Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Gli Attentati di Damasco e l'Aggravarsi della Crisi Siriana

Gli Attentati di Damasco e l'Aggravarsi della Crisi Siriana

di Lorenzo Adorni - 22/05/2012

Fonte: nuovimondi


Il Generale Robert Mood, dopo essere stato coinvolto direttamente in un attacco a Dar'a, giunge sul luogo dell'attentato circondato da alcuni siriani. Nonostante questi siano vestiti in abiti civili, l' AK-47 in mano rende evidente la loro appartenenza all'esercito siriano. Camminando fianco a fianco al comandante militare delle Nazioni Unite, ben sapendo di essere ripresi dalle televisioni di tutto il mondo, il gruppuscolo di uomini si prodiga in un' opera di idolatria a sostegno del Presidente Assad. Accusando, al tempo stesso, i ribelli delle stragi appena compiute. Sullo sfondo la devastazione.

Damasco è appena stata colpita da un attentato condotto con l'utilizzo di due autoveicoli bomba. Le decine di morti, ancora a terra, sono quasi esclusivamente civili: uomini, donne e bambini. Le videoriprese dell'attentato mostreranno, poi, due piccoli furgoncini, due "minivan", esplodere in due luoghi differenti.

I danni provocati, da entrambi gli automezzi, testimoniano due devastanti deflagrazioni. Il primo, dei due, si è recato al centro di una via trafficata, si è avvicinato a delle persone presenti a bordo strada, ed è esploso. Causando, oltre a decine di morti, un cratere profondo quasi tre metri ed ingenti danni agli edifici circostanti. Questi dettagli, per quanto possona sembrare secondari rispetto alla tragicità dell'evento, sono in realtà utili per determinare l'entità dell'attentato e le capacità operative di chi lo ha portato a compimento. I "minivan" sono stati scelti in quanto offrono una maggiore capacità di carico, rispetto ad una singola autovettura. Possono trasportare un peso maggiore sull'asse delle ruote posteriori, garantendo comunque una buona manovrabilità. Sono stati utilizzati, imbottiti di esplosivo, in numerosi attentati, sia in Libano negli anni della guerra civile, sia in Iraq durante la recente invasione statunitense. Osservando le immagini emergono anche ulteriori elementi.

Il "colore" della deflagrazione e come questa si sia propagata nello spazio, sembrerebbe indicare che per causarla siano state utilizzate, unitamente ad una certa quantità di esplosivo, generalmente ANFO, delle bombole del gas o dei razzi RPG. Questi ultimi due componenti, generalmente, vengono collegati in parallelo ad un sistema che consente di realizzare una detonazione pressoché simultanea. Questo metodo è stato utilizzato frequentemente negli attentati iracheni, in quanto consente la realizzazione di ordigni devastanti, con materiale di relativa facile reperibilità. Come possiamo vedere dalle videoriprese, le colonne di fumo che si alzano nel cielo, non sono simultanee, si sono create a breve distanza l'una dall'altra.

Infatti, la seconda auto bomba è esplosa a una certa distanza dalla prima, ad un posto di blocco. Alcuni militari siriani, avendo percepito quanto stesse accadendo, hanno proceduto al fermo di un secondo "minivan", ad un centinaio di metri dal luogo della prima esplosione. Non appena si sono accorti di aver bloccato un attentatore, si sono dati alla fuga in ogni direzione, esattamente pochi secondi prima che l'autoveicolo esplodesse nel mezzo della strada.

E' superficiale far notare come un' attentato, con queste caratteristiche, possa venir organizzato solo con il supporto di un'organizzazione terroristica di primo livello, o di chi ha avuto un particolare addestramento militare. Nonostante questo aspetto, oggi non possiamo accusare l'una o l'altra parte dell'attentato. Ne, tanto meno, come alcuni vorrebbero far credere, una "terza" parte.

Anche se tutti gli aspetti, dal modus operandi alla stessa attività di videoripresa degli attacchi, lascerebbero intendere che l'attentato sia stato realizzato da gruppi terroristici simili a quelli che hanno combattuto nel vicino Iraq, non esistono, ad oggi, elementi per confermare questa teoria. Inoltre, come sappiamo, anche le organizzazioni terroristiche possono agire in base a "stimoli" che giungono dalle organizzazioni di intelligence.

