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Uomo selvaggio, ma quanto mi assomigli

di Duccio Canestrini - 21/03/2012

Corna di renna, abiti di muschio e buone maniere sospese per un giorno. Un rituale utilizzato da diverse comunità in Europa, che festeggiano la nuova stagione (ri)entrando nella pelle di un antenato mostruoso. Che sopravvive dentro di noi


ATTUALITÀ Uomo selvaggio, ma quanto mi assomigli

foto di Charles Fréger

QUANTO BISOGNO DI RECUPERARE LA NOSTRA ANIMALITÀ. Quanto bisogno di ascoltare l'istinto avvilito dalle buone maniere, di liberarci dai giudizi morali sulla bassezza della condizione animale. Quale "bassezza", poi? L'uomo-orso che ricorre nell'immaginario di mezzo mondo non è affatto un essere subumano. Al contrario, è un superuomo carico di energia vitale, è lo "zio dei boschi" del folklore russo. Malvagio non è l'animale, è l'uomo, che quando usa espressioni come "trattamento bestiale" o "disumano" non si rende conto di quanto la crudeltà gratuita sia invece tipicamente nostra. Freaks coperti di pelo, corna, lana, fiori, fronde, muschio.

L'antenato di tutte queste maschere è l'affresco del Paleolitico scoperto nel Sud della Francia dentro la grotta di Les Trois Frères: un essere misterioso con volto d'uccello, orecchie e corna di renna, corpo e coda di cavallo, zampe anteriori d'orso, piedi umani e il membro virile bene in vista. Forse un mago, forse un eroe. Forse quel Dio Cornuto cui l'antropologa britannica Margaret Murray ha dedicato le sue ricerche sin dagli anni Venti del secolo scorso. Quel Signore degli animali universalmente venerato, prima d'essere assimilato a Satana per combattere il paganesimo. Cioè prima di essere demonizzato. È precisamente così che Pan diventa il diavolo.

Da Pan all'Om selvàdec, il wild man, il passo è breve. Il suo profilo rimane quello di un contestatore dell'ordine costituito, un minotauro trasgressivo, senza alcuna urbanità. Incapace di controllare le passioni (Freud parlerebbe di libido), fuori controllo, nomade, felice nella sorte avversa, come per esempio quando piove. La selvaticità diventa allora un bene rifugio, una valvola di sfogo alla pressione cui siamo tutti sottoposti nella vita di società. L'apparizione di questi splendidi mostri ricorda che ogni uomo dovrebbe seguire il percorso naturale per ritrovare la propria spontaneità. Come cantava Lou Reed nel 1972, Take a Walk on the Wild Side.


Le foto di questo servizio sono tratte dal volume Wilder Mann (a destra la copertina) di Charles Fréger, che Peliti Associati sta per pubblicare in Italia. Con una ricerca di taglio antropologico sulla rappresentazione del selvaggio in Europa, Fréger prosegue la serie Portraits photographiques et uniformes, iniziata nel 1999 e focalizzata sullemaschere, le divise, i costumi indossati da varie comunità (studenti, militari, tutori del folklore locale) come "forme identitarie". Inconfondibili uniformi, precisi segni di appartenenza.