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Banche del settore pubblico: da pecora nera a leader globali

di Ellen Brown - 12/03/2012

   
     

Una volta la pecora nera della finanza, le banche di proprietà del governo possono a rassicurare i risparmiatori sulla sicurezza dei loro risparmi e possono aiutare a mantenere l'attenzione sugli investimenti produttivi in un mondo in cui un'efficace regolamentazione finanziaria rimane più un'aspirazione che una realtà.
Centre for Economic Policy Research, VoxEU.org (Gennaio 2010)

Il settore bancario pubblico è un concetto relativamente sconosciuto negli Stati Uniti. Solo uno stato - il North Dakota - ha una propria banca. Il North Dakota è anche l'unico stato che ha evitato la crisi del credito del 2008 e riesce ad avere tutti gli anni un surplus di bilancio, ma gli scettici attribuiscono questo fatto a una coincidenza o ad altri fattori. La percezione comune è che i burocrati del governo siano pessimi imprenditori. Per determinare se le banche statali siano un attivo o un passivo, dobbiamo guardare oltre.

Quando rimuoviamo i nostri paraocchi miopi statunitensi, si scopre che non solo le banche di proprietà pubblica sono abbastanza comuni ma che i paesi con forti settori bancari pubblici hanno di solito economie forti e stabili. Secondo un documento dell'Inter-American Development Bank presentato nel 2005, la percentuale di proprietà statale nel settore bancario a livello globale dalla metà degli anni ’90, è stata di oltre il 40 per cento (1). I paesi BRIC - Brasile, Russia, India e Cina – annoverano quasi tre dei sette miliardi di persone che popolano il pianeta, il 40% della popolazione mondiale. Tutti i BRIC fanno un uso notevole delle banche di proprietà pubblica, che formano circa il 75% delle banche in India, il 69% o più in Cina, il 45% in Brasile e il 60% in Russia.

I paesi BRIC sono stati la culla principale della crescita economica mondiale negli ultimi dieci anni. Il China Daily riporta: “Tra il 2000 e il 2010 il PIL dei paesi BRIC è cresciuto di un incredibile 92,7 per cento, a fronte di una crescita del PIL globale di solo il 32 per cento, con le economie industrializzate che hanno riscontrato un davvero modesto 15,5 per cento."

Tutte le principali banche nella metà del globo dei paesi BRIC sono possedute dallo Stato. Infatti, le più grandi banche a livello mondiale sono di proprietà dello Stato, tra cui:

· Le due maggiori banche per capitalizzazione di mercato (ICBC e China Construction Bank)

· La più grande banca per depositi (Japan Post Bank)

· La più grande banca per asset (Royal Bank of Scotland, ora nazionalizzata)

· La più grande banca di sviluppo nel mondo (BNDES in Brasile).

Un articolo del maggio 2010 su The Economist ha osservato che le forti banche di proprietà pubblica in India, Cina e Brasile hanno aiutato queste nazioni paesi ad affrontare la crisi bancaria che ha afflitto in questi ultimi anni la gran parte del resto del mondo. Secondo il professor Kurt von Mettenheim della Sao Paulo Business School del Brasile:

Le banche governative hanno fornito un credito anticiclico e iniziative politiche per contrastare gli effetti della recente crisi finanziaria, realizzando un vantaggio competitivo sulle banche private ed estere. La maggiore fiducia dei clienti e i depositi ufficiali hanno rafforzato la quota di passività e la possibilità di concedere prestiti. Le politiche creditizie delle banche statali dei BRIC aiutano a spiegare perché questi paesi hanno sperimentato recessioni economiche più brevi e più lievi nel 2007-2008.

Scoperte sorprendenti

In un articolo di studio del 2010 riassunto da VoxEU.org, gli economisti Svetlana Andrianova e altri hanno scritto che la nazionalizzazione di alcune banche di grandi dimensioni dopo il 2008, tra cui la Royal Bank of Scotland, "offre la possibilità per ridurre il potere politico dei banchieri e per realizzare le tanto necessarie riforme finanziarie". Ma "ci sono dubbi che i governi riescano a gestire le banche nazionalizzate in modo efficiente."

Non c'è da preoccuparsi, dicono gli autori:

Il proseguimento della ricerca che abbiamo svolto (Andrianova et al, 2009) […]mostra che la proprietà statale delle banche è stata, caso mai, robustamente associata a forti tassi di crescita nel lungo periodo.

Utilizzando i dati di un gran numero di paesi per il periodo 1995-2007, abbiamo riscontrato che, a parità di condizioni, i paesi con alti livelli di proprietà pubblica delle banche sono cresciuti più velocemente di quelli che hanno una bassa proprietà pubblica. Abbiamo evidenziato che questo risultato resiste a una serie di test econometrici.

