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Nucleare Iran, avanti piano

di Michele Paris - 16/04/2012

Gli attesi colloqui sul nucleare iraniano, andati in scena nel fine settimana a Istanbul, sembrano aver fatto segnare qualche limitato passo avanti, con Teheran e i rappresentanti del gruppo dei P5+1 accordatisi per un nuovo vertice da qui a un mese. Quest’ultimo, da tenersi a Baghdad il 23 maggio prossimo, rappresenta praticamente l’unico risultato dell’incontro appena concluso, anche se per molti appare già un successo alla luce delle tensioni che avevano caratterizzato la vigilia.

Ad annunciare il modesto risultato è stata la responsabile della politica estera dell’Unione Europea, Catherine Ashton, secondo la quale “la discussione è stata utile e costruttiva” e ora sarà necessario “procedere ad un più sostenuto processo di dialogo”. Profonde divisioni rimangono comunque non solo tra l’Iran e i P5+1 ma anche tra Russia e Cina da una parte e Stati Uniti e i loro alleati europei dall’altra (Francia, Gran Bretagna e Germania). Il capo dei negoziatori iraniani, Saeed Jalili, in ogni caso, ha anch’egli ammesso i progressi, aggiungendo che nel prossimo summit dovranno essere decise misure per costruire maggiore fiducia tra le parti.

I colloqui erano stati anticipati dalle consuete minacce di attacchi militari e nuove sanzioni, nonché dall’imposizione di condizioni inaccettabili, soprattutto dagli USA e da Israele. Alla luce della situazione, dunque, l’impegno a mantenere aperto un canale di comunicazione appariva come l’unico obiettivo raggiungibile.

Da Istanbul, così, non è uscita alcuna proposta o soluzione concreta. La stessa Ashton ha tuttavia riconosciuto la disponibilità al dialogo da parte dei rappresentanti della Repubblica Islamica e ha ribadito lo sforzo per giungere ad un accordo che garantisca il diritto di Teheran a sviluppare un proprio programma nucleare a scopi civili. Proposte più specifiche per tentare di risolvere l’annosa questione del nucleare iraniano dovrebbero verosimilmente essere presentate a Baghdad a maggio, mentre nel frattempo sarà interessante verificare l’atteggiamento di Washington e Tel Aviv.

Già a Istanbul, infatti, la posizione americana è apparsa in parte differente da quella ufficiale espressa dalla Ashton. Un anonimo diplomatico statunitense citato dal New York Times, ad esempio, ha affermato che la disponibilità al dialogo di Teheran non è sufficiente e rimane perciò valido l’ultimatum lanciato nelle scorse settimane dal presidente Obama, secondo il quale “la finestra della diplomazia si sta chiudendo” e il nuovo round di negoziati sarebbe l’ultima occasione per evitare nuove e più pesanti sanzioni o un attacco militare.

Il summit di Istanbul era iniziato con una cena informale venerdì sera, mentre i colloqui ufficiali sono iniziati sabato e sono stati caratterizzati da un’atmosfera più distesa rispetto all’ultimo incontro del gennaio 2011 che si chiuse con un nulla di fatto. Da parte iraniana, nei giorni scorsi erano giunti segnali di una qualche apertura.

Lunedì, il capo del nucleare iraniano, Fereydoun Abbasi, aveva lasciato intendere una qualche flessibilità sulla richiesta occidentale di fermare l’arricchimento di uranio al 20%. Jalili, a sua volta, aveva invece annunciato “nuove iniziative” per risolvere la crisi.

Nonostante le questioni concrete siano rimaste fuori dalle dichiarazioni ufficiali, domenica la stampa internazionale ha riportato svariate indiscrezioni. Secondo alcuni media, durante una sessione con la Ashton, Saeed Jalili avrebbe chiesto senza successo la sospensione di tutte le sanzioni applicate al suo paese alla luce della collaborazione mostrata con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA).

Ancora, per il quotidiano israeliano Haaretz, gli iraniani avrebbero chiesto agli USA e ai governi europei l’impegno a non attaccare militarmente le installazioni nucleari sul proprio territorio mentre sono in corso i colloqui. L’agenzia di stampa ufficiale iraniana ISNA aveva poi scritto di una richiesta di un incontro bilaterale fatta dagli americani a Jalili e che quest’ultimo si era mostrato disponibile. Più tardi, l’agenzia di stampa Fars ha invece riportato il rifiuto del numero uno del team di Teheran a Istanbul.

Lo stesso Haaretz ha citato infine proprie fonti secondo le quali una possibile bozza di accordo da discutere a Baghdad potrebbe includere l’OK da parte dei P5+1 all’arricchimento dell’uranio ad un livello del 3,5%, invece che al 20%, in cambio del mantenimento in attività dell’installazione sotterranea di Fordo, presso la città sacra di Qom, e del continuo monitoraggio delle operazioni nucleari, cosa che Teheran ha peraltro sempre accettato.

Lo stop all’arricchimento dell’uranio al 20% e lo smantellamento di Fordo, per obbligare Teheran a trasferire gli equipaggiamenti nucleari in un sito più facilmente esposto a eventuali bombardamenti, erano due delle principali richieste fatte da USA e Israele prima del summit di Istanbul. Tra le altre, vi erano la possibilità di ispezionare qualsiasi sito da parte dell’AIEA e di intervistare tutti gli scienziati nucleari iraniani, esclusi ovviamente quelli assassinati negli ultimi anni dalle operazioni clandestine del Mossad.

Le prospettive di un accordo sul medio e lungo periodo rimangono comunque tutt’altro che rosee, soprattutto perché Stati Uniti, Israele ed altri governi europei utilizzano la questione del nucleare per giungere ad un cambiamento di regime in Iran.

Come ha scritto il giornalista investigativo americano Gareth Porter su IPS News qualche giorno fa, inoltre, gli Stati Uniti sembrano interessati non tanto ad un accordo comprensivo quanto a tenere aperto un canale di dialogo con Teheran fino a dopo l’eventuale rielezione di Barack Obama, così da tenere a bada Israele ed evitare una nuova guerra in Medio Oriente e le inevitabili ripercussioni sulla campagna elettorale per la Casa Bianca.