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Un’iniziativa dei BRICS sulla Siria

di Melkulangara Bhadrakumar - 07/03/2012


Recenti notizie suggeriscono la possibilità intrigante che il ‘non-allineamento’ acquisti probabilmente ancora una volta la valenza del principio centrale della politica estera indiana. Il cerchio si chiude, dopo quasi 6 o 7 anni, quando l’ex segretaria di Stato degli Stati Uniti, Condoleeza Rice, aveva esortato i leader indiani a eliminare dal loro modo di pensare le ultime tracce della dottrina del ‘non-allineamento’, associata al mondo di Jawaharlal Nehru e Indira Gandhi. Voleva che invece gli indiani si fidassero della determinazione degli Stati Uniti nel rendere il loro paese un vero giocatore globale.
Così, nel periodo che seguì, Chanakya (del III° secolo a.C.) cui si attribuisce la paternità dell’antico trattato di politica indiana chiamato Arthasatra, fu tirato fuori dallo scaffale per sostituire Nehru e Indira Gandhi, quale nuova moda a New Delhi. Il ‘Machiavelli Hindu’, che era stato dimenticato da un paio di millenni, quale passato arcaico dalla scarsa rilevanza per il mondo moderno, fornì l”alibi della civiltà’ alla dirigenza indiana, affinché avviasse il cambiamento paradigmatico nella sua politica estera – sotto il travestimento degli ‘interessi nazionali’ – in sintonia con la sua ‘situazione unipolare’ nell’era post-Guerra Fredda.
Ma poi, i guai fecero seguito. Per lo stupore dell’equipaggio indiano, da quando la loro nave aveva cambiato rotta, la crisi finanziaria mondiale era scoppiata e il motore della nave statunitense aveva cominciato a perdere colpi. Gli indiani, che erano soliti navigare su navi in uno stato di gran lunga assai pessima,  continuavano a chiedersi cosa fosse tutto questo polverone sulla nave malfunzionante statunitense, ma nell’evento la ragione ha iniziato a prevalere.
Basti dire che ripararsi dietro un informe guazzabuglio di ‘interessi nazionali’ non è più sostenibile, e una riscoperta post-moderna del ‘non-allineamento’ adattabile all’era digitale, si è resa necessaria – ‘Non Allineamento 2.0′.
Ma l’India è davvero pronta al ‘non-allineamento’? Il cuore della questione è che il ‘non-allineamento’ non è solo una dottrina, ma anche uno stato d’animo. E’ questa qualità affascinante della mente – essere creativa e innovativa pur essendo riflessiva – che la differenzia dalle ‘neutralità’ o passività mondane. La dirigenza indiana ha lo stato d’animo per essere creativa?
Dopo quasi un decennio di armonizzazione delle politiche indiane con le politiche e le strategie globali statunitensi, la capacità di ripensare è diminuita a New Delhi. Una sorta di riflesso pavloviano ha preso il sopravvento. In secondo luogo, una speranza rosicchiata indugia nella mente indiana, secondo cui forse la nave statunitense potrebbe rientrare in porto per qualche piccola riparazione per poi riprendere il suo viaggio globale. (Washington, naturalmente, farà tutto il possibile per rafforzare questa ingenua speranza.)
Terzo e più importante, New Delhi si scopre sgomenta davanti alle trasformazioni del campo dei ‘non allineati’, mentre cerca di accordarsi con la superpotenza degli Stati Uniti. Stranamente, la Cina è entrata nella tenda che Nehru aveva eretto a comunità globale e l’India ha bisogno di essere un nuovo giocatore e di dover sempre più dimostrare le sue qualità di leadership.
Neanche la Cina scherza. Ha una diplomazia internazionale scaltra e possiede il genio nativo di pensare attraverso le situazioni di lungo termine, e attua politiche e strategie rivettate sui principi apparentemente basati sui valori, che le consentono di navigare in maniera ottimale, verso i suoi specifici e dichiarati interessi nazionali.
La crisi in Siria dimostra che Russia e Cina stanno creativamente adattando i principi del ‘non-allineamento’ all’ordine mondiale prevalente. Questo ha portato i due paesi a essere più vicini di quanto lo siano stati in qualsiasi altro momento della storia moderna. Condividono una comune avversione verso la ‘mentalità da blocco’ dell’era da guerra fredda. Nessuno dei due impone agli altri come dovrebbero gestire la propria vita nazionale.
Condividono l’orrore all’uso della forza per risolvere le differenze. Entrambi aderiscono fermamente al diritto internazionale e alla Carta delle Nazioni Unite – e anzi al primato della stessa ONU – come principio guida nelle relazioni internazionali tra Stati grandi e piccoli.
Né la Cina né la Russia cercano un sistema di alleanze per promuovere i propri interessi nazionali. E neanche lontanamente contemplano un confronto con l’alleanza trans-atlantica militare dell’era della Guerra Fredda guidata dagli USA, alleanza che ancora esiste nel sistema internazionale.