Espandendo il tema nel loro articolo di studio, gli autori scrivono:

Mentre molti paesi dell'Europa continentale, tra cui Germania e Francia, hanno avuto una certa esperienza con le banche di proprietà statale, il Regno Unito e gli Stati Uniti si sono trovati in un territorio sconosciuto. Non è forse sorprendente che ci sia un’ostilità profondamente radicata in questi paesi per l'idea che i governi possano gestire le banche in modo efficace. […] L'ostilità verso le banche di proprietà pubblica riflette l'ipotesi […] che queste banche vengono presiedute dai politici che le utilizzeranno per consolidare il proprio potere, ordinando loro di concedere prestiti ai sostenitori politici e alle imprese statali. In cambio, i politici riceveranno voti e altri favori. Questa ipotesi postula inoltre che le banche motivate politicamente prendono cattive decisioni che risulteranno in prestiti non performanti, fragilità finanziaria e rallentamento della crescita.

Ma non sono i dati mostrati da questi ricercatori:

[A]bbiamo scoperto che […] i paesi con le banche di proprietà statale, in media, hanno avuto una crescita più sostenuta delle nazioni con poche o nessuna banca di proprietà pubblica […] Questo, naturalmente, non ci sorprende, soprattutto alla luce della convinzione diffusa, in genere sostenuta da prove aneddotiche, secondo cui ' i burocrati sono in genere cattivi banchieri' […].

Cosa rappresentano le loro sorprendenti scoperte? Gli autori forniscono una spiegazione originale:

Suggeriamo che i politici possono in realtà preferire che le banche non siano del settore pubblico […] Le condizioni di una debole governance nelle grandi banche costituisce un terreno fertile per il rapido arricchimento dei banchieri e dei politici, a spese del contribuente. In tali circostanze i politici possono offrire ai banchieri un sistema dalle regole flebili in cambio di contributi ai partiti politici, nomine nei consigli di amministrazione delle banche o consulenze redditizie. Le attività che hanno una maggiore probabilità di fornire a tutti entrate rapide sono quelle più speculative, soprattutto se sono sufficientemente opache da non essere ben comprese dagli azionisti, come il complesso trading dei derivati.

Le banche di proprietà statale, d'altra parte, hanno meno libertà di lanciarsi in strategie speculative che si traducono in un veloce arricchimento per gli insider bancari e i politici. Per di più, i politici tendono a essere considerati responsabili per le malversazioni o la cattiva gestione nel settore pubblico, ma di solito vengono accusati, quando accade, solo indirettamente per le malefatte delle banche private. Sono gli azionisti che dovrebbero impedire questa assoluta mancanza di trasparenza e una governance debole gli impedisce di farlo. D'altra parte, quando si tratta di banche del settore pubblico, la responsabilità democratica dei politici li può scoraggiare dal tentare le attività speculative. In queste banche, i top manager hanno maggiori probabilità di essere costretti a focalizzarsi sul lavoro più corrivo del finanziamento delle vere imprese e della crescita economica.

I BRIC come potenza globale

Il focalizzarsi sul finanziamento delle vere imprese e della crescita economica sembra essere il segreto dei paesi BRIC, che stanno guidando il mondo nello sviluppo economico odierno. Ma il fenomeno BRIC è più di una semplice tendenza di crescita identificata da un economista. Ora è un'organizzazione internazionale, un'alleanza di paesi che rappresenta gli interessi comuni e gli obiettivi dei suoi membri. La prima riunione dei BRIC, che si è tenuta nel 2008, fu considerata un trionfo della politica dell'ex presidente russo Vladimir Putin per promuovere gli accordi multilaterali che avrebbero sfidato la concezione statunitense di un mondo unipolare.

I paesi BRIC hanno avuto il loro primo vertice ufficiale e sono diventati un'organizzazione formale a Ekaterinburg, in Russia, nel 2009. Si sono riuniti in Brasile nel 2010 e in Cina nel 2011, e si incontreranno in India nel 2012. Nel 2010, su invito cinese, si è unito al gruppo anche il Sud Africa, facendolo diventare “BRICS” e aggiungendo una presenza strategica nel continente africano.

I BRICS chiedono di avere più riscontro alle Nazioni Unite, nel FMI e nella Banca Mondiale. Stanno anche discutendo di una propria banca multiculturale per finanziare progetti all'interno delle proprie nazioni, in diretta concorrenza con il FMI. Si oppongono al dollaro come moneta di riserva mondiale. Dopo il vertice di Ekaterinburg, hanno auspicato una nuova moneta di riserva globale, diversificata, stabile e prevedibile, e hanno il potere per farlo. Secondo Liam Halligan, che ha scritto su The Telegraph:

I BRIC rappresentano […] circa tre quarti delle riserve valutarie totali. Hanno pochi problemi fiscali e tutti sono creditori esteri netti.

Gli interessi finanziari occidentali hanno a lungo lottato per mantenere il dollaro come moneta di riserva globale, ma stanno perdendo la battaglia, malgrado la coercizione economica e militare. Russia, Cina e India ora sono potenze nucleari. Si dovrà negoziare con i BRICS e il primo passo per formare una relazione sarà quello di capire come funzionano le loro economie. Invece di dichiarare guerra alle loro politiche di successo, potremmo decidere di assimilarle nei nostri sistemi.

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Fonte: Public Sector Banks: From Black Sheep to Global Leaders

08.03.2012

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE