione globale in cui ci troviamo e non è un caso quindi che la Conferenza possa stimolare attese particolarmente impegnative. La grave crisi finanziaria ed economica che attraversano le nostre società dal 2008 anche se per cause diverse, palesa, in maniera sempre più evidente, l'inadeguatezza di un modello socio-economico fortemente centrato su visioni di crescita economica continua e di eccessiva finanziarizzazione del sistema economico, e si incrocia pesantemente con gli effetti di un crescente e devastante deficit ecologico. 

In questo ambito diventa sempre più significativa la questione legata al ruolo dei servizi ecosistemici rispetto alle nostre economie e il numero di "Solutions" dedicato a questa problematica fornisce una serie di importanti riflessioni.

Come ricorda Bob Costanza l'idea che l'ambiente naturale costituisca un asset piuttosto che un impedimento all'economia ed allo sviluppo è contemporaneamente vecchia e nuova. Per gran parte della storia umana, prima della Rivoluzione Industriale, i benefici che l'umanità ricavava dalla natura erano riconosciuti e facevano parte anche di norme, regole e valori culturali. Parti di foreste, laghi o montagne erano spesso dichiarate "sacre" e off-limits per l'utilizzo e lo sfruttamento.

Questi asset naturali "sacri" svolgevano anche un ruolo essenziale di supporto per la vita delle comunità locali.

Tali visioni "culturali" sono completamente diverse dalle posizioni e dalla mentalità delle società industriali che hanno purtroppo e forsennatamente utilizzato i sistemi naturali, le "sorgenti" (le "sources") ed i "serbatoi" (i "sinks") della natura, sfruttandoli, oltre i limiti delle loro capacità rigenerative e delle loro capacità ricettive ed hanno profondamente intaccato la vitalità degli ecosistemi di tutto il pianeta.

Anche le visioni post industriali sono state spesso caratterizzate da una considerazione della natura, degli ecosistemi, della biodiversità solo come un bello "sfondo", cosa altra dei paesaggi industriali e urbani o, in ogni caso, infrastrutturali, come dei paesaggi da cartolina, scatenando spesso sterili dibattiti che hanno frapposto e tuttora frappongono la tutela ambientale e la conservazione della natura a quelli dello sviluppo economico.

Costanza ritiene che un contributo molto importante che sta fornendo la sempre più diffusa e riconosciuta importanza che i servizi ecosistemici hanno nei confronti delle nostre economie, del nostro benessere e dello sviluppo di tutte le società umane sta proprio nel riconsiderare le relazioni tra sistemi naturali e sistemi sociali.

Importanti rapporti internazionali, patrocinati dall'ONU, come il Millennium Ecosystem Assessment (www.meaweb.org) e il The Economics of Ecosystems and Biodiversity (www.teebweb.org) hanno svolto un ruolo molto significativo da questo punto di vista. Il concetto dei servizi ecosistemici sta ormai penetrando sempre di più nei media e nel mondo delle imprese e contribuisce fortemente a far comprendere meglio il ruolo del capitale naturale nella nostra economia e i gravi danni derivanti dalla sua mancata considerazione. Centinaia di progetti e gruppi in tutto il mondo stanno lavorando per comprendere meglio, modellizzare, valutare e gestire i servizi ecosistemici e il capitale naturale (solo per esempio, cito The Ecosystems Services Partnership www.es-partnership.org o Ecosytsem Services and Poverty Alleviation www.nerc.ac.uk/research/programmes/espa) . Tutto questo lavoro dovrà essere indirizzato nel processo verso Rio+20 e nella migliore valorizzazione del ruolo che il capitale naturale ha nei confronti del nostro benessere e del nostro sviluppo nell'immediato futuro.