Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La rivolta araba contro il filmaccio del sionista Sam Bacile

La rivolta araba contro il filmaccio del sionista Sam Bacile

di Claudio Moffa - 17/09/2012

Fonte: claudiomoffa




La protesta in corso nei paesi arabi e nel mondo islamico contro gli Stati Uniti, è la reazione scontata al criminale film di Samuel Bacile, un signore che non esita a dichiararsi, pur avendo cittadinanza o residenza negli Stati Uniti, ebreo israeliano. Un ebreo israeliano che insulta il profeta Maometto, e con lui – non solo implicitamente – Gesù Cristo. Il problema è distinguere nella sacrosanta protesta e capire cosa sta succedendo o rischia di succedere.
Primo punto, l'attentato all'ambasciata americana è stato rivendicato da Al Qaida: ma Al Qaida ha ben poco di veramente pro-islamico. Dalle sue origini al soldo della Cia e del Mossad durante la guerra civile afghana alla fine degli anni 80 e fino ad oggi (passando per l'11 settembre, un attentato che come tutti sanno, e come dichiarò l'ex presidente della Repubblica italiana Francesco Cossiga è stato compiuto da manovalanza araba ma gestito e diretto dalla Cia e dal Mossad) Al Qaida si è mossa sempre contro i veri movimenti di liberazione arabi o islamici, e contro gli Stati sovrani minacciati dagli Stati Uniti e da Israele, agendo, esattamente nella stessa direzione del sionismo, lungo la linea della mera destabilizzazione e del mero caos. Hamas e Hezbollah, la Repubblica islamica dell'Iran, il legittimo governo del Sudan, la stessa Jamahirya libica di Gheddafi e lo stesso Iraq di Saddam Hussein sono stati obbiettivi, invece che alleati, di Al Qaeda, al di là delle loro forti differenze e dei loro conflitti. Al Qaeda non ha mai compiuto un solo attentato contro Israele. Ha colpito invece sempre i “crociati” (i cristiani) e i musulmani.
Secondo, anche risultasse che l'attacco alla sede diplomatica di Bengasi non è stato compiuto da Al Qaeda, i suoi effetti sono chiari: Obama ha mosso le sue navi verso Tripoli minacciando la certa punizione dei responsabili della morte del suo rappresentante diplomatico in Libia. Ma chi sono i responsabili della strage di Bengasi? Alcuni hanno nome e cognome: Samuel Bacile e tutti gli attorucoli del filmaccio blasfemo e seminazizzania. La presa di distanza da “L'innocenza dei musulmani” di Hillary Clinton – solitamente attestata su posizioni più proisraeliane di Obama – è interessante, ma per essere veramente positiva dovrebbe sfociare in un atto e in una misura giudiziaria contro i criminali che hanno scatenato dalla California hollywoodiana l'attuale crisi internazionale.
Invece, terzo punto, Obama sa solo muovere le sue navi da guerra verso un nemico introvabile, come sempre Al Qaeda è stato, e dunque nei fatti contro tutto il mondo arabo e islamico. Ecco dunque il rischio che si profila e il significato vero, di fatto, della strage di Bengasi. Per l'oltranzismo sionista sempre forte negli Stati Uniti dello strapotere lobbistico, si tratta di invertire la tendenza degli ultimi mesi e addirittura degli ultimi giorni, rialimentando la linea della guerra per la guerra, fallita in Siria grazie alle resistenze passive e pur deboli dello stesso Obama e grazie soprattutto alla fermezza di Teheran, Mosca, Pechino e dei loro alleati.
Come ricordava un importante dirigente iraniano agli inizi di settembre al vertice islamico di Homs, “Israele ha perso la partita nel Nord Africa” rispetto alle aspettative delle cosiddette primavere arabe: in Libia il dopo Gheddafi non si è tradotto in un allineamento del nuovo potere (peraltro precario, e da stabilizzarsi forse, proprio nei prossimi giorni, sotto l'effetto mediatico e politico dell'attentato di Bengasi, con l'elezione del nuovo presidente) all'Occidente oltranzista e sionista (Sarkozy e Cameron) che aveva scatenato la guerra del 19 marzo 2011; in Egitto l'elezione di Morsi va nella stessa direzione, visto che il presidente egiziano si è schierato sì contro Assad, ma anche contro un quale sia intervento militare internazionale anti-Damasco.
Lo straordinario successo del vertice di Teheran del NAM – il rilancio storico dei Non allineati, che li ripropone come protoganisti mondiali, come negli anni Sessanta e Settanta, dell'arena politico-diplomatica internazionale – il no netto di Cina e Russia a interventi esterni in Siria, la crisi plateale della spaccatura “tra sunniti e sciiti” - vedi la ritrovata unità tra Hamas e Iran, certificata dagli accordi di cooperazione tra il Ministro della Cultura palestinese e il ministro dell'Istruzione iraniano pochi giorni fa a Teheran – tutto questo è visto come il fumo agli occhi dal fronte bellicista israeliano e occidentale.
Quarto punto, è questo fronte bellicista il vero nemico dei popoli europei e dei popoli arabi e islamici. La protesta contro gli Stati Uniti è comprensibile e sacrosanta, ma forse – proprio per non cadere nei tentacoli della piovra sionista – dovrebbe essere almeno accompagnata da quella contro Israele e contro il suo “uomo” negli USA, Samuel Bacile. Una situazione da una parte chiara quanto ai rischi, dall'altra ambigua e complessa che ricorda l'altra vicenda sacrilega per l'Islam e lo stesso cristianesimo – il cui “figlio di Dio”, come ha ricordato Ahamdinejad agli ospiti europei a Teheran, è il messia che aspettano anche i Musulmani (!! altro che minaccia iraniana!!) – quella delle vignette contro Maometto pubblicate nel 2005 da un quotidiano danese. Il suo direttore si rivelò essere un grande amico di Wolfowitzs e dei neocons ebrei che avevano già trascinato in guerra Bush junior, e che continuavano a perorare lo “scontro di civiltà” e la “guerra infinita” contro l'Islam. Bloccare questo mostro, che si riaffaccia per l'ennesima volta sugli scenari euromediterranei e internazionali, sarebbe obbligatorio per tutti: ma è evidente che la presa di coscienza di questo pericolo è ben più facile nel mondo arabo e islamico, che in un Occidente in cui la Politica e la sua vera autonomia, sono sotto la minaccia e il controllo costante della grande finanza e dei mass media proisraeliani.