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La guerra dell’informazione nell’ interpretazione di Jacques Baud

di Giuseppe Gagliano - 30/05/2012



La guerra dell’informazione nell’ interpretazione di Jacques Baud

Constatare che la società occidentale dipenda dall’informazione è certamente un truismo logico. La conoscenza degli avvenimenti ma anche la capacità di apportare rapidamente delle risposte pertinenti sono diventate parte integrante della società attuale. Ebbene, in materia di guerra dell’informazione, si è messo eccessivamente l’accento sulla dipendenza crescente dell’Occidente nei confronti della tecnologia dell’informazione; tuttavia le vere minacce non sono solo nel settore tecnologico ma sulla dimensione dell’influenza dell’informazione. Pensiamo al fatto che il terrorismo può essere visto anche come una maniera di comunicare. Ad ogni modo, a differenza delle armi tradizionali, quelle della guerra dell’informazione sono utilizzabili in tutti i tempi sia per servire interessi economici sia per neutralizzare la concorrenza internazionale. Inoltre, la loro messa in opera risulta estremamente agevole e queste armi possono esser utilizzate o da organizzazioni o da individui. La dimensione della guerra dell’informazione comprende tre aspetti:

  1. 1. La guerra informatica o guerra numerica relativa alla distruzione delle infrastrutture informatiche e che mira a paralizzare gli schemi difensivi dell’avversario;
  2. 2. La guerra del sapere che ha come obiettivo l’acquisizione, la circolazione e l’integrazione delle informazioni necessarie a mantenere una conoscenza superiore rispetto all’avversario per potersene poi avvantaggiare in ambito operativo;
  3. 3. La guerra d’influenza che è volta a manipolare le opinioni religiose e politiche al fine di agevolare l’azione contro la parte avversaria.

 
Anche se questi tre aspetti sono autonomi sono tuttavia strettamente interdipendenti. Non bisogna dimenticare che nella lotta al terrorismo, l’Occidente ha concentrato con eccessiva frequenza la sua attenzione solo sulla dimensione informatica; al contrario, la reale vulnerabilità delle società democratiche si situa nel contesto dell’influenza che costituisce, ribadiamo, il campo d’azione del terrorismo. Ebbene, l’intelligence deve intervenire all’interno della guerra dell’informazione – come d’altra parte all’interno delle altre forma di conflitto – come elemento per prendere decisioni e non come arma. Non c’è dubbio, a tale proposito, che l’intelligence avendo come suo obiettivo la conoscenza dell’avversario, può servirsene a livello di guerra informativa per conoscere i punti deboli e per attuare una campagna di influenza.

Volgiamo ora la nostra attenzione alla guerra del sapere che comprende tutti i metodi e i processi per acquisire, esplorare e diffondere le informazioni necessarie in ambito operativo. L’acquisizione dell’informazione in tutte le sue forme, anche quella informatica, fa parte delle guerre e implica non soltanto di poter avere notizie maggiori rispetto all’avversario ma anche di avere accesso più rapidamente alle fonti informative al fine di poter agire in modo più efficace. Di conseguenza la guerra del sapere comprende misure di camuffamento e di protezione dell’informazione – le cosiddette misure passive – ma comprende anche gli strumenti destinati a ingannare l’avversario sulle nostre intenzioni operative reali (le cosiddette misure attive). Inoltre, la guerra del sapere è un elemento che si trova anche all’interno dei meccanismi della gestione industriale poiché essa integra la nozione di intelligence economica ma anche i meccanismi di gestione della conoscenza, i processi di diffusione del sapere con i meccanismi di protezione.

Per quanto riguarda la guerra di influenza, essa non rappresenta solamente una minaccia assai concreta ma sta alla base di numerosi conflitti asimmetrici. Infatti questa riguarda, in primo luogo, l’uso dei media e l’utilizzazione dei messaggi destinati a influenzare o manipolare l’opinione pubblica (o comunque le decisioni politiche). La società democratica basata sulla circolazione fluida dell’informazione non accetta – almeno apertamente – una pratica attiva di influenza; nonostante ciò le nostre società democratiche sono molto vulnerabili alla manipolazione informativa. Naturalmente questa manipolazione non viene fatta solo dagli Stati ma anche da gruppi di pressione privati e può rivestire un ruolo considerevole nell’influenzare l’opinione pubblica. In secondo luogo, le azioni di influenza devono necessariamente mirare al conseguimento di obiettivi strategici, devono essere conosciute congiuntamente sia nell’ambito civile che in quello militare, devono essere controllate per conseguire obiettivi psicologici specifici, essere fondate su una stretta collaborazione tra organismi di intelligence civili e militari; quanto alle azioni di influenza, queste rispondono ad una finalità fondamentale e cioè a quella di restaurare o mantenere la fiducia della popolazione civile all’interno dell’autorità o indebolire la volontà combattiva delle forze avversarie. Allo scopo di conseguire in modo efficace questi obiettivi, le azioni d’influenza devono essere condotte come se fossero operazioni militari e quindi sulla base di informative obiettive non faziose. Naturalmente questi obiettivi possono essere condotti attraverso operazioni discrete che comprendano la propaganda e la disinformazione. D’altra parte, valorizzare la propria potenza – denigrando o compromettendo quella dell’avversario attraverso la disinformazione, ha sempre fatto parte dell’arte della guerra. In una società aperta e democratica la manipolazione dell’opinione pubblica resta certamente possibile ma si deve attuare attraverso nuove forme. Nel contesto della lotta al terrorismo, l’informazione rimane un elemento determinante e nella guerra dell’informazione deve articolarsi secondo questi tre obiettivi:

  1. a)vi deve essere una matrice informativa a monte della presa di decisione operativa che suppone una capacità di generare la conoscenza del campo di battaglia e di integrarla insieme alle informazioni necessarie per gestire e condurre una guerra (concerne sostanzialmente la capacità di anticipare il nemico);
  2. b)la matrice di informazione che si trova a valle della decisione che è volta ad acquisire e mantenere i mezzi tecnici e i processi di comando e di condotta che permettono di seguire una determinata missione;
  3. c)la matrice della comunicazione tra lo Stato e l’opinione pubblica relativa alla gestione e alla percezione del conflitto.

NOTE:
Giuseppe Gagliano è presidente di Cedustec (Centro Studi Strategici Carlo de Cristoforis).