Tuttavia è evidente che chi ha compiuto la strage è andato deliberatamente alla ricerca di vittime civili. Come occorso anche nei precedenti attentati, nei mesi scorsi. Questo tentativo di colpire i civili, indiscriminatamente, è funzionale agli scopi dei terroristi. Il loro obbiettivo è diffondere incertezza e causare frustrazione fra la popolazione, sfruttando le conseguenti divisioni sociali, che si vengono a manifestare, in modo funzionale ai propri interessi. Colpire un palazzo del regime avrebbe significato identificare, automaticamente, l'azione terroristica come condotta dai ribelli. La conseguenza sarebbe stata un allontanamento, dai movimenti contrari al regime, della maggioranza sunnita. Componente generalmente moderata e già estremamente diffidente nei confronti dei ribelli. Differentemente colpendo indiscriminatamente una massa di civili, si è evitata la creazione di una chiave di lettura univoca della situazione. Le distinzioni fra le parti in lotta, e le loro azioni, non sono chiare. Come si può accusare i terroristi dell'attentato, si possono accusare i ribelli, si può accusare l' intelligence siriana, o un intelligence straniera.

Esattamente quanto ha fatto Hezbollah, tramite il suo leader Hassan Nasrallah che nelle scorse ore, davanti a centinaia di persone, ha accusato apertamente Israele di fomentare il terrorismo nella vicina Siria. Sembrerebbe che l' organizzazione libanese, sin' ora rimasta in disparte, a causa di relazioni non sempre ottimali con il regime siriano, abbia deciso di rompere gli indugi e prendere parte attiva nello scontro. Di fronte ad un attentato di questo genere, è doveroso ricordasi come nella Siria odierna agiscano molte "forze", dall'intelligence siriana, ai combattenti sopraggiunti dal vicino Iraq, così come dal Libano. Ai quali si deve aggiunge un ampia galassia di fondamentalisti. Senza contare le agenzie e gli uomini, mercenari compresi, giunti da occidente.

Proprio per questo motivo, il Generale Mood ha rivolto un accurato appello a tutte le forze sia interne che esterne affinché agiscano per una stabilizzazione e risoluzione della situazione. Mood ha sicuramente compreso che, con questo attentato, lo scontro è stato innalzato a livelli insostenibili. Quasi come se si volesse dare, forzatamente, un punto di svolta, definitivo, alla crisi siriana. Nel peggiore dei modi possibili.

Recentemente Assad ha ordinato il dispiegamento della Guardia Repubblicana nelle vicinanze di Damasco, mentre nella vicina Giordania sono presenti migliaia di truppe NATO e USA, con lo scopo di realizzare esercitazioni militari, fra le più estese mai svolte in Medio Oriente. Ciò non ci deve trarre in inganno, in Siria non ci sarà nessun intervento militare di terra. Si tornerà al tavolo delle trattative.

Le azioni diplomatiche europee, svolte al fine di contrastare il regime siriano e risolvere la crisi, non sono nemmeno degne di nota. Probabilmente si andrà verso nuove iniziative delle Nazioni Unite. Ma, se così fosse, è altamente probabile che la diplomazia internazionale cerchi di trovare un accordo multilaterale per risolvere la crisi.

L' approccio multilaterale, come spesso occorso in passato, anche per una serie di particolarismi, non troverà un' effettiva e incisiva realizzazione. Fallirà. Nel processo di risoluzione della crisi, si avrà un cambiamento decisivo, solo quanto la situazione diventerà vergognosa, al punto tale che le opinioni pubbliche occidentali riterranno i propri stessi governanti responsabili, per non essere stati capaci di negoziare una soluzione. Sempre che ciò avvenga, nel mezzo di questa crisi economica.

Il rischio concreto è che la Siria scivoli in uno scenario di scontri simile al Libano della guerra civile. Senza escludere che, a seguito di un possibile aggravamento della crisi siriana, già oggi non più meramente interna, questa si estenda anche al Libano stesso, costantemente indebolito dalla instabilità politica interna.