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La Libia e la dissoluzione tribale-petrolifera

di Umberto Mazzantini - 07/03/2012



 

 

Quello che molti temevano (e in diversi profetizzavano) per la Libia del post-Gheddafi potrebbe davvero accadere. Mustafa Abdel Jalil, il presidente del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), ieri ha detto che «Alcuni Paesi arabi sostengono e finanziano la sedizione dell'est della Libia»», probabilmente si riferisce agli stessi Paesi arabi (Arabia Saudita e Qatar) che hanno finanziato ed armato la ribellione che è partita proprio dalle Cirenaica senussita.

Jalil ha convocato una conferenza stampa a Tripoli dopo che la Cirenaica, che in realtà in arabo si chiama Barqah, si è dichiarata regione autonoma nel corso di una riunione dei capi tribù e dei politici della Libia orientale tenutasi ieri a Bengasi, la città martire della rivolta anti-Gheddafi.

Le smanie autonomiste della Cirenaica/Barqah, una delle tre regioni storiche della Libia che si estende dalla città costiera di Sirte (città natale di Mouammar Gheddafi) fino alla frontiera con l'Egitto, è l'ennesimo campanello di allarme dello sfaldamento tribale di uno Stato di fatto inventato dal colonialismo fascista italiano e poi tenuto in  piedi dal regime nazionalista di Gheddafi. A proposito di Geddafi, anche le tribù che gli erano più fedeli rivendicano autonomia e continuano ad occupare centri abitati con operazioni di guerriglia, mentre le milizie tuaregh che erano l'ossatura delle sue forze speciali stanno seminando la guerra nei Paesi del Sahel nei quali sono tornate  sconfitte, ma cariche di armi.

Tornando al summit autonomista di Bengasi, il debolissimo Cnt libico fa bene ad  essere preoccupato: ha visto la partecipazione di 3.000 delegati, leader tribali, e politici che hanno nominato un Consiglio per gestire direttamente gli affari della Barqah ed hanno eletto presidente  Ahmed Zubair al Senussi. Jalil ha definito l'istituzione del Consigli della Cirenaica «L'inizio di un complotto contro la Libia». Un complotto che probabilmente è iniziato quando è stata inalberata per la prima volta a Bengasi la "nuova" bandiera rossa, nera e verde con la mezzaluna e la stella bianche che era la stessa della vecchia monarchia senussita e della federazione che comprendeva Cirenaica, Fezzan e Tripolitania.

I capi tribù della Barqah vogliono dichiarare Bengasi, fonte delle  manifestazioni che hanno portato alla caduta della dittatura di Gheddafi, capitale della regione autonoma. Il loro piano prevede un Parlamento della Barqah,  proprie forze di polizia e tribunali autonomi, lasciando al governo centrale di Tripoli  solo poteri in materia di politica estera. Non è certo un caso se le tribù della Cirenaica sono andate avanti con la semi-indipendenza malgrado la veemente contrarietà del Cnt e le sue promesse di decentramento per tutta la Libia.

Dopo l'uccisione di Gheddafi diversi dirigenti regionali libici chiedono che il Paese diventi una federazione, Il Cnt respinge il federalismo e parla solo di decentramento. Ma l'irredentismo senussita della Cirenaica potrebbe avere conseguenze incalcolabili sulla stessa tenuta del Cnt, installato a Tripoli dagli aerei della Nato: la  Barqah semi-indipendente controllerebbe gran parte delle risorse petrolifere libiche e Bengasi è la sede della più importante compagnia petrolifera nazionale. La Libia senza la Cirenaica esploderebbe, priva delle sue ricchezze e preda di vendette tribali.

Il clima non è dei migliori in Libia, centinaia di manifestanti sarebbero scesi nelle strade di Tripoli, ma anche a Bengasi, per sostenere il Consiglio nazionale di transizione, ma la secessione di fatto  della  Barqah porta via alla nuova Libia un  terzo del suo territorio dove sarebbero gestiti in maniera indipendente da Tripoli servizi pubblici, petrolio ed affari locali.

Già il 27 febbraio, intervenendo a Misurata per celebrare il primo anniversario della rivoluzione, il presidente del Cnt Mustapha Abdeljalil aveva messo in guardia i libici contro la trasformazione del Paese in una confederazione tribale «se prima temevamo che la Libia si dividesse in tre parti isolate, attualmente il Paese rischia a breve di trasformarsi in una confederazione di città, di villaggi, di regioni e di territori tribali». Per impedire lo spappolamento della Libia, il capo del Cnt si era appellato ai miliziani anti-gheddafi perché integrassero le unità dei ministeri della difesa e dell'interno, ma molti di quei combattenti vengono dalla Cirenaica e oggi sembrano schierati con gli indipendentisti tribali.

Dopo la sanguinosa caduta di Gheddafi la transizione in Libia si è trasformata in qualcosa di molto diverso dalla libertà che sarebbe dovuta arrivare sulle ali dei bombardieri della Nato: le tribù si sono rafforzate e chiuse, le numerose milizie nate con la "rivoluzione" controllano di fatto il Paese e rifiutano di obbedire al Cnt. Le armi sono dappertutto e i depositi militari del regime di Gheddafi sono stati saccheggiati dalle bande tribali e dai tuareg in fuga. La realtà è che il disarmo della popolazione e la fine dei conflitti intertribali costituiscono la cosa più urgente da fare per impedire che la nuova Libia esploda in un bagno di sangue.