La Siria, quindi, diventa un banco di prova avvincente in cui l’Occidente e i suoi tirapiedi si ritrovano snocciolata contro la dottrina del ‘non-allineamento’, per la prima volta nell’ambito del post-guerra fredda. Ciò che succede in Siria determinerà il destino e il carattere del nuovo ordine mondiale multipolare, per i prossimi decenni. La questione fondamentale è se la riforma e la democratizzazione di una società siano possibili attraverso il dialogo e la discussione.
I paesi ‘non allineati’ hanno un ruolo importante da svolgere, per rendere possibile una transizione pacifica in Siria. Se l’India si unisce a Russia e Cina nello sforzo per cercare la pace e la riconciliazione, le prospettive di successo miglioreranno notevolmente. Altre voci influenti della comunità mondiale – la ‘maggioranza silenziosa’ – si sentono anch’esse incoraggiate ad esprimere la loro profonda inquietudine su quanto sta accadendo in Siria, subito dopo la sanguinosa guerra dell’Occidente in Libia.
La situazione siriana ha tutti i pre-requisiti della mediazione da parte di una entità di paesi non allineati imparziali e ben intenzionati, in modo che la guerra civile, l’orrendo spargimento di sangue e l’anarchia che affronta, possano ancora essere evitati. Russia e Cina stanno già svolgendo un ruolo, anche se l’Occidente e il campo arabo “pro-occidentale” (mascherato da Lega Araba) vanificano costantemente i loro sforzi. Questo è il motivo per cui l’India, unendo le forze con la Russia e la Cina in questo momento, potrebbe fare la differenza decisiva.
Le credenziali di questi tre paesi nel svolgere tale ruolo sono migliori di quanto si possa immaginare. A dire il vero, sono tutti e tre soggetti interessati in una regione del Medio Oriente stabile e sicura. Godono di rapporti cordiali con tutti i paesi della regione, che potrebbero essere attualmente in disaccordo tra essi (aggravato dagli estranei) su una questione o un’altra – siano l’Arabia Saudita e il Qatar o la Siria, l’Iraq e il Libano. Le loro intenzioni verso i popoli arabi non sono mai stati egemoniche, storicamente parlando. In sintesi, godono delle credenziali perfette per aiutare la regione a sfruttare gli impulsi della primavera araba e a trasformarli in modo creativo in un percorso autenticamente arabo.
Ciò di cui la Siria ha bisogno acutamente è un percorso arabo – non una tabella di marcia stabilita da Nicolas Sarkozy o David Cameron. E, al contrario, ciò che sta accadendo è che, in assenza di un percorso autenticamente arabo, sono apparsi degli impostori esterni al mondo arabo, con le loro formule redatte essenzialmente dal punto di vista dei loro interessi. Considerando che il genio nativo della nazione araba è perfettamente in grado di trovare un percorso di rigenerazione delle sue società, permettendo che un clima internazionale sia  creato affinché ciò accada. Oggi, non c’è una voce unitaria che cerca di definire uno spazio per la nazione araba. Petrolio e geopolitica sono saliti alla ribalta come i percorsi principali. Perfino l”islamismo’ viene attentamente temperato per soddisfare le esigenze della geopolitica!
Questo è un momento maturo per avviare l’iniziativa dei ‘non allineati’ sulla Siria. Purtroppo, non c’è stata finora alcuna iniziativa da Mosca, Pechino o New Delhi per esplorare le possibilità di una tale iniziativa. Mentre Mosca e Pechino coordinano sempre più la loro posizione sulla Siria, di fatto lo sono prevalentemente per conto proprio, sul piano diplomatico. Il prossimo vertice dei BRICS del 28-29 marzo, presso la capitale indiana, offre l’occasione per proporre un’agenda dei ‘non allineati’ per la risoluzione della crisi siriana.  Forse, i BRICS potrebbero costituire un gruppo di lavoro. L’India, come presidente del raggruppamento dei BRICS per il prossimo anno, dovrebbe prendere l’iniziativa.
Per quanto riguarda l’India, ha preso una decisione incomprensibile nell’identificarsi con il raggruppamento degli ‘Amici della Siria’ [FOS], frequentando il suo vertice a Tunisi, di una settimana prima. Speriamo che il vertice di Tunisi si sia dimostrato un campanello d’allarme per la dirigenza della politica estera indiana. Il modo in cui il ministro degli esteri saudita Saud bin Faisal ha organizzato la brusca “uscita” dall’incontro di Tunisi – e le questioni su guerra e pace, su cui non differiva granché dalla sua omologa statunitense Hillary Clinton – sarebbero stati un caso di studio sulla complessità della situazione attuale in Medio Oriente, per i rappresentanti del governo indiano presenti nella sede del FOS. In poche parole, l’India non doveva esserci.

La ripubblicazione è gradita con riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora